Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8090 del 04/02/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 8090 Anno 2016
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da D’Alcamo Damiano nato ad Alcamo il 10/4/1963
avverso la sentenza del 20/6/2014 della Corte d’appello di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Roberto Maria Carrelli Palombi di
Montrone;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
dott. Aurelio Galasso, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio
della sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della pena ed
il rigetto nel resto del ricorso;
udito, per la costituita parte civile costituita Associazione Antiracket ed
Antiusura Alcamese, l’avv. Valerio Tallini, in sostituzione dell’avv. Davide
Bambina, che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato
inammissibile o rigettato depositando conclusioni e nota spese;
udito l’avv. Rocco Cassara’ per l’imputato che si e’ riportato ai motivi di
ricorso chiedendone l’accoglimento.

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 20/6/2014, la Corte di appello di Palermo, in

1

Data Udienza: 04/02/2016

parziale riforma della sentenza del 21/1/2011 emessa dal Giudice
dell’udienza preliminare del Tribunale di Trapani, appellata dall’imputato e
dalla parte civile, esclusa la contestata aggravante, aumentava la somma
liquidata quale risarcimento del danno subito da Raneri Giuseppe ad C
10.000,00, confermando nel resto la decisione dì primo grado con la quale
D’Alcamo Damiano era stato condannato alla pena di anni due di reclusione
ed C 400,00, previa concessione dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 cod.

ascritto di cui agli artt.- 110, 629 comma 2 in relazione all’art. 628 comma 3
n. 1 cod. pen.
1.1. La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello, in
punto di inutilizzabilità delle intercettazioni ambientali, di riconosciuta
responsabilità dell’imputato per il reato allo stesso ascritto, accogliendole nei
termini sopra indicati in punto di trattamento sanzionatorio.

2.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato, per mezzo del suo

difensore di fiducia, sollevando i seguenti motivi di gravame:
2.1. mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, ai
sensi dell’art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen., in relazione
all’attribuzione delle telefonate estorsive al D’Alcamo, alla valutazione delle
dichiarazioni del coimputato Stabile, che aveva escluso qualsiasi
corresponsabilità dell’Alcamo, alla rilevanza probatoria riconosciuta alla
felpa rossa rinvenuta nell’abitazione dell’imputato, alla circostanza relativa
al rinvenimento della busta contenente il denaro a distanza di diverse ore
dal fatto.
2.2. violazione di legge, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc.
pen. in relazione all’art. 561 commi 1 e 3 cod. proc. pen. in materia di rito
abbreviato ed agli artt. 572, 573 e 591 cod. proc. pen. in ordine alla non
dichiarata inammissibilità dell’impugnazione della parte civile Ranerì
Giuseppe, al quale è stato aumentato il risarcimento del danno. Ci si duole
della mancata dichiarazione di inammissibilità dell’appello della parte civile
Raneri, nonostante che l’impugnazione fosse fondata su una consulenza
medico legale che non poteva essere utilizzata nel giudizio abbreviato
nonché del disposto aumento del risarcimento sia pure in presenza di una
doglianza della parte civile che atteneva esclusivamente al mancato
riconoscimento del danno biologico.
2.3. Violazione di legge, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. c) cod. proc.

2

pen. ritenuta equivalente alla contestata aggravante, per il reato a lui

pen., in relazione all’art. 597 comma 3 cod. proc. pen. risultando violato il
principio del divieto della reformatio in peius. Evidenzia, al riguardo, che la
Corte d’Appello, pur avendo escluso l’aggravante di cui all’art. 628 comma
3 cod. pen., non ha ridotto la pena ed ha incrementato la somma liquidata
alla parte civile.
2.4. vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606 comma 1 letto. e) cod. proc.
pen., in relazione agli artt. 62 bis e 133 cod. pen. con riguardo alla

2.5. violazione di legge, ai sensi dell’art. 606 comma 1 letto. b) cod. proc.
pen., per la non dichiarata inammissibilità dell’impugnazione della parte
civile Associazione Antiracket ed usura di Alcamo.
2.6. Si richiede la sospensione dell’esecutività degli effetti civili della
sentenza ai sensi dell’art. 612 cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso deve essere rigettato per essere infondati tutti i motivi proposti.
3.1. Quanto al primo motivo, trattasi di valutazioni di merito che sono
insindacabili nel giudizio di legittimità, quando il metodo di valutazione delle
prove sia conforme ai principi giurisprudenziali e l’argomentare scevro da
vizi logici, come nel caso di specie. (Sez. U., n. 24 del 24/11/1999, Spina,
Rv. 214794; Sez. U., n. 12 del 31.5.2000, Rv. 216260; Sez. U. n. 47289 del
24.9.2003, Rv. 226074 ). Inoltre la doglianza riproduce pedissequamente
gli argomenti prospettati nel gravame, ai quali la Corte d’appello, attraverso
una lettura critica delle risultanze dell’istruttoria dibattimentale per come
interpretate dal giudice di prime cure, ha dato adeguate e argomentate
risposte, esaustive in fatto e corrette in diritto, che il ricorrente non
considera e si limita a censurare genericamente. Invero la Corte territoriale
ha evidenziato come il ricorrente si trovasse insieme con il coimputato
quella mattina prima dell’incontro dello Stabile con la persona offesa ed
escludendo, sulla base di circostanze di fatto neppure contestate dal
ricorrente, escludendo che l’incontro fra i due potesse essere realmente
avvenuto in modo casuale. La Corte territoriale ha, quindi, dato atto con
motivazione, priva di contraddittorietà o illogicità manifeste, che la presenza
in quel luogo dei due coimputati rispondeva ad una volontà preordinata di
entrambi, volta, appunto, alla commissione del reato in danno del Raneri.
Neppure con riguardo alle telefonate, la sentenza impugnata presenta profili

3

mancata concessione delle attenuanti generiche.

di illogicità, in quanto i giudici di appello si limitano a rilevare come le
stesse non possano essere attribuite al coimputato Stabile, valorizzando
tale dato oggettivo come ulteriore elemento a carico dell’attuale ricorrente,
stante l’accertata assenza di ulteriori soggetti coinvolti nella vicenda. Anche
con riguardo alla felpa rossa la doglianza è meramente reiterativa
dell’analoga questione proposta in appello, avendo la Corte territoriale
adeguatamente spiegato come il dato oggettivo meritasse di essere

3.2. Quanto alla doglianza attinente all’eccepita inammissibilità dell’appello
proposto dalla parte civile Raneri, la stessa risulta del tutto generica in
quanto il ricorrente fa menzione di atti del procedimento, omettendo di
indicare di quali atti si tratti e di trascriverne o illustrarne il contenuto, come
sarebbe stato suo onere in forza del principio di autosufficienza del ricorso
operante anche in sede penale ( sez. 1 n. 6112 del 22/1/2009, Rv. 243225;
sez. 4 n. 3360 del 16/12/2009, Rv. 246499; sez. 5 n. 11910 del 22/1/2010,
Rv. 246552). Essa è in ogni caso infondata, in quanto non ricorreva alcuna
causa di inammissibilità dell’impugnazione, a nulla rilevando la circostanza
che si sia fatto riferimento, per valutare l’ammontare dei danni, ad una
consulenza medico legale. Quanto poi al disposto aumento del risarcimento
del danno liquidato alla parte civile, la sentenza impugnata risulta motivata
in modo esaustivo, essendosi fatto riferimento ad una liquidazione del
danno in via equitativa determinata alla luce delle modalità del fatto.
3.2. Passando, quindi, alla denunciata violazione del principio del divieto di
reformatio in peius di cui all’art. 597 comma 3 cod. proc. pen., deve in via
preliminare rilevarsi che nel giudizio di appello instaurato a seguito di
impugnazione del solo imputato, viola il divieto della “reformatio in peius” il
giudice che, pur avendo escluso la sussistenza di una o più circostanze
aggravanti, lascia inalterata la pena complessiva determinata in primo
grado, a nulla rilevando il fatto che, in quella sede, non era stato
quantificato l’aumento di pena stabilito per le predette circostanze (sez. 6 n.
23356 del 4/3/2014, Rv. 259953). Difatti il giudice dell’impugnazione,
qualora accolga l’appello dell’imputato relativamente a circostanze o a reati
concorrenti, anche se unificati dalla continuazione, ha l’obbligo di diminuire
corrispondentemente la pena complessivamente irrogata (sez. 6 n. 16239
del 27/2/2013, Rv. 256250). Ciò detto rileva il Collegio che il ricorrente non

4

valorizzato nella prospettiva di conferma dell’ipotesi accusatoria.

si è confrontato con la motivazione della sentenza impugnata, laddove i
giudici di appello hanno dato atto che il giudice di primo grado ha applicato
una pena inferiore a quella minima edittale; difatti partendo dal minimo
edittale di cinque anni di reclusione ed applicando la riduzione di un terzo
per l’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 cod. pen., conseguente all’esclusione
dell’aggravante di cui all’art. 629 comma 2 cod. pen., ritenuta in primo
grado equivalente all’attenuante ed applicata la diminuente speciale per la

due, mesi due e giorni venti di reclusione, in luogo della pena di anni due di
reclusione; correttamente, quindi il giudice di appello, in mancanza di
impugnazione della parte pubblica, non aumentato la pena rispetto a quella
illegale applicata in primo grado, ma, altrettanto correttamente non
disposto la diminuzione corrispondente all’esclusione della circostanza
aggravante.
Quanto poi all’aumento della somma liquidata a titolo di risarcimento
del danno, ritiene il Collegio che il divieto di refornnatio in peis concerna
esclusivamente le disposizioni di natura penale e non si estenda alle
statuizioni civili della sentenza (sez. 5 n. 25520 del 18/5/2015, Rv.
265147).
3.4. Passando al quarto motivo di ricorso, la sentenza impugnata contiene
un’esaustiva motivazione in ordine al diniego delle circostanze attenuanti
generiche ed alla determinazione del trattamento sanzionatorio, facendosi
riferimento alla gravita del fatto con riguardo all’intensità del dolo ed alla
connessa capacità criminale dimostrata. E sul punto, conformemente
all’orientamento espresso più volte da questa Corte, deve rilevarsi che la
sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai sensi dell’art. 62-bis cod.
pen. è oggetto di un giudizio di fatto e può essere esclusa dal giudice con
motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione,
di talché la stessa motivazione, purché congrua e non contraddittoria, non
può essere sindacata in Cassazione neppure quando difetti di uno specifico
apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati
nell’interesse dell’imputato (Sez. 6 n. 42688 del 24/9/2008, Rv. 242419;
sez. 2 n. 3609 del 18/1/2011, Rv. 249163). Ed ancora, nel motivare il
diniego della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il
giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli
dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia
riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo

scelta del rito, la pena finale avrebbe dovuto essere determinata in anni

disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez.6 n. 34364 del
16/6/2010, Rv. 248244).
3.5. Quanto alla questione relativa all’eccepita inammissibilità dell’impugnazione
proposta dall’Associazione Antiracket, il ricorso è privo della specificità,
prescritta dall’art. 581, lett. c), in relazione all’art 591 lett. c) c.p.p.,; al riguardo
questa Corte ha stabilito che <> (Sez. 1 n. 5044 del 22/4/1997, Rv. 207648).
3.6. Con riferimento alla richiesta sospensione della condanna civile, il rigetto del
ricorso va venir meno le condizioni per potere delibare sulla sussistenza dei
presupposti per l’accoglimento della richiesta avanzata dal ricorrente. In ogni
caso la richiesta si rivela inammissibile, per essere carente la prova in ordine al
grave ed irreparabile danno che potrebbe derivare al ricorrente in conseguenza
dell’esecuzione della condanna civile (sez. 5 n. 48115 del 6/11/2009, Rv.
245531).
4. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali; inoltre il ricorrente deve essere condannato alla rifusione
delle spese sostenute in questo grado dalla parte civile Associazione Antiracket
ed Antiusura Alcamese, che si ritiene di potere liquidare, in via equitativa, in
euro 3.600,00 oltre spese forfettarie, CPA ed IVA.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuale
nonché alla rifusione delle spese sostenute in questo grado dalla parte civile
Associazione Antiracket ed Antiusura Alcamese, che liquida in euro 3.600,00
oltre spese forfettarie, CPA ed IVA.

Roma 4 febbraio 2015

Il Presi
arrelli Palombi di Montrone

specificità dei motivi- rende l’atto medesimo inidoneo ad introdurre il nuovo

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA