Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8082 del 05/12/2012


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 8082 Anno 2013
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: ARIOLLI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
l) ANTONELLI CARLO N. IL 11/02/1973
avverso la sentenza n. 1497/2008 CORTE APPELLO di SALERNO, del
16/01/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/12/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIOVANNI ARIOLLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Czyt-~ Sri-A`d
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

S0140«

4u)
.

FoC»4«-v

r7u4

rìsif -7‘ /dee-

Data Udienza: 05/12/2012

RITENUTO IN FATTO
1.

Con sentenza in data 16.1.2012, la Corte di appello di Salerno, in

riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Nocera Inferiore in data
21.3.2008, assolveva l’imputato dal reato di cui agli artt. 477 – 482 cod.
pen. per non aver commesso il fatto; dichiarava altresì non doversi
procedere in ordine al reato di cui all’art. 650 cod. pen. poiché estinto per
intervenuta prescrizione e, per l’effetto, scissa la continuazione,

qualificata l’originaria imputazione di cui all’art. 648-bis cod. pen., con le già
concesse circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla contestata
recidiva, in anni uno e mesi quattro di reclusione ed euro 500,00 di multa.
2.

Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il difensore

dell’imputato, il quale ne chiede l’annullamento deducendo: 1) ai sensi
dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., violazione ed erronea
applicazione di norma di legge con riferimento all’art. 648 cod. pen. in
relaz. all’art. 192 cod. proc. pen., in punto di ritenuta inverosimiglianza
della tesi difensiva dell’imputato in ordine alla provenienza del bene
provento di delitto; 2) ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc.
pen., violazione ed erronea applicazione di norme di legge con riferimento
all’art. 648 cod. pen. in relaz. agli artt. 521 e 522 cod. proc. pen. e, ai sensi
dell’art. 606, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., in punto sia di ritenuta
diversa qualificazione giuridica del fatto, in assenza della concreta
possibilità per l’imputato di difendersi riguardo a tutti gli elementi di accusa
presenti nel fatto sia di vizio di motivazione nella parte in cui la Corte
d’appello ha ritenuto omessa da parte dell’imputato qualsiasi indicazione
sulla provenienza del bene, mentre questa era stata fornita; 3) ai sensi
dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen., in ordine al mancato
riconoscimento dell’attenuante speciale di cui al cpv. dell’art. 648 cod. pen.;
4) ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. con riferimento
alla recidiva ex art. 99 cod. pen., erroneamente contestata (il reato per cui
si procede è stato commesso nel luglio 2002 ed è precedente di mesi sei
alla sentenza di condanna dall’imputato subita dal Tribunale di Noia il
5.12.2002).
CONSIDERATO IN DIRITTO
3.

Il ricorso è manifestamente infondato.

3.1.

Invero, con il primo motivo viene prospettata, peraltro in modo assai

generico, una valutazione delle prove diversa e più favorevole al ricorrente

rideterminava la pena per il reato di cui all’art. 648 cod. pen., così

rispetto a quella accolta nella sentenza di primo grado e confermata dalla
sentenza di appello. In sostanza si ripropongono questioni di mero fatto che
implicano una valutazione di merito preclusa in sede di legittimità, a fronte
di una motivazione esaustiva, immune da vizi logici; viceversa dalla lettura
della sentenza della Corte territoriale non emergono, nella valutazione delle
prove, evidenti illogicità, risultando, invece, l’esistenza di un logico apparato
argomentativo sulla base del quale si è pervenuti alla conferma della
sentenza di primo grado con riferimento alla responsabilità dell’imputato in

delittuosa sul quale veniva fermato alla guida l’imputato, il quale poi si dava
alla fuga), seppur diversamente qualificato in ricettazione; in tal senso si è
fatto riferimento a puntuali risultanze probatorie in base alle quali il fatto
contestato doveva essere ascritto alla persona del ricorrente (denunzia della
P.O., esame dei testi di RG. i quali avevano proceduto al controllo del
ciclomotore condotto dall’imputato, con a bordo altro giovane, il quale, alla
vista dei militari, era riuscito a fuggire; gli stessi militari davano atto di
avere riconosciuto l’imputato, così smentendo la sua tesi difensiva di non
essere stato alla guida del mezzo ma soltanto trasportato). Tutto

ciò

preclude qualsiasi ulteriore esame da parte della Corte di legittimità (Sez.
Un. 12 del 31/5/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez. Un. 47289 del 24.9.2003,
Petrella, Rv. 226074).
3.2.

Parimenti manifestamente infondato è il secondo motivo di ricorso,

posto che dalla derubricazione del reato da riciclaggio in quello di
ricettazione – che l’imputato aveva sollecitato con i motivi di appello – non
consegue alcuna violazione del diritto di difesa dell’imputato, essendovi
identità del fatto storico rispetto del quale l’imputato ha avuto, mediante la
contestazione, piena conoscenza e possibilità di articolare le sue difese. Al
riguardo, questa Corte ha avuto modo di precisare che non si verifica
violazione del principio di correlazione tra imputazione contestata e
sentenza nella ipotesi in cui il reato in relazione al quale è stata emessa
condanna sia in rapporto di genere a specie con quello di cui al capo
d’imputazione, atteso che l’imputato ha avuto possibilità di svolgere
adeguata difesa anche in relazione al fatto diversamente qualificato (in
tema v. ex multis, Sez. 5, sentenza n. 17048 del 21/02/2001, rv. 219667).
Quanto poi alla censura relativa al dedotto vizio di motivazione

in cui

sarebbe incorsa la Corte d’appello nel ritenere omessa da parte
dell’imputato qualsiasi indicazione sulla provenienza del bene, mentre

2

ordine al fatto ascrittogli (possesso di un ciclomotore di provenienza

questa era stata fornita, va osservato che sul punto esaustiva risulta la
motivazione della Corte territoriale laddove ha specificatamente confutato
l’attendibilità della tesi difensiva fornita in prima battuta dall’imputato e
risultata del tutto inverosimile, di non essere stato alla guida del
ciclomotore, contrariamente a quanto direttamente percepito dai
verbalizzanti e riferito nell’immediatezza dal soggetto trasportato. In tale
contesto, peraltro caratterizzato dalla presenza di chiari elementi materiali
esteriori sul ciclomotore di una provenienza furtiva, è stata correttamente

ricezione del bene. Sul punto, la Corte territoriale si è adeguata al costante
orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il quale, ai fini della
configurabilità del delitto di ricettazione è necessaria la consapevolezza
della provenienza illecita del bene ricevuto, senza che sia peraltro
indispensabile che tale consapevolezza si estenda alla precisa e completa
conoscenza delle circostanze di tempo, di modo e di luogo del reato
presupposto, potendo anche essere desunta da prove indirette, allorché
siano tali da generare in qualsiasi persona di media levatura intellettuale, e
secondo la comune esperienza, la certezza della provenienza illecita di
quanto ricevuto. Del resto questa Corte ha più volte affermato che la
conoscenza della provenienza delittuosa della cosa può desumersi da
qualsiasi elemento, anche indiretto, e quindi anche dal comportamento
dell’imputato che dimostri la consapevolezza della provenienza illecita della
cosa ricettata, ovvero dalla mancata – o non attendibile – indicazione della
provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della
volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mela
fede (Sez. 2 n. 25756 del 11/6/2008, Nardino, Rv. 241458; sez. 2 n. 29198
del 25/5/2010, Fontanella, Rv. 248265). Nella sentenza impugnata
l’assenza di plausibili spiegazioni in ordine alla legittima acquisizione del
ciclomotore risultato rubato, unitamente all’inattendibilità della versione
difensiva fornita e al comportamento assunto dall’imputato alla vista degli
agenti, si pone come coerente e necessaria conseguenza di un acquisto
illecito.
3.3.

Inammissibili risultano, infine, ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod.

proc. pen., il terzo e quarto motivo di ricorso, trattandosi di censure per
violazioni di legge non dedotte con i motivi di appello.

4.

Va dichiarata, pertanto, inammissibile l’impugnazione; ne consegue,

per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento

3

valorizzata l’omessa indicazione da parte dell’imputato delle circostanze di

delle spese processuali, nonché al versamento, in favore della Cassa delle
ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal
ricorso, si determina equitativamente in C 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa

Così deciso, il 5 dicembre 2012

Il Consigliere estensore

Il Presidente

delle ammende.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA