Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8080 del 15/11/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 8080 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: IANNELLO EMILIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ROMANO GIOVANNI N. IL 03/09/1968
avverso la sentenza n. 1412/2008 CORTE APPELLO di MESSINA, del
01/04/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/1112013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. EMILIO IANNELLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Giulio Romano
che ha concluso per l’annullamento senza rinvio per intervenuta
prescrizione;
Udito per il ricorrente l’Avv. Carmelo Occhiuto del Foro di Patti, in
sostituzione del difensore di fiducia, Avv. Antonino Favazzo, che ha chiesto
l’annullamento senza rinvio per prescrizione;

Data Udienza: 15/11/2013

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza resa in data 18/12/2012 la Corte d’appello di Messina, in
parziale accoglimento dell’appello proposto da Romano Giovanni avverso la
sentenza emessa in data 30/11/2007 dal Tribunale di Messina, nel confermare
la penale responsabilità dello stesso in ordine al reato di detenzione a fini di
spaccio di sostanza stupefacente (100 g circa di hashish), commesso in Messina
il 21/10/2002, rideterminava la pena, riconosciuta la circostanza attenuante

Avverso la sentenza d’appello, a mezzo del proprio difensore, ha proposto
ricorso per cassazione l’imputato, deducendo vizio di motivazione, per avere la
corte territoriale ritenuto provata la propria responsabilità penale senza tener
conto del modesto quantitativo della sostanza stupefacente (pur considerato
idoneo a giustificare la concessione della speciale attenuante di cui al comma 5
dell’art. 73 d.p.r. 309/90) e della sua pessima qualità e senza dar conto
nemmeno della compatibilità dei materiali rinvenuti all’interno del proprio
laboratorio artigianale (rotolo di carta stagnola, sacchetti di cellophane, nastro
da imballaggio) con l’attività lavorativa dallo stesso svolta.
Sotto altro profilo il ricorrente si duole della violazione di legge per aver la
Corte d’appello omesso di considerare che, per effetto dell’avvenuto
riconoscimento della speciale attenuante suddetta, il reato contestato risultava
già estinto per prescrizione.

Considerato in diritto

2. È infondato il primo motivo di ricorso.
La valutazione prognostica della destinazione della sostanza stupefacente,
ogni qual volta la condotta non appaia correlabile ai consumo in termini di
immediatezza, deve essere effettuata dal giudice tenendo conto di tutte le
circostanze soggettive ed oggettive del fatto, con apprezzamento di merito
sindacabile in sede di legittimità solo in rapporto ai vizi di cui all’art. 606, lett. e),
cod. proc. pen.. Al di fuori del caso in cui possa attribuirsi univoco significato
della destinazione allo spaccio alla detenzione di quantità di stupefacente
notevolmente superiore al bisogno personale per un periodo circoscritto, nelle
ipotesi relative a quantitativi non elevati l’indagine in relazione alla destinazione
allo spaccio deve essere più penetrante e condotta con riferimento ad altri
elementi indiziali emergenti dalle concrete modalità della fattispecie, come la
qualità di tossicodipendente, le condizioni economiche dell’imputato, l’accertato
compimento pregresso di fatti sintomaticamente rivelatori di propensione allo

della lieve entità del fatto, in mesi otto di reclusione ed € 1.000,00 di multa.

spaccio, le modalità della custodia e di frazionamento della sostanza, il
ritrovamento di strumenti idonei al taglio (giurisprudenza costante a partire da
Sez. U, n. 4 del 28/05/1997, Iacolare, Rv. 208217).
Nel caso in esame la Corte territoriale, con motivazione bensì estremamente
succinta ma nondimeno adeguata ed immune da vizi logici, ha, sulla base di una
pluralità di elementi indizianti, ritenuto che non potessero esservi dubbi in ordine
alla destinazione allo spaccio della sostanza stupefacente, tenuto conto in
particolare del rinvenimento di un bilancino di precisione, oltre che di altro

Il ricorrente, attraverso la formale denuncia di vizi di motivazione, richiede
sostanzialmente una rivisitazione, non consentita in questa sede, delle risultanze
processuali.
Egli peraltro propone una diversa spiegazione del materiale rinvenuto in
possesso dell’imputato in relazione all’attività lavorativa dallo stesso
disimpegnata, che oltre a rimanere del tutto generica, non viene comunque
nemmeno esplicitamente indicata come idonea a giustificare anche la presenza
del bilancino di precisione: presenza difficilmente riconducibile all’attività di
vetraio svolta dall’imputato, tanto più – come nota il giudice di primo grado «che lo strumento è stato ritrovato in un vano della stessa scrivania dove il
Romano custodiva il più cospicuo quantitativo di stupefacente».

3. È invece fondato il secondo motivo di ricorso.
Il termine massimo di prescrizione deve infatti considerarsi, in applicazione
dell’art. 157 cod. pen. nella formulazione antecedente alle modifiche introdotte
dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251 (c.d. legge ex Cirielli) e avuto riguardo alla
pena edittale stabilita dalla norma incriminatrice (art. 73, comma 5, d.P.R. 9
ottobre 1990, n. 309) nel testo vigente alla data del fatto, pari a 7 anni e 6 mesi
(5 anni + la metà per gli atti interruttivi), con la conseguenza che, essendo la
consumazione del reato datata al 21 ottobre 2002, la prescrizione – pur
considerate le sospensioni maturate nel corso del giudizio – doveva considerarsi
ampiamente maturata alla data della pronuncia della sentenza d’appello.
Giova evidenziare al riguardo che, trattandosi di fatto anteriore all’entrata in
vigore della citata legge n. 251 del 2005 ma essendo stata la sentenza di primo
grado pronunciata in epoca successiva (30 novembre 2007), in forza delle
disposizioni transitorie contenute nell’art. 10, commi 2 e 3, I. cit., occorre aver
riguardo, ai fini dell’individuazione del regime prescrizionale applicabile, alla
disciplina in concreto più favorevole.
In ragione di tale criterio, nella specie deve trovare applicazione, come
detto, in relazione al “tempus commissi delicti”, il termine prescrizionale previsto

materiale utile al confezionamento di singole dosi.

dall’art. 157 cod. pen. nella formulazione antecedente alle modifiche introdotte
dalla citata legge.
Ed infatti, in relazione al reato per il quale è stato condannato il Romano
(d.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5), risultano più favorevoli le norme del
previgente art. 157 cod. pen., posto che, in base alla novella del 2005, non
rilevano ai fini della prescrizione le circostanze attenuanti, ivi compresa quindi
anche l’ipotesi della lieve entità D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 73, comma 5,
che, per consolidato indirizzo interpretativo di questa Corte, integra

reato per il quale è stato condannato il Romano, occorrerebbe tener presente
(quale pena edittale detentiva massima cui commisurare il termine prescrizionale
ai sensi del novellato comma 1 dell’art. 157 cod. pen.) quella di 6 anni di
reclusione e non quella di 4 anni propria del reato circostanziato, come previsto
invece dall’art. 157 cod. pen. nella vecchia formulazione.
Peraltro, può notarsi come anche in applicazione della nuova e meno
favorevole disciplina, il termine prescrizionale (da essa fissato, come detto, in
misura pari al massimo edittale della pena detentiva, aumentabile della metà in
presenza di atti interruttivi), ugualmente il reato de quo alla data della sentenza
d’appello avrebbe dovuto considerarsi prescritto.
Il ricorso va pertanto accolto, con il conseguente annullamento senza rinvio
della sentenza impugnata.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio per intervenuta
prescrizione del reato addebitato.
Così deciso il 15/11/2013

un’attenuante e non un’ipotesi autonoma di reato, con la conseguenza che, per il

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