Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8076 del 12/11/2013
Penale Sent. Sez. 4 Num. 8076 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: ESPOSITO LUCIA
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
D’AGOSTINO MASSIMO N. IL 08/07/1978
MAZZA EDUARDO N. IL 23/12/1972
avverso la sentenza n. 505/2011 CORTE APPELLO di
CALTANISSETTA, del 12/04/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Laum.i2t9 k<4-(4che ha concluso per e ,
Qtd Udito, per la parte civile, l'Avv
Udit i difensor Avv. Data Udienza: 12/11/2013 1.Con sentenza del 12/4/2012 la Corte d'Appello di Caltanissetta, rideterminando la
pena inflitta, confermava nel resto la sentenza del giudice di primo grado che, all'esito
di giudizio abbreviato, aveva ritenuto D'Agostino Massimo e Mazza Eduardo responsabili
dei reati attinenti alla detenzione illecita di sostanza stupefacente indicati in epigrafe.
Specificamente, al Mazza veniva contestato il reato di cui all'art. 73 comma 1 bis lett a)
d.p.r. 309/90, per detenzione illecita di sostanza stupefacente del tipo hashish (capo c).
Al predetto, inoltre, unitamente a D'Agostino Massimo e Pesaro Giuseppe (nei confronti comma 1 bis d.p.r. 309/90, perché, agendo in concorso con Di Francesco Massimo e
Catalano Fabio, nei confronti dei quali si era proceduto separatamente, fornendo
ciascuno un contributo finanziario, raccogliendo la somma necessaria e effettuando il
Mazza il viaggio per raggiungere il luogo dell'acquisto e quello di ritorno, in concorso tra
loro avevano acquistato una quantità imprecisata di sostanza stupefacente (capo d). Al
D'Agostino, inoltre, unitamente a Catalano Fabio e Lunetta Gaetano, era contestato il
delitto di detenzione illecita di sostanza stupefacente racchiusa in due involucri,
trasportata a bordo di un'autovettura Fiat Doblò, della quale gli imputati si disfacevano
durante il trasporto (capo e).
Alla formulazione delle imputazioni si perveniva a seguito di attività di osservazione
svolta presso l'Associazione "I vecchi tempi" in Enna, frequentata da numerosi soggetti
gravati da precedenti penali in materia di sostanze stupefacenti, a seguito della quale
venivano disposte varie attività d'intercettazione ambientali e telefoniche.
In particolare, la responsabilità del Mazza per il reato sub c) era tratta dal contenuto di
una conversazione telefonica registrata all'interno di un'autovettura in uso al Di
Francesco, con la quale il Mazza riferiva di aver eluso un controllo stradale gettando al
di fuori del veicolo sostanza stupefacente del tipo hashish.
Quanto al reato sub d), una conversazione captata tra più soggetti presso i locali
dell'associazione aveva dato atto dell'accordo intervenuto tra gli imputati per rifornirsi
di stupefacenti mediante approvvigionamento dalla cassa comune, con partecipazione
del Mazza a mezzo del versamento di 200 euro. All'esito del viaggio compiuto dal Mazza
e dal Di Francesco, i due erano rientrati, informando il Catalano dell'esito positivo del
viaggio. Quindi, il giorno successivo, venivano registrate telefonate con le quali i
soggetti indicati nell'imputazione contattavano altri, noti alla Questura come abituali
assuntori di stupefacenti, ai quali era venduta la sostanza.
In ordine al reato sub e), l'imputazione traeva origine dalla presenza di Catalano Fabio,
rilevata dal personale di polizia, in una zona determinata del territorio. Da ciò i
rilevamenti di una pattuglia che intercettava il Doblò condotto dal Catalano, diretto
verso Enna, con a bordo il Lunetta e il D'Agostino. Il personale della Questura, facendo
uso di segnali acustici e visivi, tentava di fermare l'automezzo per sottoporre a controllo
2 del quale si era proceduto separatamente), era contestato il reato di cui all'art. 73 i relativi occupanti, senza riuscirvi perché il Catalano aumentava la velocità di marcia,
effettuando più manovre di sorpasso di altri veicoli, mentre gli altri occupanti del mezzo
si voltavano ripetutamente al fine di verificare se la volante della Polizia li stesse
inseguendo. Quindi D'Agostino Massimo era visto portare fuori dall'abitacolo del furgone
le braccia e gettare, in rapida successione, due involucri. Solo successivamente veniva
arrestata la marcia del Doblò.
I giudici di merito, disattesa l'eccezione di inutilizzabilità delle intercettazioni; ritenuto
ininfluente il mancato rinvenimento di sostanza stupefacente - per i reati di cui ai capi presenza di un'attività continuativa di traffico di stupefacenti protrattasi per lungo
periodo "una volta riscontrati alcuni singoli episodi di cessione, può ritenersi raggiunta
la prova della complessiva e continuata attività criminosa, anche senza necessità di
riscontro di tutti i singoli episodi riferiti, specie allorché si tratti di fatti della stessa
natura, verificatisi tra le medesime persone con identiche modalità esecutive e con
prossimità e continuità cronologica", ed esclusa per il capo sub d) la ricorrenza della
scriminante dell'uso di gruppo della sostanza, pervenivano all'affermazione di
responsabilità degli imputati. In ordine al trattamento sanzionatorio riconoscevano la
ricorrenza dell'ipotesi di cui al V comma dell'art. 73 DPR 309/90.
Avverso la sentenza propongono ricorso per cassazione gli imputati.
Il Mazza deduce, con il primo motivo, violazione di legge con riferimento all'art. 192
c.p.p. Rileva che la motivazione ha contorni incerti in ordine agli elementi probatori su
cui si fonda, con impossibilità di ricostruire l'iter valutativo seguito dal giudice,
soprattutto con riferimento al mancato rinvenimento della sostanza stupefacente e alla
omessa contezza del suo quantitativo. Contesta le argomentazioni in forza delle quali si
è pervenuti all'affermazione di responsabilità per il capo sub d), nonostante il mancato
riscontro riguardo all'oggetto della presunta detenzione.
Con il secondo motivo il predetto ricorrente deduce assoluta mancanza di motivazione,
in primo luogo con riferimento all'inutilizzabilità delle intercettazioni, in quanto attività
compiuta prima dell'iscrizione dell'imputato nel registro delle notizie di reato.
Rileva, inoltre, che i giudici del merito hanno omesso di motivare in ordine alla
sussistenza di gravi indizi di reato nei confronti del ricorrente e hanno ritenuto, con
motivazione illogica, di giustificare la legittimità delle medesime mediante il riferimento
alle risultanze emerse dalle intercettazioni relative agli altri imputati. Evidenzia, altresì,
che nella sentenza si legge, con riferimento all'esame della responsabilità dell'imputato,
che "le modalità del fatto non lasciano adito a dubbi sulla respnsabilità dell'imputato
D'Agostino in ordine ai capi d) ed e) della rubrica".
D'Agostino a sua volta deduce violazione degli artt. 125 n 3 e 546 comma 3 c.p.p. in
relazione all'art. 606 comma 1 lett. E) c.p.p., osservando che la Corte di merito aveva
omesso qualsiasi valutazione riguardo agli elementi di prova posti a fondamento
3 d) ed e) - sulla scorta del richiamo al principio giurisprudenziale in forza del quale in dell'affermazione di responsabilità, in relazione alle specifiche doglianze formulate con
l'atto d'impugnazione. Osserva che l'attenta lettura degli atti processuali rende
manifesta l'illogicità della motivazione e che dalle risultanze processuali si desume, in
relazione al capo d), il ruolo di mero consumatore rivestito dal ricorrente. Rileva
l'erronea affermazione in ordine alla circostanza che all'incontro della sera dell'8/3/2008
nella Piazza S Agostino di Enna vi fosse anche il ricorrente, poiché dalla relazione di
servizio si evince che a detto incontro parteciparono solo Di Francesco, Mazza e
Catalano. Il ricorso avanzato dal Mazza è infondato e va rigettato.
E' da evidenziare, in primo luogo, che non coglie nel segno la censura formulata con il
primo motivo d'impugnazione. La sentenza impugnata, infatti, dà conto in maniera
esaustiva e convincente degli elementi sui quali si fonda l'affermazione di
responsabilità, facendo applicazione di quell'indirizzo giurisprudenziale che attribuisce
rilevanza ai riscontri fattuali (lo stupefacente rinvenuto e sequestrato) relativi a singoli
episodi di cessione in funzione della prova di una più complessa e continuata attività
criminosa, senza richiedere, in presenza elementi desumibili da conversazioni
intercettate o da condotte poste in essere dagli imputati, riscontri fattuali con
riferimento a tutti gli episodi oggetto d'imputazione.
In tal senso va inteso il tenore della giurisprudenza citata dalla Corte territoriale, talché
non è pertinente riferire la medesima, come pretende il ricorrente, al tema del riscontro
obiettivo richiesto per la chiamata in correità.
Con riguardo al secondo motivo, l'infondatezza si coglie ove si consideri che le sentenze
di primo e di secondo grado, unitariamente considerate, trattandosi di doppia conforme
(si richiama in proposito il principio enunciato da Cass n. 13926 del 1/12/2011), hanno
posto in evidenza che legittimamente è intervenuta autorizzazione delle intercettazioni
sulla scorta di motivazione concernente la posizione degli indagati, diversi dal
ricorrente, per i quali erano emersi gravi indizi di colpevolezza.
Soccorre, infatti, in proposito il principio giurisprudenziale in forza del quale, ai sensi
dell'articolo 267 c.p.p., costituisce presupposto per l'autorizzazione delle intercettazioni
la sussistenza di "gravi indizi di reato", i quali attengono all'illecito penale e non alla
colpevolezza di un determinato soggetto, talché non è necessario che tali indizi siano a
carico di persona individuata o del soggetto le cui comunicazioni debbano essere
captate al fine di indagine. La motivazione dell'autorizzazione alle intercettazioni,
pertanto, implica la valutazione degli elementi sintomatici dell'esistenza di un fatto
penalmente sanzionato, compreso tra quelli indicati nell'art. 266 c.p.p. comma 1, non di
elementi relativi alla riferibilità soggettiva del medesimo (in tal senso Cass. 5^, 8 4 Motivi della decisione ; ottobre 2003, Liscai, RV. 227053, Cass. Sez. 4, 16 novembre 2005, Bruzzese, Rv.
233184).
Resta pertanto, circostanza irrilevante che al momento dell'autorizzazione non
sussistessero gravi indizi di colpevolezza a carico del Mazza per i reati contestatigli, non
essendo ciò richiesto per l'autorizzazione delle intercettazioni, fermo restando che una
volta che sia stata legittimamente autorizzata, l'intercettazione è suscettibile di utilizzo
nei confronti di qualsiasi soggetto nei cui confronti emergano dalla medesima elementi
di responsabilità. D'Agostino in luogo che all'imputato in relazione alla responsabilità per i reati a
quest'ultimo contestati, che la stessa è palesemente frutto di una mera svista attinente
all'indicazione del nominativo e non inficia in alcun modo la coerenza della motivazione.
Passando all'esame del ricorso proposto dal D'Agostino, si evidenzia, in relazione al
primo motivo, che il ricorrente censura la sentenza sotto i profili delle deduzioni tratte
dal tenore delle intercettazioni telefoniche e del prospettato ruolo di assuntore di
stupefacente del medesimo.
In proposito è da rilevare che le censure propongono una ricostruzione alternativa dei
fatti, non consentita in sede di legittimità, a fronte di congrua motivazione da parte
della Corte territoriale riguardo agli elementi sui quali si fonda l'affermazione di
responsabilità.
Quanto alla circostanza relativa alla mancata partecipazione dell'imputato a uno
specifico incontro registrato dalle conversazioni intercettate, si evidenzia, altresì, che ,
difetta l'indicazione di ragioni che consentano di ritenere la circostanza connotata dei
caratteri della decisività.
Quanto al secondo motivo, si evidenzia il difetto di specificità della censura, a fronte
della congrua motivazione contenuta in sentenza riguardo alla valenza, sul piano
probatorio, della constatazione da parte della Polizia dell'avvenuto lancio di due
involucri dall'auto occupata dall'imputato alla vista della Polizia.
Le svolte argomentazioni giustificano il rigetto nei confronti dei ricorsi di entrambi gli
imputati.
Dal rigetto del ricorso discende l'onere del pagamento delle spese processuali per
entrambi i ricorrenti.
P.Q.M. mortA.,.~
La Corte, rigetta i ricorsi e condanna i ricorrentMrp -aiamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 12/11/2013
Il Consigliere relatore Il Presidente E' appena il caso di sottolineare, poi, quanto al riferimento contenuto in sentenza al