Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 807 del 13/09/2017


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 807 Anno 2018
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: RENOLDI CARLO

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Vivo Anna, nata a Castellammare di Stabia il 25/10/1947;
avverso la sentenza del 25/03/2015 della Corte d’appello di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Carlo Renoldi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, dott.
Pasquale Fimiani, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del
ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del Tribunale di Torre Annunziata in data 24/11/2010, Anna
Vivo era stata condannata alla pena di nove mesi di reclusione in quanto
riconosciuta colpevole, con le attenuanti generiche, dei reati di cui agli artt. 81,
cpv., cod. pen., 44, del d.p.r. n. 380 del 2001 (capo a), 64 e 71, 65 e 72 del
d.p.r. n. 380 del 2001 (capo b), 83 e 95 del d.p.r. n. 380 del 2001 (capo c) e
181, comma 1-bis (capo d), venendo assolta per insussistenza del fatto in
relazione al reato previsto dall’art. 734 cod. pen. (capo e). Con lo stesso
provvedimento erano state stabilite la demolizione e la remissione in pristino
dello stato dei luoghi, con sospensione della pena condizionata all’adempimento
di tali obblighi entro 40 giorni dal passaggio in giudicato della sentenza.
2. Con sentenza emessa in data 25/03/2015, la Corte d’appello di Napoli, in
parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarò non doversi procedere,
nei confronti della stessa Vivo, in relazione ai reati contestati ai capi a), b) e c),

Data Udienza: 13/09/2017

per essersi gli stessi estinti per prescrizione, per l’effetto rideterminando la pena,
limitatamente al delitto di cui al capo d), in otto mesi di reclusione, con revoca
dell’ordine di demolizione e conferma, nel resto, delle precedenti statuizioni.
3. Avverso la sentenza d’appello ha personalmente proposto ricorso per
cassazione la stessa Vivo, deducendo, con unico motivo di impugnazione, di
seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173
disp. att. cod. proc. pen., l’inosservanza o erronea applicazione della legge
penale e il vizio di motivazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e),

beneficio della sospensione condizionale della pena, che potrebbe essere
mantenuta soltanto dopo avere verificato che il concorrente obbligo di procedere
alla demolizione incombente sulla Pubblica amministrazione non abbia già
conseguito il medesimo obiettivo o comunque dopo avere riscontrato
l’insussistenza di situazioni oggettivamente impeditive, quali l’acquisizione
dell’immobile al proprio patrimonio da parte del comune.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Occorre osservare, preliminarmente, che la Corte costituzionale, con la
sentenza 23 marzo 2016, n. 56 ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’art.
181, comma 1-bis, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei
beni culturali del paesaggio), nella seguente parte «: a) ricadano su immobili od
aree che, per le loro caratteristiche paesaggistiche siano stati dichiarati di
notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in epoca
antecedente alla realizzazione dei lavori; b) ricadano su immobili od aree tutelati
per legge ai sensi dell’articolo 142 ed»”.
Pertanto, l’attuale formulazione dell’art. 181 del Codice dei beni culturali è la
seguente: “1. Chiunque, senza la prescritta autorizzazione o in difformità di essa,
esegue lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici è punito con le pene
previste dall’articolo 44, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 6
giugno 2001, n. 380. 1-bis. La pena è della reclusione da uno a quattro anni
qualora i lavori di cui al comma 1 abbiano comportato un aumento dei manufatti
superiore al trenta per cento della volumetria della costruzione originaria o, in
alternativa, un ampliamento della medesima superiore a settecentocinquanta
metri cubi, ovvero ancora abbiano comportato una nuova costruzione con una
volumetria superiore ai mille metri cubi”.
Mentre in precedenza, dunque, la fattispecie incriminatrice apprestava una
tutela maggiormente rigorosa per i beni vincolati in via provvedimentale,
laddove, per i beni vincolati per legge, il delitto di cui al comma

1-bis veniva in

rilievo soltanto in caso di opere di notevole impatto volumetrico, la sentenza
della Corte costituzionale ha ricondotto all’area contravvenzionale tutti i lavori
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cod. proc. pen. in relazione alla mancata revoca della condizione apposta al

eseguiti su beni paesaggistici, sia quelli vincolati attraverso il ricorso allo
strumento provvedimentale, sia quelli vincolati per legge. L’unica ipotesi di
delitto residuata, pertanto, concerne i lavori eseguiti su beni paesaggistici,
qualora comportino il superamento delle soglie volumetriche indicate al comma

1-bis dell’art. 181 del d.lgs. n. 42 del 2004.
2.2. Nel caso in esame, alla stregua della nuova formulazione della norma
conseguente alla dichiarazione di illegittimità costituzionale, l’esecuzione delle
opere deve ritenersi attratta nella fattispecie contravvenzionale di cui al comma

metri quadri di superficie ed altezza paria a 3,50 circa – hanno comportato
aumenti volumetrici pacificamente non superiori ai mille metri cubi.
Ne consegue che, a seguito della riqualificazione dei fatti contestati al capo d)
come illecito contravvenzionale, deve dichiararsi, anche in relazione agli stessi,
come già per il reato di cui al capo a), il non doversi procedere per intervenuta
prescrizione, maturata il 17/11/2014.
3. Alla stregua delle considerazioni che precedono, la sentenza impugnata
deve essere annullata, senza rinvio, per essersi il reato contestato al capo d)
estinto per prescrizione, con conseguente revoca dell’ordine di rimessione in
pristino (v. Sez. 3, n. 51010 del 24/10/2013, dep. 18/12/2013, Criscuolo, Rv.
257916). I restanti motivi di ricorso devono, conseguentemente, ritenersi
assorbiti.
4. La natura non particolarmente complessa della questione e l’applicazione
di principi giurisprudenziali consolidati consente di redigere la motivazione della
decisione in forma semplificata.

PER QUESTI MOTIVI
Riqualificato il fatto sub D) come contravvenzione ex art. 181, 1° co. D.Ivo n.
42/04, annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per
prescrizione. Revoca l’ordine di rimessione in pristino. Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 13/09/2017

Il Consig iere estensore

Il P

«dente

1 dell’art. 181, atteso che le stesse – consistenti in un manufatto terraneo di 149

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