Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8068 del 12/02/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 8068 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: DI MARZIO FABRIZIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da Faenza Maurizio, nato i112.1.1977, avverso la
ordinanza del Tribunale della libertà diRoma del 14.10.2013.Sentita la
relazione della causa fatta dal consigliere Fabrizio Di Marzio; udita la
requisitoria del sostituto procuratore generale Luigi Riello, il quale ha concluso
chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe la sezione del riesame del Tribunale di Roma,
decidendo sull’appello proposto nell’interesse diFaenza Maurizioavverso
l’ordinanza emessa dal Gip di quel Tribunalein data 18.9.2013 – che aveva
applicato il predetto la misura degli arresti domiciliari per il delitto di truffa
aggravata ed accesso abusivo al sistema informatico oltre che simulazione di
reato -ha confermato l’ordinanza impugnata.
Nel ricorso presentato si contestano violazione di legge e vizio di motivazione
con riguardo alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari affermate nel
provvedimento impugnato, non emergendo agli atti nessun concreto pericolo
di commissione di ulteriori reati ed avendo il Tribunale argomentato, al

Data Udienza: 12/02/2014

contrario, la sussistenza dello stesso, limitandosi a richiamare la gravità dei
fatti e la personalità dell’indagato, senza tuttavia evidenziare concreti dati da
cui desumere la sussistenza del pericolo in parola.
Il Tribunale, inoltre, nemmeno avrebbe ritenuto di valorizzare il fatto
oggettivo della condizione di incensuratezza dell’imputato, e tanto meno
avrebbe logicamente apprezzato l’inserimento dello stesso in un sano contesto
familiare e lavorativo.

Si contesta infine violazione di legge in relazione all’art. 284 comma 3 0 cod.
proc. pen. avendo ritenuto il Tribunale ricorrere, nel caso di specie, i
presupposti per il diniego della richiesta di allontanamento dal luogo di
esecuzione degli arresti domiciliari per l’esercizio dell’attività lavorativa
benché ciò fosse stato argomentato dalla difesa come necessario per la
soddisfazione di ogni bisogno primario per sé e la famiglia.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
Senza incorrere in violazioni di legge ed esponendo un ragionamento del tutto
esente da manifeste illogicità, il Tribunale ha motivato, a p. 4 del
provvedimento impugnato, l’esistenza di un rilevante allarme sociale
determinato dalla oggettività del fatto contestato: il fraudolento utilizzo di un
terminale del gioco del Lotto del quale l’indagato era nella disponibilità in
qualità di coniuge della titolarità della ricevitoria, per un ammontare
complessivo di giocate fraudolente pari a circa 2.000.000 di euro.
Argomenta il Tribunale che da simili condotte oltre che dall’aver commesso
concrete attività di intralcio delle indagini su tali fatti, deve desumersi una
negativa personalità dell’indagato, quale soggetto incline a reiterare le tenute
condotte delittuose. Pertanto, in linea con la giurisprudenza, anche richiamata
nel ricorso presentato davanti a questa Corte di legittimità (cfr. Cass. sez. 4,
29.1.2007, n. 10980; sez. 6, 8.3.2012, n. 38763), la pericolosa e negativa
personalità dell’indagato non è meramente affermata in astratto, bensì
desunta dalle circostanze concrete relative ai fatti contestati.
Cosicché appare del tutto conseguente la conclusione secondo cui tale profilo
personale giustifica il necessario contenimento dell’indagato con misure
cautelari idonee a scongiurare il concreto pericolo di condotte di reiterazione
del reato: pericolo stimato effettivo dal Tribunale in ragione della condizione
sociale ed economica dell’indagato: il quale, pur svolgendo o potendo svolgere
una lecita attività lavorativa, al fine di ripianare i propri ingenti debiti, non ha
esitato dal porre in essere le condotte contestategli.

2

Circa l’ulteriore motivo di ricorso, deve osservarsi che i giudici di merito si
sono attenuti, nella decisione, alla giurisprudenza di questa Corte in tema di
autorizzazione dell’imputato sottoposto agli arresti domiciliari ad assentarsi
per svolgere un’attività lavorativa. È stato infatti applicato l’orientamento
secondo cui la valutazione del giudice in ordine alla situazione di assoluta
indigenza del cautelato deve essere improntata, stante l’eccezionalità della
previsione, a criteri di particolare rigore, pur potendo ricomprendersi nei

sopravvivenza, quali quelle relative alla comunicazione, l’educazione e la
salute. (Fattispecie di ritenuta insussistenza dell’assoluta indigenza stante il
reddito complessivo di euro 1.200 mensili goduto dal nucleo familiare
dell’imputato, composto da quattro persone) (Cass. sez. III 15.7.2010, n.
34235; v. anche Cass. sez. IV, 29.1.2007, n. 10980).
È stato, ulteriormente, osservato come tali rigorosi presupposti non siano stati
minimamente soddisfatti nelle argomentazioni difensive, che si sono limitate
ad un generico richiamo alle necessità dell’indagato e della propria famiglia.
Del resto, anche nel ricorso in esame, nessun concreto elemento è fornito al
fine di valutare la reale sussistenza delle necessità, pur dichiarate sussistenti,
ma in modo generico e senza alcun riferimento alle effettive condizioni
economiche dell’indagato e della sua famiglia.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della
Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa
emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in euro 1000.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1000 alla Cassa delle ammende.

Così deliberato il 12.2.2014

Il

Il Consigliere estensore
Fabrizio Di Marzio

Antor31

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bisogni primari dell’individuo anche le necessità ulteriori rispetto alla fisica

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