Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8065 del 12/02/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 8065 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: DI MARZIO FABRIZIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da Silvestri Lamberto, nato i116.9.1951, avverso la
ordinanza del Tribunale della libertà di Milano del 11.7.2013.Sentita la
relazione della causa fatta dal consigliere Fabrizio Di Marzio; udita la
requisitoria del sostituto procuratore generale Luigi Riello, il quale ha concluso
chiedendo che il ricorso sia rigettato. Udito il difensore dell’imputato,
avv.Simonpietro Ciotti il quale chiede accogliersi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe la sezione del riesame del Tribunale di Milano,
decidendo sull’appello proposto nell’interesse diSilvestri Lambertoavverso
l’ordinanza emessa dal Gip del medesimo tribunale in data 11.7.2013 ha
confermato l’ordinanza impugnata.
Nel ricorso presentato nell’interesse dell’imputato si contestano violazione di
legge e vizio di motivazione circa la sussistenza, ritenuta dal tribunale, di un
grave quadro indiziario in ordine al contestato reato di riciclaggio, atteso che
da nessun elemento di indagine sarebbe emersa la prova del fatto che il
Silvestri potesse essere a conoscenza della provenienza illecita delle somme di

Data Udienza: 12/02/2014

denaro a lui affidate per investimenti finanziari in Svizzera; mancherebbe
inoltre un sufficiente quadro indiziario circa l’effettiva posizione in essere delle
condotte contestate nella loro materialità, atteso che l’attività di riciclaggio
sarebbe avvenuta attraverso operazioni di una società formalmente
amministrata dal ricorrente ma in effetti gestita da altri coindagati, i quali
avrebbero avuto rapporti esclusivi con le banche destinatarie delle attività
finanziarie oggetto di contestazione.

Una ulteriore critica involge, sempre in punto di violazione di legge e vizio di
motivazione, la ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari, contestandosi nel
ricorso la apoditticità e la astrattezza della motivazione resa sul punto dal
tribunale, senza considerare che in ragione dei fatti occorsi l’indagato ha
immediatamente cessato la propria attività finanziaria fornendo piena
collaborazione agli inquirenti.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide,
l’ordinamento non conferisce alla Corte di Cassazione alcun potere di revisione
degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo
spessore degli indizi, né alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche
soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze
cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti
rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta
l’applicazione della misura cautelare, nonché del tribunale del riesame. Il
controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò, circoscritto all’esclusivo
esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia
rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui
presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità: 1) – l’esposizione
delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto
al fine giustificativo del provvedimento. (cfr. Cass. Sez. 6^ sent. n. 2146 del
25.05.1995 dep. 16.06.1995 rv 201840 e, tra le più recenti, Cass. Sez. III,
28.2.2012, n. 12763).
Nel provvedimento impugnato, dopo una ampia narrativa sulle dichiarazioni
rese dal Silvestri in sede di interrogatorio, previa dettagliata illustrazione delle
tesi difensive, da pagina 10 è ricostruito il grave quadro indiziario, segnalando
come il Silvestri abbia prima costituito una società finanziaria nel settembre
del 2011, e poi amministrato la stessa fino all’aprile del 2012: ossia nel
periodo in cui erano confluite nelle casse della società somme per oltre

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3.000.000 di euro; somme quindi riciclate – attraverso la società in questionesu conti di una società offshore del Belize oltre che di un fondo di investimenti
situato in Liechtenstein.
Si precisa come sia infondata la tesi difensiva secondo cui l’odierno ricorrente
avrebbe operato in buona fede, rilevando che la società in questione si mostrò
sin dall’inizio una scatola vuota (nei cui locali vi erano solo scatoloni di libri e
attrezzatura informatica, oltre che – come unico dipendente – un altro

soggetto indagato per i medesimi reati), la quale generava solo enormi flussi
di denaro in entrata, flussi dei quali l’imputato era perfettamente a
conoscenza perché dallo stesso personalmente dirottati su conti correnti
anonimi accesi in paradisi fiscali.
Con riguardo alle esigenze cautelari, alle pagine 11-12 è diffusamente
argomentato il pericolo di reiterazione del reato, attese le considerevoli
capacità operative e tecniche dell’odierno ricorrente e la disponibilità da questi
manifestata nel commettere condotte di riciclaggio; mentre il fatto che egli
abbia comunicato all’autorità elvetica di vigilanza sulle professioni fiduciarie di
rinunciare all’esercizio della professione di fiduciario finanziario – enfatizzata
dalla difesa anche nel ricorso in esame – non potrebbe assumere nessun
significativo rilievo: atteso che la rinuncia può essere sempre revocata, ed
essendo inoltre difficile immaginare che il Silvestri possa improvvisare
attrattività che gli consentano di ottenere redditi illeciti paragonabili a quelli
ottenuti svolgendo l’attività di fiducia e finanziariaoggi contestatagli.
Dietro questi ragionamenti, il Tribunale esclude logicamente che l’instaurato
processo possa aver svolto una efficacia deterrente significativa o perlomeno
sufficiente al fine di scongiurare nuove condotte delittuose dello stesso tipo di
quelle contestate: per concludere sulla sussistenza di un concreto pericolo di
reiterazione del reato, arginabile adeguatamente soltanto con la misura della
custodia cautelare in carcere (anche considerato il fatto che il luogo degli
arresti domiciliari non era stato indicato).
A fronte di queste lineari argomentazioni, nel ricorso non si evidenzia nessuna
deficienza di carattere logico; molto diversamente si sollecita attraverso una
diversa interpretazione del materiale indiziario una rilettura nel merito della
vicenda, inammissibile in sede di legittimità.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della
Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa
emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1000.

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PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle
ammende. Si provveda a norma dell’art. 94, comma 1 ter disp. att. cod. proc.
pen.

Così deliberato il 12.2.2014

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