Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8062 del 07/02/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 8062 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: IANNELLI ENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
NAPPA CLELIA N. IL 09/10/1968
CORVINO MARIA GRAZIA N. IL 19/08/1939
SCHIAVONE MARIO N. IL 17/09/1966
avverso l’ordinanza n. 864/2013 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
21/07/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENZO IANNELLI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 07/02/2014

Nappa Clelia e Corvino Maria, quali terze interessate e titolari apparenti del bene sequestrato,
Schiavone Mario, quale imputato, ricorrono per cassazione avverso l’ ordinanza del tribunale di
Napoli del 12.7.2013 che, in sede di appello avverso pregressa ordinanza di rigetto dell’ istanza di
revoca del sequestro preventivo, finalizzato alla confisca ex art. 12 sexies 1. n. 356/1992, adottata
dal tribunale di Santa Maria Capua Vetere in data 8/9.4 2013, confermava il provvedimento
impugnato.
La difesa dei ricorrenti svolge una analitica indicazione in fatto della in tesi provenienza legittima
dei denari confluiti sul conto corrente bancoposta n. 85224293 acceso presso l’ Ufficio di Casal
Principe, intestato alle prime due ricorrenti e sul quale residuava la somma di euro 20.000,00 e
contesta la legittimità dell’ ordinanza impugnata che, proprio considerando le circostanze dicé fatto
evidenziate nel ricorso, era pervenuta in contrario avviso, del resto ripetendo pregressa ,analoga
decisione con ordinanza del 25.5.2011 a fronte di analoghe doglianza difensive in merito al fumus
bonijuris.

Il ricorso è manifestamente infondato, e per una duplice ragione, la prima assorbente la seconda.
Da un lato la richiesta di restituzione è meramente ripetitiva di altra pregressa e rigettata dallo
stesso tribunale e sul punto, rilevato dai giudici dell’appello, i ricorrenti nulla deducono, dall’altro
nella misura in cui le ragioni di doglianza svolgono una articolata valutazione nel merito in ordine
ai versamenti ed ai prelievi relativi al conto corrente, senza fare per nulla riferimento al contrario
discorso giudiziale, esse sono inammissibili. Invero il ricorso per cassazione contro ordinanze
emesse in materia di sequestro preventivo, è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione
dovendosi comprendere sia gli errores in indicando o in procedendo, quei vizi della motivazione
così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto
mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo
a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U., n. 25932 del 29.5.2008,
Ivanov; con riferimento a sequestro disposto ai sensi del D.L. n. 306 del 1992, art. 12 sexies Sez.
3^, n. 20432 del 4.3.2009, Puppa). Nessun riferimento è dato cogliere nelle censure costitutive dei
motivi di ricorso né sul versante del “fumus commissi delicti”, della astratta configurabilità cioè, nel
fatto attribuito all’indagato e in relazione alle concrete circostanze indicate dal P.M., di una delle
ipotesi criminose previste dall’ at. 12sexies citato , né sul versante,ammessane la possibilità, della
contestazione del ragionamento giudiziale e delle circostanze di fatto e dei nessi di ragione come
sempre indicate nel provvedimento impugnato.
Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato
che lo ha proposto, deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché,
ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento a
favore della cassa delle ammende della somma di mille, così equitativamente fissata in ragione dei
motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali
e, ciascuno, della somma di mille euro alla cassa delle ammende
Così deciso in Roma il 7.2.2014

Letti gli atti, la ordinanza impugnata, il ricorso;
Udita la relazione del cons. Enzo Jarmelli;
Udite le conclusioni del S. Procuratore generale, Giuseppe Volpe, Giulio Romano,l’inamissibilità
del ricorso.

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