Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8061 del 11/11/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 8061 Anno 2016
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: CARCANO DOMENICO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BAKI SENAD N. IL 16/04/1988
avverso la sentenza n. 18/2015 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
13/07/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. DOMENICO
CARCANO;
1.Mo/sentite le conclusioni del PG Dott. ile,44,0
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14.13.~: QP,.;

Udit • ifensor Avv.;

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Data Udienza: 11/11/2015

Ritenuto in fatto
1.La difesa di Baki Sead impugna la sentenza in epigrafe indicata í con la
quale è stata dichiarata dalla Corte d’appello dì Firenze la sussistenza delle
condizioni richieste per raccoglimento della domanda di estradizione di Baki Sead
presentata il 28 giugno 2015 dal Governo della Macedonia, previa adozione di
mandato d’arresto della Corte d’appello di Skopje, al fine di dare esecuzione alla
sentenza 1° luglio 2013 di condanna a due anni di reclusione per il reato di furto
Lo Stato richiedente ha trasmesso, nel rispetto della Convenzione europea
di estradizione sottoscritta a Parigi il 13 dicembre 1957, regolarmente la
domanda di estradizione e la relativa documentazione.
Dai documenti tramessi risulta che l’estradando – all’esito di udienza
pubblica del 10 luglio 2013, in sua assenza e rappresentato da avvocato d’ufficio
– è stato condannato dal Tribunale ordinario di Skopje, con sentenza passata in
giudicato il 30 ottobre 2013, alla pena di due anni di reclusione, per essersi
introdotto nel negozio di Heroliga DOOEI di proprietà del danneggiato Isak
Gavazi in concorso con altri, reato previsto dall’art.236 comma 1 lettera 1 vv)
con l’art. 22 di KZ dello Stato Macedone; Baki è stato condannato anche al
pagamento delle spese processuali e al risarcimento del danno cagionato alla
persona offesa.
La Corte d’appello precisa che la sentenza macedone descrive i fatti per i
quali vi è stata condanna; il giudice d’appello precisa altresì che il reato di furto è
previsto anche dalla legislazione italiana e non risulta che Baki per il medesimo
fatto sia stato sottoposto a procedimento penale in Italia.
Applicata la custodia cautelare in carcere e dato avvio alla procedura di
estradizione, la Corte d’appello ha disatteso le deduzioni relative al mancato
rispetto dell’esercizio dei diritti di difesa dovuto al giudizio svolto in contumacia,
rilevando che il Ministro della giustizia macedone assicurato che l’estradando
potrà richiedere, una volta rientrato in Macedonia, il diritto alla rinnovazione del
giudizio svoltosi in sua assenza.
Non risulta che l’estradando si stato sottoposto a procedimento penale in
violazione dei diritti fondamentali
2. La difesa deduce:
2.1.violazione di legge e vizio di motivazione, sotto il profilo della
mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità in relazione alla mancata
celebrazione di un regolare processo a carico dell’imputato, con particolare
riferimento all’art. 111 della Costituzione.
La Corte d’appello di Firenze si è espressa favorevolmente all’estradizione
in base a una sentenza dell’Autorità giudiziaria macedone la cui motivazione non

aggravato previsto dall’art. 236, codice penale macedone.

2
è in alcun modo conforme al fondamentale principio del giusto processo sancito
dall’art. 111, comma 6, della Costituzione.
Premessa una disamina delle disposizioni processuali che definiscono il
paradigma di legalità della motivazione, il ricorrente deduce che la Corte
d’appello 41′ ha accolto la domanda di estradizione, senza considerare la
mancanza di motivazione della sentenza di condanna. Ciò non ha consentito al
ricorrente di difendersi, avendo la Corte d’appello pretermesso una analisi
dettagliata circa il rispetto dell’obbligo di motivazione.

riferimento agli artt. 714, comma 2 1 e 274 tcomma 2 I lett. c.p.p. con riferimento
al mantenimento della custodia cautelare in carcere.
Nonostante l’art. 714 c.p.p. preveda che possano essere applicate misure
di custodia coercitive, si prescrive poi nel secondo comma la finalità che non può
che esser quella di assicurare che l’estradando non si sottragga all’eventuale
consegna. Per le Sezioni unite la decisione favorevole all’estradizione non può
comportare automatiche e negative conseguenza con lo status libertatís.
La giurisprudenza è nel senso che il parametro di riferimento è quello
previsto dall’art. 274 lett. c) c.p.p. nel senso che deve esservi un pericolo
concreto di sottrazione all’esecuzione.
L’art. 715 comma 2, richiama le disposizione di cui agli arti. 44 e 275
c.p.p. dalle quali deriva che il giudice deve valutare in concreto la sussistenza del
pericolo di fuga.
L’ordinanza applicativa della custodia in carcere non fornisce alcuna
motivazione concreta relativa al pericolo di fuga di Baki Senad, senza
considerare che l’art. 275 c.p.p. prevede che la custodia cautelare in carcere
debba applicarsi là dove ogni altra misura non sia adeguata.
La valutazione della Corte d’appello è in contrasto con il criterio di
adeguatezza e proporzionalità di cui all’art. 275 c.p.p. Peraltro la novella n, 4Y,
del 2015 ha reso la custodia in carcere extrema ratio rispetto a ogni altra diversa
applicazione di misure meno afflittive.
Richiamati fulteriori parametri di riferimento, il ricorrente deduce che,
rispetto all’art. 280 ,comma 2, c.p.p. non possono esserci le condizioni richieste
per mantenere la custodia in carcere , in ragione dell’entità della penk inflitta
pari a due anni di reclusione.

Considerato in diritto
1. La sentenza impugnata ha correttamente affermato la sussistenza delle
condizioni richieste per concedere estradizione richiesta dal Governo della
Repubblica di Macedone.

2.2.Errata applicazione di legge, mancanza di motivazione , con

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Lo Stato richiedente ha trasmesso, come è stato verificato dal giudice di
prima istanza, gli atti a corredo della domanda con tutti gli elementi richiesti
dalle disposizioni della Convenzione europea di estradizione siglata a Parigi il
13 dicembre 1957 e ratificata dall’Italia con legge del 30 gennaio 1963, n.
300.
Quanto al mancato rispetto dell’esercizio dei diritti di difesa dovuto al
giudizio svolto in contumacia, la Corte d’appello ha rilevato che il Ministro della
giustizia macedone ha assicurato che l’estradando potrà richiedere, una volta

assenza.
2.Quanto all’assenza di motivazione della Sentenza di condanna, posta a
base della richiesta di estradizione, le censure alla decisione della Corte d’appello
sono del tutto generiche e prive di concreti riferimenti, risolvendosi in una mera
elencazione di disposizione processuali e riferimenti all’art.111 della Costituzione.
Peraltro, l’impegno alla rinnovazione del giudizio, svoltosi in contumacia,
legittimerà l’estradando a far valeit, in quella sede eventuali carenze 197 -1(
argomentative della decisione.
3.Alltrjapittanto generici i motivi con i quali si deduce l’insussistenza delle
ragioni per le quali la Corte d’appello ha applicato la custodia in carcere.
Anche qui, il ricorrente elenca le disposizioni processuali senza specificare
»in concreto, in relazione alle condizioni soggettive e oggettive dell’estradando,Ilt
tali norme siano state violate.
Altro rilievo non corretto è che la pena di due anni, inflitta a Baki Senad,
non legittima la custodia in carcere. Al riguardo, va rilevato che unico limite è
quello stabilito dall’art. 2 della Convenzione europea nel senso che danno luogo
all’estradizione “i fatti punibili dalla legge dello Stato richiedente con una pena
privativa della libertà non inferiore nel massimo a dodici mesi e alla legge dello
Stato membro richiesto con una peri?) uf,51 , pena limitativa della libertà
personale…. non inferiore a sei mesi”.
In conclusione, va rilevato che l’esaurimento del procedimento di
estradizione, con decisione favorevole alla stessa, non ha efficacia preclusiva del
controllo giurisdizionale sulla richiesta di revoca o sostituzione della misura
coercitiva, sempre che la richiesta sia fondata su profili attinenti alla
sopravvenuta inefficacia della misura o all’insussistenza delle esigenze cautelari,
con particolare riguardo al pericolo di fuga, e la persona, a seguito di concessa
estradizione, non sia stata effettivamente consegnata allo Stato richiedente.
L’istanza di sostituzione della misura custodiale in carcere con altra meno
afflittiva va rigettata, avendo l’estradando genericamente dedotto l’insussistenza
del pericolo di irreperibilità e la maggiore proporzionalità ed adeguatezza della
misura domiciliare (Sez.VI, 30 gennaio 2014,dep.28 febbraio 2014, n. 9924).

rientrato in Macedonia, il diritto alla rinnovazione del giudizio svoltosi in sua

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La censura è manifestamente infondata.
2.11 ricorso è dunque inammissibile e, a norma dell’art.616 c.p.p., il
ricorrente va condannato, oltre che al pagamento delle spese processuali, a
versare una somma, che si ritiene equo determinare in C 1.000,00 in favore della
cassa delle ammende, non ricorrendo le condizioni richieste dalla sentenza della
Corte costituzionale 13 giugno 2000, n.186.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 203 disp. att. c.p.p..
Così deciso in Roma, il 11 novembre 2015.

spese processuali e della somma di C 1000,00 in favore della cassa delle

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