Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 806 del 29/11/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 806 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ZAZA CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Scialpi Cosimo, nato a Taranto il 16/10/1973

avverso l’ordinanza della Sezione del riesame del Tribunale di Lecce del
04/05/2012

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Carlo Zaza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Roberto
Aniello, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per l’indagato l’avv. Salvatore Maggio, che ha concluso per l’accoglimento
del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

Con il provvedimento impugnato veniva confermata l’ordinanza del Giudice
per le indagini preliminari presso il Tribunale dl Lecce del 07/04/2012,

1.

con la

Data Udienza: 29/11/2012

quale veniva applicata nei confronti di Cosimo Scialpi la misura cautelare della
custodia in carcere per i reati di cui agli artt.73 e 74 d. P. R. 9 ottobre 1990,
n.309, e 10, 12 legge 14 ottobre 1974, n.497, ipotizzati nell’aver promosso,
diretto ed organizzato con Maria Scialpi, Sonia Dema e Pietro Caforio
un’associazione operante in Taranto dal novembre del 2009 e finalizzata al
traffico di eroina e cocaina, ceduto quantitativi di stupefacente a numerosi
consumatori e detenuto e portato illegalmente fra il 18 ed il 27 agosto del 2010
una pistola cal.8.

1. In ordine alla sussistenza dei gravi indizi per il reato associativo, il
ricorrente lamenta mancanza di motivazione nella generica riproposizione delle
fonti di prova già esposte nel provvedimento applicativo della misura e
nell’omessa valutazione dei rilievi difensivi sull’indicazione di conversazioni
telefoniche intercettate dalle quali emergeva l’indipendenza dei singoli indagati
nelle condotte delittuose.
2.2. In ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari ed all’adeguatezza
della misura applicata, il ricorrente deduce violazione di legge nel riferimento del
Tribunale alla presunzione di cui all’art.275 cod. proc. pen. nonostante la
declaratoria di illegittimità della norma con riguardo al reato di cui all’art.74 T.U.
stup., e mancanza di motivazione sul carattere rudimentale dell’associazione
configurata nella specie, operante in ambito familiare nel traffico di ridotti
quantitativi di stupefacente, e sugli elementi indicativi del pericolo di reiterazione
del reato.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il motivo di ricorso relativo alla sussistenza dei gravi indizi per il reato
associativo è infondato.
Il provvedimento impugnato era congruamente motivato non solo
nell’indicazione degli elementi a carico dell’indagato, ma anche nella valutazione
della significatività probatoria degli stessi ai fini della sussistenza del vincolo
associativo. Il Tribunale osservava infatti che dalle dichiarazioni dei consumatori
emergeva la sistematicità della vendita di eroina negli appartamenti siti nella via
Machiavelli di Taranto ed appartenenti a Maria Scialpi, Cosimo Scialpi, Michele
Caforio ed ai coniugi Cosimo Nigro e Maria Marangione; che dalle intercettazioni
telefoniche, dettagliatamente riportate, risultava la ripartizione dei compiti fra gli
indagati, dei quali Francesco Scialpi, Stefano De Lise, Alessandro D’Antoni e
Michele Portacci si occupavano, oltre che della vendita, anche del trasporto dello
2

L’indagato ricorre sui punti e per i motivi che seguono.

stupefacente, Pietro Caforio, Antonio Capuano, Stefano De Lise e Cataldo Di
Fiore avevano disponibilità di armi, e taluni soggetti avevano l’incarico di
sorvegliare il quartiere; e che le stesse intercettazioni confermavano il
coinvolgimento di tutti

i componenti del gruppo nelle movimentazioni dei

proventi del traffico. I rilievi difensivi su intercettazioni dimostrative di autonoma
operatività di singoli soggetti venivano coerentemente esaminati in questo
contesto, concludendosi, senza incorrere in vizi logici, che l’ipotesi di attività
frazionate degli indagati appariva implausibile nel quadro complessivo degli

di parentela fra gli indagati, ulteriormente incompatibili con iniziative individuali.

2. Parimenti infondato è il motivo di ricorso relativo alla sussistenza delle
esigenze cautelari ed all’adeguatezza della misura applicata.
La declaratoria di illegittimità dell’art.275 comma terzo cod. proc. pen. (C.
Cost. n.231 dell’11/05/2011), menzionata dal ricorrente, concerne infatti
l’operatività della presunzione normativa per il reato di cui all’art.74 T.U. stup.
limitatamente al tema dell’adeguatezza della misura cautelare, rimanendo
inalterata la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari in presenza di
gravi indizi del predetto reato. Orbene, proprio e solamente in questa prospettiva
il Tribunale richiamava la presunzione in esame, correttamente esimendosi
dall’indicare specifiche ragioni positivamente dimostrative dell’esistenza delle
descritte esigenze e trascurando le caratteristiche dimensionali dell’associazione
in quanto irrilevanti rispetto all’interruzione dei legami con l’ambiente criminoso.
In relazione all’adeguatezza della misura, il provvedimento impugnato era invece
specificamente motivato con riguardo ai precedenti penali dell’indagato per i
reati di evasione e violazione di misure di prevenzione, particolarmente indicativi
di inaffidabilità nel rispetto delle prescrizioni di misure cautelar’ diverse da quella
applicata; considerazioni alle quali il ricorrente non oppone argomentazioni
contrarie.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato, seguendone la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.

3

elementi in precedenza indicati; ai quali dovevano peraltro aggiungersi i rapporti

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art.94 comma 1 ter disp.
att. cod. proc. pen..
Così deciso in Roma il 29/11/2012

Il Consigliere estensore

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