Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8054 del 05/02/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 8054 Anno 2014
Presidente: CASUCCI GIULIANO
Relatore: DI MARZIO FABRIZIO

Data Udienza: 05/02/2014

SENTENZA
Sul ricorso proposto da Panetta Maurizio, nato il 17.7.1970, avverso la
ordinanza del Tribunale della libertà di Milano del 9.8.2013. Sentita la
relazione della causa fatta dal consigliere Fabrizio Di Marzio; udita la
requisitoria del sostituto procuratore generale Maria Giuseppina Fodaroni, il
quale ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile. Udito il
difensore dell’imputato, avv.Fabio Zanati il quale chiede accogliersi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe la sezione del riesame del Tribunale di Milano,
decidendo sull’appello proposto daPanetta Maurizio avverso l’ordinanza
emessa dal medesimo tribunale in data 18 luglio 2013- che aveva rigettato la
richiesta di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere,
denunciata come incompatibile con le precarie condizioni di salute
dell’indagato, con quella degli arresti domiciliari – ha rigettato l’impugnativa.
Contro detta pronunzia ricorre l’indagato contestando violazione di legge,
nonché illogicità e insufficienza della motivazione per non avere il tribunale
correttamente valutato le condizioni di salute dell’indagato, incompatibili con il /

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regime detentivo, non avendo dato conto di alcune considerazioni dello stesso
c.t.u. sulla gravità di tali condizioni ed essendosi limitato soltanto a recepire
acriticamente le conclusioni del tecnico, senza peraltro ponderarle con le
affermazioni contenute nella consulenza di parte.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
In generale, giova premettere che dalle disposizioni di cui all’art. 275 commi 4

può essere disposta, nè mantenuta, quando l’imputato è persona affetta da
malattia particolarmente grave incompatibile con lo stato di detenzione e,
comunque, tale da non consentire cure adeguate in ambiente carcerario. In
tal caso l’accertamento delle reali condizioni di salute dell’imputato e le
effettive possibilità di salvaguardarne la vita in un determinato ambiente
carcerario è di competenza del giudice, il quale, se una tale salvaguardia è
impossibile, deve disporre la sostituzione della custodia carceraria con altra
misura (Cass., sez. V, 9.12.03, n. 49442).
Nel caso di specie il Tribunale – vagliando le stesse doglianze oggi
nuovamente sottoposte all’esame di questa corte di legittimità- ha richiamato
nella propria decisione, con riguardo alle condizioni dell’indagato, la perizia di
ufficio dalla quale risulta chiaramente la compatibilità dello stato di salute del
ricorrente con il regime carcerario a cui è sottoposto; ha rimarcato come nella
stessa consulenza di parte si dia semplicemente atto dell’aggravarsi della
patologia di cui è affetto l’imputato atteso il carattere progressivo della stessa,
senza minimamente indicare rapporti di causalità con il regime carcerario; ha
precisato, quanto alle condizioni di vita carceraria, che la direzione dell’istituto
di detenzione si è preoccupata di concedere agevolazioni all’imputato, come
l’uso di un ascensore per facilitarne gli spostamenti, con ciò minimizzando il
disagio derivante dal regime restrittivo.
Deve inoltre osservarsi che in tema di misure cautelari personali, il
riconoscimento – in sede peritale o di consulenza tecnica – della necessità di
uno speciale regime di vita imposto dalle condizioni patologiche riscontrate
non determina di per sé uno stato di incompatibilità rilevante, ex art. 275,
comma 4, c.p.p., ai fini dell’operatività del divieto di custodia in carcere.
Invero, la valutazione della gravità delle condizioni di salute del detenuto e
della conseguente incompatibilità con il regime carcerario deve essere
effettuata sia in astratto, con riferimento ai parametri stabiliti dalla legge, sia
in concreto, con riferimento alla possibilità di effettiva somministrazione nel

bis, 4 ter e 4 quater c.p.p. emerge che la custodia cautelare in carcere non

circuito penitenziario delle terapie di cui egli necessita (Cass. Sez. VI, 15.6.11,
n. 25706). Così è avvenuto nel caso di specie, avendo ritenuto il Tribunale
compatibile con lo stato di malattia psichica del soggetto il regime carcerario,
evidenziando anche come le stesse consulenze di parte non affermino per
quali ragioni lo stato di sofferenza psichica dell’indagato sarebbe incompatibile
con il regime carcerario.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al

Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa
emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in euro 1000.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle
ammende. Si provveda ai sensi dell’art. 94, comma 1 ter disp. att. cod. proc.
pen.

Così deliberato il 5.2.2014

pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della

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