Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8053 del 05/02/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 8053 Anno 2014
Presidente: CASUCCI GIULIANO
Relatore: DI MARZIO FABRIZIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da Calabrese Antonino, nato il 1.2.1980, avverso la
ordinanza del Tribunale della libertà di Reggio Calabria del 31.7.2013. Sentita
la relazione della causa fatta dal consigliere Fabrizio Di Marzio; udita la
requisitoria del sostituto procuratore generale Maria Giuseppina Fodaroni, il
quale ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato. Udito il difensore
dell’imputato, avv.Francesco Calabrese il quale chiede accogliersi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe la sezione del riesame del Tribunale di Reggio
Calabria, decidendo sull’istanza di riesame proposta nell’interesse di Calabrese
Antonino avverso l’ordinanza emessa dal Gip presso quel tribunale in data
24.6.2013 – che aveva applicato al predetto la misura cautelare della custodia
in carcere per il delitto di estorsione tentata e aggravata dal metodo mafioso
– ha confermato l’ordinanza impugnata.
Nel ricorsoji contesta violazione dell’art. 606 comma 1° lett. c) in relazione
agli artt. 56, 629 cod. pen.; 273, 275 cod. proc. pen. e vizio di motivazione,
contestando in particolare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in

Data Udienza: 05/02/2014

ordine al delitto di tentata estorsione; e ciò esponendo una dettagliata critica
circa la rilevanza degli elementi istruttori acquisiti agli atti e l’interpretazione
che il tribunale ha ritenuto di fornirne (avanzando a tal riguardo critiche nel
metodo, essendosi limitato il tribunale ad una acritica ricezione del
ragionamento del gip, e nel merito, con riferimento alla concreta ricostruzione
dei fatti) e segnalando anche come a fronte della richiesta di aumento
stipendiale avanzata dall’interessato ai propri datori di lavoro, richiesta

sarebbe concretizzato il tentativo di estorsione, questi ultimi ebbero ad
opporre sempre un fermo rifiuto.
In punto di sussistenza delle esigenze cautelari, si critica che nel
provvedimento impugnato i giudici si siano limitati a confermare le stesse in
ragione, semplicemente, della ritenuta attuale operatività dell’associazione di
stampo mafioso nella cui attività si inquadrano le condotte contestate al
ricorrente, oltre che dall’assenza di qualsiasi elemento significativo di
attenuazione del quadro cautelare relativamente ai gravi reati contestati.
Ritiene il ricorrente che in tal modo il giudice non abbia tenuto conto della
sentenza della Corte costituzionale n. 57 del 2013, giacché si sarebbe limitato
a richiamare esclusivamente la necessità cautelare, senza svolgere nessun
giudizio di adeguatezza circa la misura in concreto applicata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide,
l’ordinamento non conferisce alla Corte di Cassazione alcun potere di revisione
degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo
spessore degli indizi, né alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche
soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze
cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti
rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta
l’applicazione della misura cautelare, nonché del tribunale del riesame. Il
controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò, circoscritto all’esclusivo
esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia
rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui
presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità: 1) – l’esposizione
delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto
al fine giustificativo del provvedimento. (cfr. Cass. Sez. 6^ sent. n. 2146 del
25.05.1995 dep. 16.06.1995 rv 201840 e, tra le più recenti, Cass. Sez. III,

peraltro assolutamente legittima, e nella quale secondo l’ipotesi accusatoria si

28.2.2012, n. 12763).
Inoltre il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze di riesame
dei provvedimenti restrittivi della libertà personale è diretto a verificare, da un
lato, la congruenza e la coordinazione logica dell’apparato argomentativo che
collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile colpevolezza
dell’indagato e, dall’altro, la valenza sintomatica degli indizi. Tale controllo,
stabilito a garanzia del provvedimento, non involge il giudizio ricostruttivo del

la rilevanza e la concludenza dei risultati del materiale probatorio, quando la
motivazione sia adeguata, coerente ed esente da errori logici e giuridici. In
particolare, il vizio di mancanza della motivazione dell’ordinanza del riesame
in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza non può essere
sindacato dalla Corte di legittimità, quando non risulti “prima facie” dal testo
del provvedimento impugnato, restando ad essa estranea la verifica della
sufficienza e della razionalità della motivazione sulle questioni di fatto. (Cass.
Sez. 1^ sent. n. 1700 del 20.03.1998 dep. 04.05.1998 rv 210566).
Non possono essere dedotte come motivo di ricorso per cassazione avverso
provvedimento adottato dal tribunale del riesame pretese manchevolezze o
illogicità motivazionali di detto provvedimento, rispetto a elementi o
argomentazioni difensive in fatto di cui non risulti in alcun modo dimostrata
l’avvenuta rappresentazione al suddetto tribunale, come si verifica quando
essa non sia deducibile dal testo dell’impugnata ordinanza e non ve ne sia
neppure alcuna traccia documentale quale, ad esempio, quella costituita da
eventuali motivi scritti a sostegno della richiesta di riesame, ovvero da
memorie scritte, ovvero ancora dalla verbalizzazione, quanto meno
nell’essenziale, delle ragioni addotte a sostegno delle conclusioni formulate
nell’udienza tenutasi a norma dell’art. 309, comma ottavo, cod. proc. pen. (v.
Cass. Sez. 1 sent. n. 1786 del 5.12.2003 dep. 21.1.2004 rv 227110).
Tanto precisato, sul caso di specie deve rilevarsi che, come anticipato in
narrativa, nel ricorso si sollecita una revisione degli elementi materiali e
fattuali delle vicende indagate, compreso lo spessore degli indizi: la qualcosa
esula dai poteri del giudice di legittimità.
Invece, in nessun modo si evidenziano violazione di legge né tantomeno vizi
di motivazione.
Invero, nella ordinanza impugnata il quadro indiziario risulta ricostruito in
maniera estremamente accurata. Innanzitutto, da pagina 6 a pagina 11, sono
riportati ampi stralci del provvedimento del gip circa l’esistenza della cosca

fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e

(denominata Nasone-Gaietti) e la sua piena operatività nel territorio; invece
da pagina 11 a pagina 29 si ricostruisce meticolosamente un grave quadro
indiziario a carico dell’indagato (operaio presso l’impresa nei cui confronti si è
svolta la vicenda estorsiva nelle forme della richiesta di un immotivato e
consistente aumento stipendiale al fine di reperire fondi per sostenere la
famiglia di un detenuto), riportando stralci del provvedimento del gip sempre
sottoposti ad attento vaglio critico da parte dei giudici del riesame.

applicativa della misura, a cui il tribunale fa rinvio non essendo stata in quella
sede mossa specifica contestazione da parte della difesa. Nella stessa, infatti,
alle p. 187 ss., e specificamente a p. 192, si chiarisce come non siano
rinvenibili in atti specifici elementi dai quali possa desumersi l’adeguatezza di
misure diverse da quella di massimo rigore; mentre il passato criminale
dell’indagato dimostra una personalità insofferente al rispetto di regole e
prescrizioni, facendo apparire inadeguata la misura degli arresti domiciliari.
Ne deriva l’inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della
Cassa delle ammende.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle
ammende. Si provveda a norma dell’art. 94, comma 1 ter disp. att. cod. proc.
pen.

Così deliberato il 5.2.2014

Sulle esigenze cautelari appare esaustiva la motivazione resa nell’ordinanza

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