Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8050 del 02/02/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 8050 Anno 2016
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: MOGINI STEFANO

SENTENZA

Sui ricorsi proposto da
Sali Dorian, nato in Albania il 26.4.1984
Chukwumah Obi Franca, nata in Nigeria il 12.6.1969
Ekweme Blessing, nato in Nigeria il 23.12.1969
Di Pasquale Marco, nato a Giulianova (TE) il 20.11.1970
Vatuku Renaldo, nato in Albania il 16.12.1985
Ogbu Basi! Ema, nato in Nigeria il 29.10.1968
Di Giorgio Guerino, nato a Giulianova (TE) il 4.4.1971

avverso la sentenza n. 2991 pronunciata dalla Corte d’Appello di L’Aquila
1’8.10.2014
visti gli atti, il provvedimento denunziato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Stefano Moginí;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Alfredo Pompeo Viola, che ha concluso chiedendo, per Chukwumah,
qualificata l’impugnazione come istanza di restituzione in termini, trasmissione
degli atti alla Corte di Appello di L’Aquila e l’inammissibilità dei residui ricorsi;
uditi gli avvocati Antonio Di Gaspare, di fiducia per Vatuku e Dorian, nonché, su
delega dell’avvocato Carlo Piersantelli, per Ogbu Basil Ema e, su delega
dell’avvocato Alessandro Angelozzi, per Ekweme Blessing, Leonardo Arnese, per
Di Giorgio, e Giuseppe Campanelli, per Chukwumah, i quali hanno insistito per
l’accoglimento dei rispettivi ricorsi.

Data Udienza: 02/02/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Sali Dorian, Chukwumah Obi Franca, Ekweme Blessing, Di Pasquale Marco,
Vatuku Renaldo, Ogbu Basil Ema e Di Giorgio Gueríno ricorrono per mezzo dei
rispettivi difensori di fiducia avverso la sentenza in epigrafe, con la quale la Corte
d’Appello di L’Aquila ha, per quanto di interesse, in parziale riforma della

a) rideterminato la pena inflitta a Di Giorgio Guerino, a lui concesse le attenuanti
generiche equivalenti alla contestata recidiva, in anni nove di reclusione ed Euro
30.000 di multa relativamente ai reati di cui all’art. 73 D.P.R. 309/1990 relativi
alla cessione di 598,74 grammi netti di eroina a Stranieri Giuliano, Vatuku
Renaldo e Sali Dorian (capo A), alla cessione in più circostanze a Marconi Andrea
di complessivi 1,4 chili circa di cocaina (capo D), alla cessione in più circostanze
a Marconi Luca di 1/2 grammi di cocaina (capo E), alla cessione in più circostanze
a Di Pasquale Marco di eroina, con l’aggravante di aver ceduto o comunque
offerto la sostanza in prossimità del Ser.T. di Giulianova (capo M);
b) rideterminato la pena inflitta a Ogbu Basil Ema e a Ekweme Blessing,
concesse a entrambi le attenuanti generiche, in anni cinque di reclusione ed euro
20.000 di multa ciascuno in ordine al reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 73
D.P.R. 309/1990 a loro ascritto, in concorso tra loro e con Chukwumah Franca
Obi, per avere detenuto e offerto in vendita 200/300 grammi di cocaina a un
agente di polizia giudiziaria sotto copertura (capo I);
c) confermato le condanne inflitte in primo grado a Vatuku Renaldo e Sali Dorian
per aver acquistato 598,74 grammi netti di eroina (capo A);
d) confermato le condanne inflitte in primo grado a Di Pasquale Marco in ordine
al reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 73 D.P.R. 309/1990 a lui ascritto, in
concorso con Ciotti Cinzia, per avere detenuto e ceduto a terzi in più circostanze
dosi di eroina pari a 1 grammo ciascuna (capi N e O);
e) rigettato l’appello del pubblico ministero in ordine all’assoluzione, tra gli altri,
di Chukwumah Franca Obi in ordine al reato contestato al capo P della rubrica, in
primo grado la Chukwumah Franca Obi, non appellante, essendo stata
condannata in ordine ai reati di cui agli artt. 110 cod. pen. e 73 D.P.R. 309/1990
(detenzione e cessione di cocaina) a lei ascritti ai capi H e I dell’imputazione.

2. Sali Dorian e Vatuku Renaldo censurano l’impugnata sentenza
lamentando:
a) Vizi di motivazione in punto di affermazione della loro penale responsabilità in
ordine al reato di cui al capo A. I giudici di merito sarebbero pervenuti a decisioni
2

sentenza pronunciata dal Tribunale di Teramo il 17.1.2013:

di condanna esclusivamente sulla base delle contraddittorie dichiarazioni del
coimputato Guerino Di Giorgio, senza indicare alcun valido riscontro e senza
tener conto dei molteplici aspetti inverosimili della ricostruzione dei fatti proposta
dal Di Giorgio, anche in relazione al ruolo dei ricorrenti, che il coimputato indica
come venditori della sostanza e la sentenza qualifica come acquirenti. I ricorrenti
non sarebbero tra l’altro mai entrati in possesso dello stupefacente in questione,
di fatto pari a circa mezzo chilo di cocaina, anziché cinque chili e mezzo di

fatto che i due ricorrenti, dopo essersi soffermati in prossimità del cantiere ove
era stata celata la partita di droga, proseguirono senza fermarsi pur senza aver
notato la presenza degli inquirenti. La conclusione di un accordo tra il Di Giorgio
e i ricorrenti affermata dalla Corte territoriale sarebbe dunque una semplice,
indimostrata congettura, anche perché il Vatuku aveva abituale accesso
all’abitazione del Di Giorgio a causa del rapporto di affinità instaurato a seguito
del matrimonio con la sorella di quest’ultimo.
b) Violazione di legge con riferimento all’art. 56 cod. pen., poiché, a tutto voler
concedere, lo stupefacente in questione non è mai stato consegnato né pagato e
i ricorrenti potrebbero aver avuto la semplice intenzione di acquistarlo, non
seguita da concreta realizzazione. Allontanandosi dal luogo in cui la cocaina era
nascosta, i ricorrenti avrebbero posto in essere una desistenza volontaria
rilevante ai sensi dell’art. 56, comma 3, cod. pen., mentre resterebbe
penalmente irrilevante una eventuale, precedente proposta di acquisto.
c) Violazione di legge e mancanza di motivazione con riferimento al diniego delle
attenuanti generiche, nonostante la giovane età, l’incensuratezza dei ricorrenti, il
mancato perfezionamento della cessione e la mancata apprensione dello
stupefacente avrebbero dovuto indurre la Corte territoriale a diversa conclusione
sul punto.

3.

Chukwumah Obi Franca censura, coll’avv. Campanelli la sentenza

impugnata nella parte in cui rigetta:
a) l’istanza della ricorrente, presentata il 5.8.2014 con memoria ex art. 121 cod.
proc. pen. dell’avv. Lazzaro, volta ad ottenere l’annullamento delle statuizioni
della sentenza di primo grado che la riguardano, con conseguente restituzione
degli atti al Tribunale di Teramo per nuovo giudizio, essendo il decreto di
citazione a giudizio dinanzi al Tribunale, l’estratto contumaciale della sentenza di
primo grado e l’atto di appello del pubblico ministero stati notificati ex art. 161,
comma 4, cod. proc. pen. a mani del precedente difensore di fiducia, avv. Di
Nanna, sull’erroneo presupposto dell’irreperibilità della ricorrente nel domicilio da
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sostanza indicati dal coimputato. La sentenza impugnata non giustifica inoltre il

lei dichiarato in sede di interrogatorio di garanzia. Appare evidente dalla notifica
del decreto del GUP del Tribunale di Teramo che disponeva il giudizio, effettuata
una seconda volta il 27.11.2013 (con riferimento ad udienza tenutasi due anni
prima, il 5.5.2011) presso il domicilio a suo tempo dichiarato, che la ricorrente
era reperibile in loco anche nel febbraio 2011, nel maggio e nel giugno 2013,
quando era stata tentata senza successo la notifica, rispettivamente, del decreto
di citazione a giudizio, dell’estratto contumaciale della sentenza di primo grado e

proposto dal pubblico ministero avverso i due capi di imputazione rispetto ai
quali il Tribunale l’aveva mandata assolta, ha precluso il formarsi del giudicato su
tutti i fatti contestati alla ricorrente e che essa non era stata quindi a conoscenza
del processo a suo carico, sicché non aveva avuto la possibilità di difendersi
dinanzi al Tribunale, né successivamente di proporre appello avverso la sentenza
di condanna di primo grado per i capi di imputazione (H e I) per i quali era stata
ritenuta colpevole.
Lamenta dunque violazione di legge, con riferimento agli artt. 159, 160, 175 cod.
proc. pen., 13, 24 e 11 Cost. e 6 CEDU, e mancanza di motivazione circa il
diniego della declaratoria di nullità del decreto di irreperibilità emesso nei suoi
confronti il 4.2.2011 dal GUP del Tribunale di Teramo senza il previo esperimento
delle necessarie, vane ricerche, nonché avverso la richiesta di restituzione in
termini.

4. Di Giorgio Guerino ricorre per mezzo del difensore di fiducia, avv.
Leonardo Arnese, avverso la sentenza impugnata, deducendo:
a) con riferimento al reato di cui al capo A dell’imputazione, omessa valutazione
della sua condotta collaborativa nel corso delle indagini e del processo e
conseguente, ingiustificato diniego del “ravvedimento attivo” del ricorrente e del
trattamento premiale di cui all’art. 8 D.L. 152/1991, nonché dell’attenuante di
cui all’art. 73, comma 7, D.P.R. 309/1990;
b) sempre con riferimento al reato di cui al capo A dell’imputazione, mancata
considerazione dell’identità della posizione del ricorrente rispetto a quella della
moglie convivente e coimputata, Di Rocco Marisa, che dallo stesso reato è
risultata assolta;
c) con riferimento ai capi D e E dell’imputazione, erronea valutazione delle
testimonianze rese da Marconi Andrea, tale Falone e Di Pasquale Marco in ordine
allo stato di tossicodipendenza del ricorrente e del comune approvvigionamento
di droga nella città di Pescara;

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dell’atto d’appello del pubblico ministero. Assume a tale riguardo che l’appello

d) con riferimento ai reati di cui al capo M dell’imputazione, lacuna motivazionale
comportante la nullità della sentenza di primo grado poiché la moglie convivente
Di Rocco Marisa è stata assolta dall’accusa di concorso nei suddetti reati, allorché
sulla base delle testimonianze rese da Marconi Luca, Marconi Andrea e Di
Pasquale Marco “anche il Sig. Di Giorgio Guerino rimaneva confinato in ambiti
estremamente periferici, di certo marginali, tanto quanto quelli, ossia uguali,
anzi identici, in cui rimaneva la moglie convivente Sig.ra Di Rocco Marisa”, con

grado ed “emergenza del vizio di ingiustizia sostanziale della stessa pronuncia”,
nonché “completa ed ingiustificata trascuranza dello stato di cronica
tossicodipendenza in cui versava il Sig. Di Giorgio Guerino”, che acquistava
droga solo per uso personale.

5. Ekwenne Blessing propone per mezzo del proprio difensore di fiducia un
unico motivo di ricorso, col quale lamenta omessa motivazione in relazione al
diniego da parte della Corte territoriale dell’attenuante della minima
partecipazione di cui all’art. 114 cod. proc. pen., concedibile in considerazione
della circostanza che la ricorrente, bambinaia dei figli della coimputata
Chukwumah, era inserita occasionalmente nel contesto in cui si sono svolti i fatti
a lei addebitati.

6. Ogbu Basil Ema censura la sentenza impugnata deducendo:
a) Travisamento della testimonianza del Maresciallo Gentile, agente sotto
copertura, il quale riferisce dell’offerta di stupefacente a lui formulata da parte
del ricorrente. La relativa conversazione si sarebbe svolta in nigeriano, unica
lingua all’epoca conosciuta dal ricorrente, e non è stata oggetto di traduzione,
sicché priva di giustificazione risulterebbe la sentenza impugnata che fonda su
tale conversazione e su quell’offerta (relativa a 200/300 grammi di cocaina) il
giudizio di responsabilità, nonché la mancata qualificazione della condotta nella
fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, D.P.R. 309/1990 e il diniego
dell’attenuante di cui all’art. 114 cod. pen., oggetto di gradate richieste difensive
in appello. La Corte territoriale avrebbe inoltre omesso qualsivoglia motivazione
in ordine al riferimento del Maresciallo Gentile al giorno 6.4.2007 quale data di
commissione del reato, invero contestato come commesso il 14.4.2007. Il teste
confonde la data in cui ha ricevuto l’offerta con il giorno in cui è avvenuta
l’identificazione dell’Ogbu da parte dei vigili urbani. Poiché la presenza dell’Ogbu
nell’abitazione della Chukwumah, ove avvenne l’offerta, è documentata

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conseguente ingiustificata, diversa valutazione del materiale probatorio di primo

solamente il giorno 14.4.2007, il soggetto che offrì la cocaina doveva
necessariamente essere un connazionale del ricorrente.
b) Violazione degli artt. 132, 133 e 114 cod. pen. e difetto di motivazione circa la
quantificazione, eccessiva, della pena irrogata e il diniego dell’attenuante della
minima partecipazione concorsuale.

7. Marco Di Pasquale ricorre per mezzo del difensore di fiducia lamentando

Corte territoriale pervenuta al giudizio di colpevolezza “per il solo fatto che sono
state dichiarate cessioni di sostanze stupefacenti, prive di ogni riscontro”. La
sentenza impugnata mancherebbe inoltre di qualsivoglia motivazione in ordine
alla mancata concessione delle attenuanti generiche e al procedimento in base al
quale è stata determinata la pena finale, non essendo tra l’atro stati espressi i
criteri seguiti per la commisurazione dei singoli aumenti di pena per la
riconosciuta continuazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Tutti i ricorsi sono inammissibili.
1.1. Inammissibile, poiché non si confronta con la sentenza impugnata e
manifestamente infondato, deve ritenersi il ricorso proposto nell’interesse di Sali
Dorian e Vatuku Renaldo. Contrariamente agli assunti dei ricorrenti, i giudici di
merito sono pervenuti a conformi decisioni di condanna a seguito di un’attenta
valutazione critica del narrato del coimputato Di Giorgio, condotta tra l’altro sulla
base delle attività di osservazione e delle testimonianze degli agenti e ufficiali di
p.g. operanti e, soprattutto, dalla precisa ricostruzione degli accordi intercorsi tra
i ricorrenti e il Di Giorgio operata sulla base delle dichiarazioni del coimputato
Stranieri. Da tali ultime dichiarazioni – estesamente riportate nella sentenza di
primo grado (p. 5 e ss.), puntualmente richiamate in quella d’appello (p. 17 e s.;
p. 20) e compiutamente valutate da entrambi i giudici di merito – risulta tra
l’altro pienamente confermata l’avvenuta cessione ai due ricorrenti da parte del
Di Giorgio del mezzo chilo circa di eroina oggetto del capo A dell’imputazione,
sicché privi di pregio devono ritenersi i primi due motivi di ricorso.
Manifestamente infondato è poi anche il terzo motivo di ricorso, rinvenendosi
nella sentenza impugnata giustificazione del tutto adeguata del diniego delle
attenuanti generiche invocate dai due ricorrenti (p. 20, con riferimento alla
quantità e qualità dello stupefacente sequestrato e alla quantificazione nel

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con unico motivo di ricorso violazione di legge e vizi di motivazione, per essere la

minimo edittale del trattamento sanzionatorio in considerazione degli elementi
valorizzati dai ricorrenti, anche nel ricorso in esame).

2. Non consentito, e comunque manifestamente infondato, è il ricorso
proposto nell’interesse di Chukwumah Obi Franca. Nei confronti della ricorrente,
non appellante, è infatti regolarmente passata in giudicato la sentenza di
condanna di primo grado in ordine ai reati a lei ascritti ai capi H e I

investita della questione a mezzo di memoria presentata ex art. 121 cod. proc.
pen., dagli atti risulta che – a seguito di rituali tentativi di notifica, presso il
domicilio dichiarato dalla ricorrente in sede di interrogatorio di garanzia, non
andati a buon fine per l’irreperibilità in loco dell’interessata – sia il decreto di
citazione a giudizio dinanzi al Tribunale che l’estratto contumaciale della
sentenza di primo grado vennero notificati, ex art. 161, comma 4, cod. proc.
pen., mediante consegna a mani del difensore di fiducia avvocato Di Nanna. In
entrambi i casi, le notifiche sono dunque state realizzate nelle forme previste
dalla legge nel caso in cui l’imputato, assistito da difensore fiduciario, non sia
stato rintracciato nel domicilio da lui formalmente dichiarato all’autorità
giudiziaria. Da un lato, dunque, il decreto di irreperibilità della Chukwumah
emesso dal GUP del Tribunale di Teramo il 4.2.2011, non ha prodotto alcun
effetto, e, dall’altro, la circostanza che tale decreto sia stato (inopinatamente,
per evidente errore materiale degli uffici) notificato a mani della ricorrente il
27.11.2013 presso il domicilio a suo tempo dichiarato è del tutto priva di
capacità dimostrativa del fatto che la stessa ricorrente fosse reperibile in loco
anche nel febbraio 2011, nel maggio e nel giugno 2013, quando era stata
tentata – sempre senza successo – la notifica, rispettivamente, del decreto di
citazione a giudizio, dell’estratto contumaciale della sentenza di primo grado e
dell’atto d’appello del pubblico ministero, con conseguente, formale
constatazione di irreperibilità da parte della polizia giudiziaria e dell’addetto
postale operanti.
Il Collegio ricorda inoltre che anche una notifica irregolarmente effettuata presso
il difensore, in costanza di rapporto fiduciario, non è di per sé astrattamente
inidonea ad assolvere la propria funzione comunicativa. Resta la possibilità che in
un singolo caso concreto l’informazione non sia stata trasmessa, per negligenza
o dolo del professionista, per dolo o negligenza dell’interessato, ovvero per causa
di forza maggiore. Ma la giurisprudenza di questa Corte ha posto in rilievo a tale
riguardo il dovere generale dei difensori di attivarsi per l’informazione verso gli
assistiti e l’onere per colui che sappia di essere assoggettato ad un giudizio
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dell’imputazione. Come correttamente evidenziato dalla Corte territoriale,

penale di restare reperibile per il proprio difensore. Il rilievo vale sul piano della
meritevolezza della tutela evocata (la nullità delle notifiche in questione), ma
prima ancora al fine di delineare un “modello” di credibile deduzione del
malfunzionamento (così, da ultimo, Sez. 6, n. 1668 del 16.11.2014, Colucci, che
opera un’esaustiva ricostruzione della giurisprudenza di legittimità e di quella
costituzionale): una deduzione che, come nel caso di specie, non prospetti
alcuna causa in grado di neutralizzare le aspettative connesse alla fisiologia del

in ogni caso, all’inammissibilità.
Il Collegio osserva, infine, che la presentazione da parte dell’imputato dinanzi al
giudice d’appello di una, in quella sede ricevibile, memoria ex art. 121 cod. proc.
pen. non equivale né ad atto d’appello, né ad istanza di rimessione in termini ex
art. 175, comma 2, cod. proc. pen., sicché il ricorso per cassazione proposto
dalla Chukwumah non appare suscettibile di conversione in siffatta istanza.

3. Tutti i motivi di ricorso proposti nell’interesse di Di Giorgio Guerino sono
pure inammissibili. Essi rappresentano infatti la letterale riproduzione dei motivi
d’appello e non si confrontano in alcun modo con la motivazione della sentenza
impugnata, la quale ha offerto puntuale e del tutto adeguata risposta a quelle
doglianze, tutte sconfinanti nel merito (pp. 17-20).

4. È manifestamente infondato anche il ricorso proposto nell’interesse di
Ekwenne Blessing. La sentenza impugnata giustifica infatti in modo congruo il
diniego dell’attenuante della minima partecipazione, richiamando allo scopo
modalità del fatto compiutamente descritte e motivando, sulla base del limitato
apporto fornito dalla ricorrente, la concessione in suo favore delle attenuanti
generiche (p. 21).

5.

Privo di qualsivoglia pregio è il ricorso di Ogbu Basi! Ema. Nel richiamare

l’inequivoco tenore della testimonianza dell’agente sotto copertura Maresciallo
Gentile, la sentenza impugnata, che sul punto opera preciso riferimento a quella
di primo grado, dimostra che quest’ultimo non aveva avuto alcun dubbio circa
l’offerta di cocaina realizzata dal ricorrente. La certa identificazione dell’Ogbu
risulta nell’occasione dall’accertamento compiuto con un espediente dai vigili
urbani intervenuti, tale dato non essendo smentito dall’impreciso riferimento
temporale che il teste ha espresso nel corso dell’escussione dibattimentale.
Quanto al secondo motivo di ricorso, valgono anche per l’Ogbu le considerazioni
sopra svolte per l’Ekweme. La sentenza impugnata giustifica infatti in modo
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rapporto fiduciario e non alleghi idonei elementi di conferma, si condanna quindi,

congruo il diniego dell’attenuante della minima partecipazione, richiamando allo
scopo modalità del fatto compiutamente descritte e motivando, sulla base del
limitato apporto fornito dal ricorrente, la concessione in suo favore delle
attenuanti generiche (p. 21).

6. Il ricorso proposto nell’interesse di Marco Di Pasquale rappresenta la
riproposizione di censure di merito alle quali la sentenza impugnata ha offerto

corretta valutazione della testimonianza Di Giovanni, della quale viene motivata
la piena credibilità. Contrariamente agli assunti del ricorrente, la Corte
territoriale ha poi puntualmente motivato il diniego delle attenuanti generiche
attraverso il preciso riferimento ai suoi plurimi, anche specifici, precedenti penali,
correttamente ritenuti idonei a giustificare il trattamento sanzionatorio in
concreto applicato. A tale proposito, il Collegio osserva che pur affermandosi la
penale responsabilità del ricorrente per sette episodi di cessione di stupefacenti
al Di Giovanni, i giudici di merito non hanno applicato alcun aumento della pena
base per la contestata continuazione, sicché anche sotto questo profilo il ricorso
si palesa inconferente rispetto alla decisione impugnata.

All’inammissibilità dei ricorsi conseguono a carico dei ricorrenti le pronunce di cui
all’art. 616 cod. proc. pen..

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno a quello della somma di Euro mille in favore
della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma il 2/2/2016.

risposta del tutto adeguata e priva di vizi logici e giuridici, fondata su una

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