Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8048 del 05/02/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 8048 Anno 2014
Presidente: CASUCCI GIULIANO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Pennestrì Fortunato, nato a Reggio Calabria il 17/06/1975;
Pennestrì Salvatore, nato a Reggio Calabria il 15/05/1990;
avverso l’ordinanza del 26/08/2013 del Tribunale di Reggio Calabria;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Piercamillo Davigo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Maria
Giuseppina Fodaroni, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato
inammissibile.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 12.3.2013 il Tribunale di Reggio Calabria aveva
sospeso i termini di custodia cautelare per la complessità del procedimento.

2. Gli imputati proposero appello ma il Tribunale di Reggio Calabria, con
ordinanza del 26.10.2013 rigetto l’impugnazione.

3. Ricorrono per cassazione gli imputati, a mezzo del difensore, deducendo:

Data Udienza: 05/02/2014

1. violazione della legge processuale e vizio di motivazione in quanto il
Tribunale della libertà si sarebbe limitato a recepire le argomentazioni del
primo giudice; non sarebbe possibile far ricadere sui singoli imputati le
più generali carenze degli apparati giudiziari, ma sarebbero rilevanti solo
le esigenze di carattere endoprocessuale; la complessità del dibattimento
è concetto distinto dalla gravità delle imputazioni; non è stato
previamente sentito il difensore siccome assente;
2. violazione della legge processuale in relazione al capo Ti ascritto a
Pennestrì Salvatore in quanto per tale capo, non aggravato ai sensi

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La particolare complessità del dibattimento, che consente la sospensione dei
termini di durata massima della custodia cautelare, va apprezzata con
riferimento alla fase dibattimentale nella sua interezza, e non già alla sola
frazione residua ancora da celebrare. (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4435 del
14/01/2009 dep. 02/02/2009 Rv. 242799, citata nel ricorso nonostante affermi
tesi contraria a quella proposta).
Questa Corte ha inoltre affermato che il provvedimento di sospensione dei
termini di custodia cautelare per la particolare complessità del giudizio ben può
prendere in considerazione le esigenze connesse ai carichi di lavoro dell’organo
giudicante e dei magistrati che lo compongono, valutando così, quali ragioni
estrinseche al processo, anche l’eventuale impiego di questi ultimi in altri
complessi dibattimenti o comunque in altre attività giudiziarie. (Cass. Sez. 2,
Sentenza n. 27022 del 06/04/2011 dep. 11/07/2011 Rv. 250886).
L’ordinanza impugnata e quella di primo grado sono state adottate in
conformità di tali criteri.
Il provvedimento è stato adottato in udienza sicché è irrilevante l’assenza del
difensore che, evidentemente, era sostituito.

2. Il secondo motivo di ricorso è generico e proposto in carenza di interesse.
Nell’ipotesi in cui la restrizione dello “status libertatis” debba protrarsi per
altro reato più grave, l’imputato non ha interesse ad ottenere un provvedimento
di scarcerazione per decorrenza dei termini massimi di fase della custodia
cautelare in ordine al reato meno grave, salvo che prospetti l’esistenza di un
interesse concreto ed attuale all’adozione di tale pronuncia. (Cass. Sez. 6,
Sentenza n. 2721 del 08/01/2009 dep. 21/01/2009 Rv. 242587).

2

dell’art. 7 legge n. 203/1991 erano già spirati i termini di custodia.

Tale interesse, eventualmente sussistente, non è stato prospettato nel
motivo di ricorso.

3. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, gli imputati che lo hanno proposto devono essere
condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi
profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – ciascuno al
pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille euro, così

Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà dei
ricorrenti, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1 ter, delle disposizioni
di attuazione del codice di procedura penale – che copia della stessa sia
trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui gli indagati trovansi
ristretto perché provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis del citato articolo
94.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno al versamento della somma di euro mille alla Cassa
delle ammende.
Si provveda ai sensi dell’art. 94 comma 1 ter disp. att. cod. proc. pen.

Così deciso il 05/02/2014.

equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

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