Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8047 del 05/02/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 8047 Anno 2014
Presidente: CASUCCI GIULIANO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:
Dombrovschi Victor, nato a Bucarest (Romania) il 30.8.1953;
Pileri Sergio, nato a 28/11/1959;
Ecorec S.A. in persona del legale rappresentante Dombrovschi Victor;
avverso l’ordinanza in data 23/09/2013 del Tribunale di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Piercamillo Davigo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Maria
Giuseppina Fodaroni, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi proposti da
Dombrevschi Victor e Pileri Sergio e la dichiarazione di inammissibilità del ricorso
proposto da Ecorec S.A.;
uditi i difensori:
per Pileri l’avv. Giuseppe De Luca;
per Dombrovschi e per Ecorec S.A. l’Avv. Giovanni Liotti
che hanno concluso chiedendo l’accoglimento dei ricorsi proposti dagli indagati e
dalla società.

Data Udienza: 05/02/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 4.6.2013 il G.I.P. del Tribunale di Roma dispose il
sequestro preventivo nei confronti di Dombrovschi Victor, Pileri Sergio e della
terza interessata Ecorec S.A. (società di diritto rumeno) in persona del legale
rappresentante Dombrovschi Victor, indagati in relazione al tentativo di
riciclaggio di beni compendio del delitto di intestazione fittizia di cui all’art. 12
quinquies legge n. 356/1991.

riesame ed il Tribunale di Roma, con ordinanza del 23.9.2013 dichiarò
inammissibile l’impugnazione proposta dal terzo interessato Ecorec S.A. e
confermò il provvedimento impugnato da Dombrovschi Victor e Pileri Sergio.

3. Ricorrono per cassazione Dombrovschi Victor e Pileri Sergio, tramite i
rispettivi difensori, con distinti atti di identico contenuto, nonché Ecorec S.A. in
persona del legale rappresentante Dombrovschi Victor.

Dombrovschi Victor e Pileri Sergio, con i due distinti ricorsi di identico
contenuto (a ciascuno dei quali è allegato un cd contenente i documenti prodotti
dalla difesa al Tribunale del riesame) deducono:
1. violazione dell’art. 16 cod. proc. pen. in quanto il reato oggetto del
presente procedimento sarebbe connesso sotto il profilo della
continuazione con quelli oggetto del procedimento pendente innanzi
all’Autorità giudiziaria di Palermo; ciò sarebbe desumibile dalle note dei
Carabinieri del N.O.E.; la stessa ordinanza impugnata, in più punti,
ammette l’esistenza della continuazione, fra cui le intercettazioni fra i
correi dal 2003 ad oggi; sarebbe irrilevante la diversa fase in cui si
trovano i procedimenti;
2. violazione dell’art. 268 comma 3 e dell’art. 271 cod. proc. pen. essendo
state effettuate le intercettazioni presso la sala ascolto della Procura della
Repubblica presso il Tribunale dell’Aquila, nonostante il trasferimento del
procedimento a Roma; l’applicazione di un magistrato della Procura della
Repubblica presso il Tribunale dell’Aquila alla Procura della Repubblica
presso il Tribunale di Roma fornirebbe vigore alla tesi difensiva;
3. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla omessa
valutazione in concreto del fumus del reato, omettendo di valutare gli
elementi a discarico e le argomentazioni svolte dalla difese inerenti anche
alla legittimità dell’aumento di capitale di Agenda 21 S.A.; al
mantenimento del controllo di Sirco S.p.A. in Agenda 21 S.A. a seguito

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2. Dombrovschi Victor, Pileri Sergio ed Ecorec S.A. proposero istanza di

dell’aumento di capitale; alla legittimazione di Pileri Sergio alla
sottoscrizione del biglietto d’ordine; alla legittimità del finanziamento
erogato da Dombrovschi Victor alla Ecorec S.A.; alla legittimità della
procedura di vendita all’asta ed all’aggiudicazione di Alzalea; alla
legittimità degli accordi sottoscritti tra Dombrovschi Victor, Pileri Sergio e
Pileri Giuseppe; all’esistenza di due giudicati dell’Autorità giudiziaria
rumena sui fatti per i quali procede l’Autorità giudiziaria italiana; la difesa
ha prodotto copiosa documentazione (circa 800 pagine); il Tribunale non
avrebbe valutato i provvedimenti assunti dalla Procura della Repubblica

impugnata la responsabilità degli indagati deriverebbe dalla sentenza di
condanna definitiva di Ciancimino Massimo, secondo la quale il capitale da
questi riciclato sarebbe stato poi reinvestito sotto forma di finanziamento
nella Ecorec S.A. in Romania; il procedimento n. 902/2009 Mod. 45 della
Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, poi archiviato in
data 1.2.2012, che faceva riferimento agli atti trasmessi dalla Corte
d’appello di Palermo su tale ipotesi; il P.M. di Palermo, previa
archiviazione del fascicolo mod. 45, ne dispose la riunione al
procedimento n. 9054/2007 R.G.N.R. del quale chiese l’archiviazione in
data 1.9.2011; il Tribunale non avrebbe valutato la documentazione
prodotta dalla difesa relativa all’acquisto da Dombrovschi Victor delle
azioni della Ecorec S.A. ed i documenti comprovanti l’inesistenza di
finanziamenti tra Agenda 21 S.A. ed Ecorec S.A.; il Tribunale non avrebbe
valutato la legittimità dell’aumento di capitale di Agenda 21 S.A., la
legittimità dell’omessa sottoscrizione di Sirco S.p.A. e la inesistente
perdita di controllo di Agenda 21 S.A. da parte di Sirco S.p.A., smentita
dal documento n. 4, dal quale si evince che la partecipazione di Sirco, pur
ridotta al 25,5% rimaneva necessaria e vincolante per tutti i soci; non vi
sarebbe in atti nessuna conversazione informativa fra Ciancimino
Massimo e Pileri Sergio, come si evince dallo schema riportato
nell’informativa N.O.E. 1.10.2012; il Tribunale non avrebbe valutato, sulla
base della documentazione prodotta, la legittimità del finanziamento,
dell’azione esecutiva, della vendita all’asta pubblica e delle successive
azioni contestate agli indagati; il Tribunale ha ritenuto che gli indagati
avrebbero creato l’indebitamento di Agenda 21 S.A. in favore di
Dombrovschi Victor, la situazione di illiquidità di Agenda 21 S.A. con
conseguente azione esecutiva promossa da Dombrovschi Victor; gli
elementi prodotti dalla difesa smentirebbero l’assunto; il Tribunale non
avrebbe valutato il comportamento di Valente Raffaele nei confronti di
Dombrovschi Victor successivamente all’aggiudicazione dell’asta pubblica;

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A

presso il Tribunale di Palermo, prodotti dalla difesa; secondo l’ordinanza

il Tribunale non ha valutato i giudicati penali rumeni (documenti n.
46/49).

Con nota depositata il 31.1.2014 il difensore di Pileri Sergio produceva
documentazione.

Ecorec S.A. deduce violazione dell’art. 182 cod. proc. civ., come modificato
dalla legge n. 69/2009 in quanto il Tribunale, avendo rilevato un difetto di
rappresentanza, assistenza o autorizzazione, avrebbe dovuto rimettere in termini

Con motivi nuovi, presentati all’odierna udienza, Dombrovschi Victor, in
proprio e quale legale rappresentate di Ecorec S.A., tramite il difensore, deduce
l’incompetenza territoriale del Tribunale di Roma appartenendo la stessa al
Tribunale di Palermo, in quanto i fatti si sarebbero verificati all’estero con
conseguente applicabilità del criterio di competenza territoriale di cui all’art. 10
comma 2 cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo dei motivi di ciascuno dei ricorsi proposti dagli indagati è
manifestamente infondato e generico.
La continuazione è idonea a determinare lo spostamento della competenza
per connessione ai sensi dell’art. 12, lett. b), cod. proc. pen., solo se l’episodio in
continuazione riguarda lo stesso o, se sono più d’uno gli stessi imputati. (Cass.
Sez. 1, Sentenza n. 24583 del 28/05/2009 dep. 15/06/2009 Rv. 243821).
Nel caso in esame nei motivi di ricorso non è neppure precisato nei confronti
di quali indagati sarebbe ravvisabile un medesimo disegno criminoso, posto che
oltre ai ricorrenti, secondo l’ordinanza impugnata, risultano indagati Tronci
Romano, Valenti Raffaele, Pileri Giuseppe, Rizzi Nunzio, oltre a Sidoti Santa
(deceduta).

2. Il secondo dei motivi di ciascuno dei ricorsi proposti dagli indagati è
manifestamente infondato.
Sono utilizzabili i risultati delle intercettazioni nel caso in cui le operazioni di
ascolto siano state eseguite presso gli impianti installati in una Procura della
Repubblica diversa da quella che ha richiesto e disposto la relativa attività di
intercettazione, trattandosi di una forma di collaborazione tra uffici del P.M. che
può essere inquadrata tra le attività delegabili ai sensi dell’art. 370, comma
terzo, cod. proc. pen. (Cass. Sez. 6, Sentenza n. 35769 del 02/04/2007 dep.
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la società ricorrente.

28/09/2007 Rv. 238106. Nel caso di specie, l’attività di intercettazione disposta
dalla Procura della Repubblica di Napoli è stata materialmente eseguita presso gli
impianti delle Procure di Frosinone e di Cassino, nel cui ambito territoriale si
trovavano alcune delle persone da sottoporre a controllo).
Nel caso in esame il decreto citato per estratto nel ricorso fa espresso
riferimento anche al travaso di dati dal server in relazione alle precedenti
intercettazioni, così facendo implicitamente riferimento alla collaborazione fra
diverse Procure della Repubblica.

manifestamente infondato e proposto al di fuori dei casi consentiti.
Con tali motivi, sia pure anche con richiamo alla violazione di legge si
deduce in buona sostanza vizio di motivazione sotto il profilo della mancata
valutazione della documentazione prodotta dalla difesa e si tenta di sottoporre a
questa Corte un giudizio di merito, non consentito neppure alla luce della
modifica dell’art. 606 lettera e) cod. proc. pen. introdotta con L. n. 46/2006, ed
inoltre è manifestamente infondato.
Va premesso che la modifica normativa dell’art. 606 lettera e) cod. proc.
pen., di cui alla L. 20 febbraio 2006, n. 46 lascia inalterata la natura del controllo
demandato alla Corte di cassazione, che può essere solo di legittimità e non può
estendersi ad una valutazione di merito. Il nuovo vizio introdotto è quello che
attiene alla motivazione, il cui vizio di mancanza, illogicità o contraddittorietà
può ora essere desunto non solo dal testo del provvedimento impugnato, ma
anche da altri atti del processo specificamente indicati.
È perciò possibile ora valutare il cosiddetto travisamento della prova, che si
realizza allorché si introduce nella motivazione un’informazione rilevante che non
esiste nel processo oppure quando si omette la valutazione di una prova decisiva
ai fini della pronunzia.
Attraverso l’indicazione specifica di atti contenenti la prova travisata od
omessa si consente nel giudizio di cassazione di verificare la correttezza della
motivazione.
Ciò peraltro vale nell’ipotesi di decisione di appello difforme da quella di
primo grado, in quanto nell’ipotesi di doppia pronunzia conforme il limite del
devolutum non può essere superato ipotizzando recuperi in sede di legittimità,

salva l’ipotesi in cui il giudice d’appello, al fine di rispondere alle critiche
contenute nei motivi di gravame, richiami atti a contenuto probatorio non
esaminati dal primo giudice.
Infine il dato probatorio che si assume travisato od omesso deve avere
carattere di decisività non essendo possibile da parte della Corte di cassazione
una rivalutazione complessiva delle prove che sconfinerebbe nel merito.
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3. Il terzo dei motivi di ciascuno dei ricorsi proposti dagli indagati è

Nel caso in esame non si deduce un singolo elemento decisivo, ma si
ripropone l’intero materiale probatorio sottoposto al giudice del riesame.
Peraltro, quand’anche fosse stata dedotta la omessa valutazione di un
singolo elemento decisivo, i motivi di ricorso sarebbero stati comunque proposti
al di fuori dei casi consentiti, non essendo previsto il ricorso per vizio di
motivazione in materia di misure cautelari reali.
Questa Corte aveva infatti da tempo chiarito (ed il Collegio condivide
l’assunto) che, nell’ambito della riforma dei motivi di ricorso per cassazione con
la novella dell’art. 606, comma primo lett. d) ed e), cod. proc. pen. ad opera

citata legge, che prescrive il rinvio della trattazione oltre il trentesimo giorno
dalla data di entrata in vigore della legge – 9 marzo 2006 – per consentire la
proposizione di motivi nuovi, non trova applicazione nei procedimenti riguardanti
le misure cautelari reali, ammessi, ai sensi del comma primo dell’art. 325 cod.
proc. pen., soltanto per violazione di legge. (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 15966 del
07/03/2006 dep. 10/05/2006 Rv. 233819. In motivazione la Corte ha osservato
che i motivi nuovi che possono essere presentati ai sensi dell’art. 10 comma
quinto, sono solo quelli previsti dall’art. 606 lett. d) ed e) cod. proc. pen.,
mentre il ricorso per violazione di legge di cui al citato art. 325 non é ammesso
in relazione al vizio di illogicità manifesta della motivazione e, pur essendo
astrattamente compatibile con la deduzione del motivo ex art. 606 lett. d), nel
caso concreto era stato proposto sotto un diverso profilo).
Nel caso in esame la motivazione del provvedimento impugnato non può
considerarsi del tutto assente o meramente apparente così da integrare la nullità
di cui all’art. 125 comma 3 cod. proc. pen., che sola potrebbe consentire di
ricondurre le doglianze alla violazione di legge.

4. Il ricorso proposto da Ecorec S.A. è manifestamente infondato.
E inammissibile l’istanza di riesame avverso il decreto di sequestro
preventivo proposta dal difensore del terzo interessato privo di procura speciale.
(Cass. Sez. 3, Sentenza n. 23107 del 23/04/2013 dep. 29/05/2013 Rv. 255445.
In motivazione la Corte ha precisato che nel caso di specie non può trovare
applicazione l’art. 182, comma secondo, del cod. proc. civ. per cui il giudice deve
assegnare alle parti un termine per la regolarizzazione degli eventuali difetti di
rappresentanza).
La citata sentenza (depositata prima della presentazione del ricorso) ha così
motivato:
«Indiscusso, dunque, che il terzo interessato debba essere munito di
procura speciale, va tuttavia registrata una difformità di Indirizzi di questa Corte
quanto alle conseguenze dell’inosservanza di tale regola, posto che, mentre da

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della L. n. 46 del 2006, la disciplina transitoria dell’art. 10, comma quinto, della

un lato si è affermato che la carenza della procura speciale in capo al Difensore
o, come nella specie, la presentazione personale da parte del terzo, comportino
l’inammissibilità dell’impugnazione (in tal senso le già ricordate sopra Sez, 6, n.
13154 del 19/03/2010, Arango Garzon, Rv. 246692; Sez. 6, n. 16974 del
13/03/2008, Pulignano, Rv. 239729; Sez. 6, n. 12517 del 12/03/2008,
Calabresi, Rv. 239287; Sez. 5, n. 13412 del 17/02/2004, Pagliuso, Rv. 228019;
Sez. 3, n. 8942 del 20/10/2011, Porta Tenaglia Sri, Rv. 252438; Sez. 2, n.
41243 del 21/11/2006, Tenda, Rv. 235403), dall’altra si è affermato che in tal
caso al giudice è fatto obbligo di assegnare alla parte un termine perentorio per

dichiarata illico et immediate inammissibile (in tal senso, Sez. 6. n. 1289 del
20/11/2012, Cooperativa Leonardo da Vinci Ari, Rv. 254287; Sez. 3, n. 11966
del 16/12/2010, Pangea Green Energy Sri, Rv. 249766).
Ritiene il collegio di dovere aderire al primo Indirizzo.
Le pronunce che hanno formulato il secondo orientamento muovono infatti
dalla considerazione della necessità di applicare, nella specie, il disposto dell’art.
182, comma 2, c.p.c. nel testo modificato dalla I. n. 69 del 2009, che prevede
appunto per il giudice l’obbligo di assegnare alle parti, ove venga rilevato un
difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione o altro vizio comportante
la nullità della procura, un termine perentorio per la costituzione della persona
cui spetti la rappresentanza o assistenza.
Sennonché un tale assunto pare porsi in contrasto con il principio secondo
cui l’esercizio dell’azione civile (cui sarebbe, appunto, equiparata l’azione del
terzo volta a richiedere la restituzione del bene), in quanto inserita all’interno del
processo penale, non può, evidentemente, non seguire, tendenzialmente, le
regole proprie di quest’ultimo (cfr., sia pure con riferimento alla prescrizione,
Sez. 4, n. 38773 del 12/07/2011, Fantozzi, Rv. 251432; vedi anche Sez. 1, n.
3739 del 10/01/1992, Leo, Rv. 190052), sempre fatta salva, peraltro, la
necessità di colmare eventuali vuoti attraverso l’applicazione di norme
specificamente dettate dal codice di rito civile che, in conseguenza di tali lacune,
debbano, evidentemente, intendersi come implicitamente richiamate. Nella
specie, nessuna norma del codice di procedura penale prevede che il giudice sia
tenuto, a fronte di una carente rappresentanza od assistenza, ad assegnare alla
parte un termine per “sanare” tale carenza; al contrario, la conseguenza
dell’inammissibilità tout court discende pianamente dal mancato rispetto dell’art.
101 c.p.p., che, essendo norma di per sé compiuta ed autosufficiente, non
appare abbisognare, per la sua operatività, del richiamo a norme collocate nel
codice di procedura civile. Né sarebbe dato individuare, in un tale assetto, la
presenza di manifeste irragionevolezze idonee ad imporre letture,

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munirsi di una valida procura, non potendo, dunque, l’impugnazione essere

costituzionalmente orientate, che ad una necessità di integrazione nel senso
appena visto dovrebbero condurre».
Il Collegio condivide l’assunto che ha superato l’iniziale contrasto
giurisprudenziale, così rendendo manifestamente infondato il ricorso già al
momento della sua proposizione, dal momento che non pone il problema della
applicabilità di una norma del processo civile nel processo penale.
5. I ricorsi devono pertanto essere dichiarati inammissibili.

motivi nuovi ai sensi dell’art. 585 comma 4 cod. proc. pen.

7. Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibili i ricorsi, le parti private che li hanno proposti devono essere
condannate al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi
profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – ciascuna al
pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille euro, così
equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno al versamento della somma di euro mille alla Cassa
delle ammende.

Così deciso il 05/02/2014.

6. La inammissibilità dei ricorsi principali determina la inammissibilità dei

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