Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8044 del 05/02/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 8044 Anno 2014
Presidente: CASUCCI GIULIANO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Nasone Francesco, nato a Scilla il 29/01/1972
avverso l’ordinanza del 31/07/2013 del Tribunale di Reggio Calabria;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Piercamillo Davigo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Maria
Giuseppina Fodaroni, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato
inammissibile;
udito per l’imputato l’avv. Mario Nigro, che ha concluso chiedendo l’accoglimento
del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 24.6.2013 il G.U.P. del Tribunale di Reggio Calabria
dispose la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di Nasone
Francesco per tentata estorsione aggravata.

2. L’indagato propose riesame ma il Tribunale di Reggio Calabria, con
ordinanza del 31.7.2013 confermò l’ordinanza impugnata.

Data Udienza: 05/02/2014

3.

Ricorre per cassazione Nasone Francesco, a mezzo dei difensori,

deducendo:
1. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta
sussistenza di gravi indizi di reato sulla base dello stralcio di una sola
conversazione intercettata all’interno di un bar; gli ulteriori accertamenti
e riscontri non attingevano la posizione del ricorrente; la gravità indiziaria
è stata supportata solo in ragione dell’ipotizzata partecipazione alla cosca
di Nasone Francesco e di altri episodi estorsivi;

dedotta applicabilità dell’art. 297 comma 3 cod. proc. pen., sull’assunto
che la condotta contestata nell’ordinanza cautelare 24.6.2013, oggetto
del presente procedimento fosse successiva alla precedente ordinanza
cautelare del 30.5.2012; la conversazione era stata captata il 2.3.2012 e
quindi prima della emissione della precedente ordinanza; vi sarebbe
connessione tra i reati ai sensi dell’art. 12 comma 1 lettere b) e c).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso svolge censure di merito ed è manifestamente
infondato.
È anzitutto necessario chiarire i limiti di sindacabilità da parte di questa
Corte dei provvedimenti adottati dal giudice del riesame dei provvedimenti sulla
libertà personale.
Secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide,
l’ordinamento non conferisce alla Corte di Cassazione alcun potere di revisione
degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo
spessore degli indizi, né alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche
soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e
delle misure ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel
compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta l’applicazione
della misura cautelare, nonché del tribunale del riesame.
Il controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò, circoscritto all’esclusivo
esame dell’atto impugnato (salva l’estensione ad altri atti specificamente
indicati) al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti,
uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto
incensurabile in sede di legittimità: 1) – l’esposizione delle ragioni giuridicamente
significative che lo hanno determinato; 2) – l’assenza di illogicità evidenti, ossia
la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del

2

2. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al rigetto della

provvedimento. (Cass. Sez. 6^ sent. n. 2146 del 25.05.1995 dep. 16.06.1995 rv
201840).
Inoltre il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze di riesame
dei provvedimenti restrittivi della libertà personale è diretto a verificare, da un
lato, la congruenza e la coordinazione logica dell’apparato argomentativo che
collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile colpevolezza dell’indagato
e, dall’altro, la valenza sintomatica degli indizi. Tale controllo, stabilito a garanzia
del provvedimento, non involge il giudizio ricostruttivo del fatto e gli
apprezzamenti del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e

adeguata, coerente ed esente da errori logici e giuridici. In particolare, il vizio di
mancanza della motivazione dell’ordinanza del riesame in ordine alla sussistenza
dei gravi indizi di colpevolezza non può essere sindacato dalla Corte di
legittimità, quando non risulti

“prima facie”

dal testo del provvedimento

impugnato, restando ad essa estranea la verifica della sufficienza e della
razionalità della motivazione sulle questioni di fatto. (Cass. Sez. 1^ sent. n.
1700 del 20.03.1998 dep. 04.05.1998 rv 210566).
Nel caso in esame il Tribunale ha rilevato che l’indagato, già raggiunto da
altro provvedimento restrittivo per associazione di tipo mafioso ed altro era
dedito a similari attività; che con nota del N.O.R.M. della Compagnia Carabinieri
di Villa San Giovanni del 18.3.2013 veniva riferito che era emerso un tentativo di
estorsione in danno della Gigliotti Calcestruzzi S.r.l. fondato anche sulla
conversazione intercettata al bar “La Genziana”, ma non limitato alla stessa; che
Calabrese Carmelo, avrebbe convocato Trapasso Angelo (responsabile di cantiere
della Gigliotti Calcestruzzi) su disposizione di Nasone Francesco; che a Trapasso
era stata richiesta l’erogazione di 500,00 euro mensili a favore di Calabrese
Carmelo, da corrispondere attraverso un ingiustificato aumento di stipendi al
fratello di costui Calabrese Antonino; che tali vicende trovavano conferme nelle
intercettazioni effettuate.
In tale motivazione non si ravvisa alcuna manifesta illogicità che la renda
sindacabile in questa sede né vi è alcuna violazione di legge, mentre le censure
svolte propongono una lettura alternativa delle risultanze non consentita in sede
di legittimità.

2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La vicenda ascritta a Nasone Francesco non è limitata alla sola conversazione
intercettata presso il bar “La Genziana”, ma è proseguita successivamente ed è
contestata come avvenuta fino al giugno 2012.

3

la concludenza dei risultati del materiale probatorio, quando la motivazione sia

Difetta

pertanto

il

requisito

dell’anteriorità

rispetto

all’emissione

dell’ordinanza cautelare del 30.5.2012 richiesto dall’art. 297 comma 3 cod. proc.
pen.

3. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, l’indagato che lo ha proposto deve essere condannato al
pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della

ragione dei motivi dedotti.
Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del
ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1 ter, delle
disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che copia della stessa
sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi
ristretto perché provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis del citato articolo
94.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Si provveda a norma dell’art. 94 comma 1 ter disp. att. cod. proc. pen.

Così deciso il 05/02/2014.

Cassa delle ammende della somma di mille euro, così equitativamente fissata in

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