Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8042 del 05/02/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 8042 Anno 2014
Presidente: CASUCCI GIULIANO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Cosoleto Francesco, nato a Gioia Tauro il 22/02/1978,
avverso l’ordinanza del 16/09/2013 del Tribunale di Reggio Calabria;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Piercamillo Davigo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Maria
Giuseppina Fodaroni, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato;

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 12.7.2013 il G.U.P. del Tribunale di Reggio Calabria
rigettò la richiesta di revoca o sostituzione della custodia cautelare in carcere
applicata a Cosoleto Francesco.

2. L’imputato propose appello ma il Tribunale di Reggio Calabria, con
ordinanza del 16.9.2013 rigettò l’impugnazione.

3. Ricorre per cassazione Cosoleto Francesco, a mezzo del difensore,
deducendo:

Data Udienza: 05/02/2014

1. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta
sussistenza di gravi indizi di reato; la mancata emersione dal materiale
captato della consapevolezza in capo all’indagato delle causale e
destinazione della somma richiestagli da Molè Antonio (alla luce dello
stato di tossicodipendenza cronica di Cosoleto e dei disturbi psichiatrici di
cui è affetto) priverebbe di fondamento la lettura adesiva al presunto
sodalizio di comune appartenenza; sarebbe difficile la compatibilità tra il
ruolo attribuito all’indagato di collettore economico ed il suo stato di
salute; Cosoleto sarebbe estraneo alle successive fasi; il collaboratore di

ricorrente al sodalizio; nel procedimento principale è stata esclusa la
circostanza aggravante di cui al comma 6 dell’art. 416 bis cod. pen.;
2. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta
sussistenza di esigenze cautelari trascurando il tempo trascorso tra
l’emissione della misura cautelare nel 2013, le captazioni del 2010 e la
condotta posta in essere nel 2007, con successiva assenza di contatti
sicché si sarebbe dovuto desumere il distacco dall’associazione; sarebbe
stata necessaria una motivazione rinforzata per la prognosi
comportamentale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Entrambi i motivi di ricorso svolgono censure di merito e sono
manifestamente infondati.
È anzitutto necessario chiarire i limiti di sindacabilità da parte di questa
Corte dei provvedimenti adottati dal giudice del riesame dei provvedimenti sulla
libertà personale, che valgono anche nelle ipotesi in cui oggetto di ricorso siano
provvedimenti adottati in sede di appello ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen.
Secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide,
l’ordinamento non conferisce alla Corte di Cassazione alcun potere di revisione
degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo
spessore degli indizi, né alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche
soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e
delle misure ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel
compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta l’applicazione
della misura cautelare, nonché del tribunale del riesame.
Il controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò, circoscritto all’esclusivo
esame dell’atto impugnato (salva l’estensione ad altri atti specificamente
indicati) al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti,
uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto
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giustizia Virgilio Cosimo nulla ha riferito in ordine alla partecipazione del

incensurabile in sede di legittimità: 1) – l’esposizione delle ragioni giuridicamente
significative che lo hanno determinato; 2) – l’assenza di illogicità evidenti, ossia
la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del
provvedimento. (Cass. Sez. 6^ sent. n. 2146 del 25.05.1995 dep. 16.06.1995 rv
201840).
Inoltre il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze di riesame
dei provvedimenti restrittivi della libertà personale è diretto a verificare, da un
lato, la congruenza e la coordinazione logica dell’apparato argomentativo che
collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile colpevolezza dell’indagato

del provvedimento, non involge il giudizio ricostruttivo del fatto e gli
apprezzamenti del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e
la concludenza dei risultati del materiale probatorio, quando la motivazione sia
adeguata, coerente ed esente da errori logici e giuridici. In particolare, il vizio di
mancanza della motivazione dell’ordinanza del riesame in ordine alla sussistenza
dei gravi indizi di colpevolezza non può essere sindacato dalla Corte di
legittimità, quando non risulti

“prima facie”

dal testo del provvedimento

impugnato, restando ad essa estranea la verifica della sufficienza e della
razionalità della motivazione sulle questioni di fatto. (Cass. Sez. 1^ sent. n.
1700 del 20.03.1998 dep. 04.05.1998 rv 210566).
Nel caso in esame il Tribunale ha rilevato che non incidevano in punto di
sussistenza di gravi indizi di colpevolezza le sopravvenute pronunzie di merito
riguardanti Cosoleto Agostino ed all’esclusione della circostanza aggravante di
cui all’art. 416 bis comma 6 cod. pen. sia perché l’assoluzione di Cosoleto
Agostino era stata pronunziata per non aver commesso il fatto e quindi aveva
solo rilevanza soggettiva, sia perché l’esclusione della circostanza aggravante
non elideva la condotta ascritta al ricorrente.
Il Tribunale ha infine rilevato che non sussistevano elementi da cui
desumere la dissociazione dell’indagato dal sodalizio.
In tale motivazione non si ravvisa alcuna manifesta illogicità che la renda
sindacabile in questa sede né vi è alcuna violazione di legge, mentre le censure
svolte propongono una lettura alternativa delle risultanze non consentita in sede
di legittimità.

2. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al
pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della

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e, dall’altro, la valenza sintomatica degli indizi. Tale controllo, stabilito a garanzia

Cassa delle ammende della somma di mille euro, così equitativamente fissata in
ragione dei motivi dedotti.
Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del
ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1 ter, delle
disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che copia della stessa
sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi
ristretto perché provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis del citato articolo
94.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Si provveda ai sensi dell’art. 94 comma 1 ter disp. att. cod. proc. pen.

Così deciso il 05/02/2014.

P.Q.M.

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