Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8041 del 13/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 8041 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CAPANO PASQUALE N. IL 21/11/1961
FUSCONI ANTONELLA N. IL 20/02/1968
FUSCONI STEFANO N. IL 06/11/1962
avverso l’ordinanza n. 719/2013 TRIB. LIBERTA’ di ROMA, del
10/06/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 13/11/2013

MOTIVI DELLA DECISIONE

CAPANO Pasquale
§1.) vizio di motivazione poiché il Tribunale non ha reso motivazione in
ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari
La difesa in particolare, sostiene la mancanza di ogni fondamento della
ipotesi accusatoria [pag. 4 del ricorso] essendo inesistente un collegamento
tra il ricorrente e il clan MUTO.
Con riferimento alle esigenze cautelari la difesa sostiene che il CAPANO
non disponendo più dell’amministrazione delle società Gruppo CIEFFE spa,
GESTUR Srla, GRUPPO MEDITERRANEO srl. (ormai confiscate a
seguito dell’applicazione di misura di prevenzione speciale) sarebbe stato
privato dei mezzi per la reiterazione della condotta criminosa. e che questa
non potrebbe essere comunque attuata attraverso le restanti società perché
prive di sostanziali disponibilità economico/finanziarie.
La difesa sostiene ancora che la decisione del Tribunale in ordine alla
sussistenza del pericolo di reiterazione di illecite condotte criminose si
fonda su valutazioni assertive relative a fatti risalenti nel tempo,
inconferenti con quanto è oggetto di accusa e collegate ad elementi di
valutazione contenuti in altri e diversi provvedimenti giurisdizionali resi in
procedimenti non ancora definiti, con conseguente lesione dei diritti di
difesa.
FUSCONI Antonella e FUSCONI Stefano
§1.) vizio di motivazione, perché il Tribunale non avrebbe motivato in
ordine all’esistenza di esigenze cautelari. La difesa lamenta in particolare
che il Tribunale del riesame avrebbe fondato il giudizio di pericolosità
attraverso l’ estrapolazione di parti di provvedimenti attinenti a procedimenti
penali ancora pendenti, al fine di ricavarne informazioni sulla pericolosità
dei ricorrenti, richiamando a tal proposito il contenuto del provvedimento di
applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale senza
dare conto delle argomentazioni difensive e delle censure svolte dalla difesa
nel giudizio di prevenzione. La difesa lamenta inoltre [pag. 6 del ricorso]
che il Tribunale sarebbe incorso in imprecisioni gravi in particolare quando
riferisce che l’indagato FUSCONI Stefano avrebbe aiutato il CAPANO a
violare il regime di detenzione domiciliare incontrando tale SQUADRILLI,
dimenticando che per le sue caratteristiche personali (persona incensurata e
non tossicodipendente) ben poteva essere frequentata dallo stesso CAPANO
RITENUTO IN DIRITTO

CAPANO Pasquale, tramite il difensore ricorre per Cassazione avverso
l’ordinanza 10.6.2013 con la quale il Tribunale del riesame di Roma,
accogliendo la impugnazione del Pubblico Ministero disponeva la emissione
del provvedimento di custodia cautelare in carcere.
FUSCONI Antonella e FUSCONI Stefano propongono, con separato atto
ricorso per Cassazione avverso la medesima ordinanza che ha disposto la
misura cautelare degli arresti domiciliari
Tutti richiedono l’annullamento della decisione impugnata rispettivamente
deducendo:

Va premesso che la valutazione delle doglianze difensive soggiace ai noti
limiti del giudizio di legittimità. Infatti in materia di provvedimenti “de
libertate”, la Corte di Cassazione non ha alcun potere né di revisione degli
elementi materiali e fattuali delle vicende indagate (ivi compreso lo spessore
degli indizi), né di rivalutazione delle condizioni soggettive dell’indagato in
relazione alle esigenze cautelari ed all’adeguatezza delle misure; infatti, sia
nell’uno che nell’altro caso si tratta di apprezzamenti propri del giudice di
merito. Il controllo di legittimità rimane pertanto circoscritto all’esame del
contenuto dell’atto impugnato per verificare, da un lato le ragioni giuridiche
che lo hanno determinato e, dall’altro l’assenza di illogicità evidenti, nelle
argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento [Cass. SU
22.3.2011 n. 11; Cass. Sez. II 7.12.2011 n. 56; Cass. Sez VI 12.11.1998 n.
3529; Cass. Sez. I ordinanza 20.3.1998 n. 1700; Cass. Sez. I 11.3.1998 n.
1496; Cass. Sez. I 20.2.1998 n. 1083]. Da quanto sopra discende che: a) in
materia di misure cautelari la scelta e la valutazione delle fonti di prova
rientra fra i compiti istituzionali del giudice di merito sfuggendo entrambe a
censure in sede di legittimità se adeguatamente motivate ed immuni da
errori logico giuridici, posto che non può contrapporsi alla decisione del
Tribunale, se correttamente giustificata, un diverso criterio di scelta o una
diversa interpretazione del materiale probatorio; b) la denuncia di
insussistenza di gravi indizi di colpevolezza o di assenza di esigenze
cautelari è ammissibile solo se la censura riporta l’indicazione precisa e
puntuale di specifiche violazioni di norme di legge, ovvero l’indicazione
puntuale di manifeste illogicità della motivazione provvedimento, secondo i
canoni della logica ed i principi di diritto, esulando dal giudizio di
legittimità sia le doglianze che attengono alla ricostruzione dei fatti sia
quelle che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze
esaminate e valorizzate dal giudice di merito. [v. in tal senso Cass sez. III
21.10.2010 n. 40873]. Infatti Il sindacato del giudice di legittimità sulla
motivazione del provvedimento impugnato deve essere volto a verificare
che quest’ultima: a) sia “effettiva”, ovvero realmente idonea a rappresentare
le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata; b) non
sia “manifestamente illogica”, perché sorretta, nei suoi punti essenziali, da
argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole
della logica; c) non sia internamente “contraddittoria”, ovvero esente da
insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità
logiche tra le affermazioni in essa contenute; d) non risulti logicamente
“incompatibile” con “altri atti del processo” (indicati in termini specifici ed
esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno del ricorso) in misura tale
da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico [Cass.
Sez. 119.10.2011 n. 41738; e nello stesso senso Cass. Sez. IV 3.5.2007 n.
22500; Cass. Sez. VI 15.3.2006 n. 10951]
Passando quindi in disamina i vari punti dei ricorsi che possono essere
esaminati congiuntamente essendo sostanzialmente fra loro sovrapponibili
le doglianze mosse, va osservato quanto segue.
Gli odierni ricorrenti sono sottoposti a procedimento penale per la
violazione degli artt. 81 cpv., 110 cp 12 quinquies dl 306/92 e art. 7 1.
203/91 puntualmente descritti nei rispettivi e differenziati ruoli ed episodi
nel capo di imputazione riportato dalle pp. 2.5.dell’ordinanza impugnata
lett. A) – O). Il Tribunale del riesame, dando atto del contenuto e dei motivi
di doglianza del Pubblico ministero [pp. 6-10 dell’ordinanza], dopo avere
considerato ed illustrato le deduzioni difensive del CAPANO [pp. 10-13] e

quelle dei germani FUSCONI [p. 14], riformando in funzione di giudice di
appello ex art. 310 cpp, l’ordinanza del GIP, ha disposto nei confronti degli
indagati le misure cautelari personali qui oggetto di impugnazione attraverso
una complessa ed articolata motivazione che prende spunti dall’intrecciarsi
di provvedimenti (in primis quelli relativi alla misura di prevenzione
speciale applicata al CAPANO) e delle fonti di prova e dei fatti ad esse
collegati.
La valutazione dei suddetti elementi e l’apprezzamento del loro spessore
sfuggono al giudizio di legittimità secondo quanto indicato nelle premesse
del presente provvedimento. La motivazione dell’ordinanza impugnata, per
tutti i ricorrenti appare immune dai vizi previsti dall’art. 606 IA comma lett.
e) cpp. La difesa non ha messo in evidenza “contraddittorietà” “manifeste
illogicità” o “carenze” di motivazione desumibili dal testo del
provvedimento impugnato. La difesa, con riferimento ai fatti specifici posti
a fondamento della decisione tende a sostituire il giudizio del tribunale con
una propria differente valutazione degli stessi elementi di fatti. Sotto questo
profilo gli argomenti della difesa non possono essere presi in
considerazione, perché sconfinano in un’inammissibile valutazione di
merito preclusa nella presente sede.
Sul piano del diritto il provvedimento impugnato sfugge alle censure mosse.
Il materiale probatorio è stato legittimamente valutato e valorizzato dai
giudicanti, non avendo rilievo alcuno la circostanza che possa essere stata
fatta utilizzo anche di risultanze emergenti da altri procedimenti non
definiti, atteso che la previsione di cui all’art. 238 bis cod. proc. pen. si
riferisce esclusivamente alle fonti di prova utilizzabili nel giudizio [v. Cass.
sez. VI 6.11.2008 n. 88]. Nè tale aspetto può costituire una lesione dei diritti
di difesa e una lesione del principio del contraddittorio. Dalla lettura del
provvedimento impugnato si ha modo di rilevare che la difesa ha depositato
memorie difensive e che queste sono state prese in considerazione dal
Tribunale che le ha valutate nella loro portata in relazione alle tesi sostenute
dal Pubblico ministero. Pertanto nessuna lesione dei diritti dei ricorrenti
appare essere stata perpetrata, né la difesa è andata oltre la generica
doglianza sul punto; infatti la difesa non ha fornito indicazioni di quali
pregiudizi concreti siano stati resi sul piano difensivo.
Sul piano del diritto va ancora osservato che le valutazioni del Tribunale in
ordine alla sussistenza delle esigenze di cui all’art. 274 lett. c) cpp sono
adeguate sia sotto il profilo dell’indicazione degli elementi di fatto
sottostanti alla giustificazione del provvedimento assunto, sia sotto quello
dell’applicazione dei principi reiteratamente affermati in materia in sede di
legittimità. Il Tribunale ha indicato in modo specifico quelle ulteriori
condotte che, successive ai fatti oggetto di imputazione e successive
all’adozione dei provvedimenti dai quali ha desunto elementi di giudizio,
sono ex sè indicative in modo concreto (ed anche attuale) del pericolo della
reiterazione di condotte relative a illeciti della stessa natura di quelli oggetto
del giudizio penale. L’asserita persistenza di rapporti con persone legate al
mondo del crimine organizzato, anche successivamente all’adozione dei
provvedimenti assunti nei confronti del CAPANO costituiscono elementi di
valutazione concreti idonei e sufficienti a giustificare la persistenza delle
esigenze previste dall’art. 274 lett. c) cpp.
Analoghe considerazioni vanno svolte per quanto attiene i germani
FUSCONI Antonella e FUSCONI Stefano. Anche per loro il Tribunale,
delineando i rispettivi ruoli e la relativa posizione rispetto a quella del

P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Si provveda ai sensi dell’art. 28 disp. reg. disp. att. cpp. ,
Così deciso in Roma il 13.11.2013

CAPANO, ha indicato la sussistenza delle esigenze cautelari ravvisando per
essi il pericolo di reiterazione proprio ed in virtù del legame (in posizione di
subordinazione) con il CAPANO, mettendo in evidenza aspetti negativi
della loro personalità (desunti dalle emergenze investigative) accompagnati
da una “irrinunciabilità” ad un dispendioso tenore di vita, tale da far
fondamentalmente temere che i due FUSCONI, come hanno prestato la
propria collaborazione al CAPANO ben potrebbero metterla a disposizione
di altre persone dello stesso ambiente.
La motivazione è adeguata, sufficiente, incensurabile nel merito scevra da
vizi e conforme alle regole del diritto.
Per tali ragioni i ricorsi vanno rigettati e i ricorrenti vanno condannati al
pagamento delle spese processuali, demandandosi alla cancelleria per gli
avvisi di cui all’art. 28 reg. att. disp. att. cpp.

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