Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8030 del 06/02/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 8030 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: IANNELLI ENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BELLINI LUCA N. IL 26/08/1972
BUFFOLI CRISTAL N. IL 18/07/1975
CAMOTTI MASSIMO N. IL 05/09/1971
FRANCO DOMENICO N. IL 23/05/1979
GIFFANTI ANDREA N. IL 04/11/1963
MAGGIONI LORENZO LUIGI N. IL 22/06/1960
MALISIA ROBERTO N. IL 19/04/1971
VAVASSORI FULVIO N. IL 15/06/1973
avverso la sentenza n. 209/2013 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
28/05/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/02/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ENZO IANNELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Data Udienza: 06/02/2014

-1- Bellini Luca, Buffoli Cristal, Camotti Massimo, Franco Domenico, Maggioni
Lorenzo Luigi, Vavassori Fulvio„ Giffanti Andrea e Malisia Roberto ricorrono
avverso la sentenza della corte di appello di Brescia in data 28.5/101.6.2013 che, in
conformità per i primi sei, in parziale riforma per gli ultimi due ricorrenti alla
sentenza, in abbreviato, del gup del tribunale della stessa città,datata 9.10.2012
ribadiva la condanna, per Bellini Luca, alla pena di anni tre, mesi dieci, giorni venti
di reclusione ed euro 1.400,00 di multa per i reati continuati di estorsione, furti e
ricettazione ex artt. 629, 624,624bis„625 e 648 e 624, 625 c.p. – capi 4),5) 19),20,28
e30 -, per Buffoli Cristal di anni tre di reclusione ed euro1.000,00 di multa per il
delitto io riciclaggio ex art. 648 bis c.p. — capo 15 -, per Camotti Massimo alla pena
di anni cinque, mesi sei di reclusione ed euro 3.000 di multa per i delitti, in
continuazione, di associazione per delinquere, estorsione, ricettazione e furti in
abitazione ex artt. 416 , 624,624 bis, 629 e 648 c.p.- capi 1),2),4),5),11),
14),16),17),20), 21),22),23), 25),27), 28) e 30), per Franco Domenico di anni tre di
reclusione ed euro 1. 200,00di multa per il reato di riciclaggio dell’autocarro IVECO
ex art. 648 bis c.p. —capo 15 -, in continuazione con altro analogo delitto oggetto di
una pregressa sentenza ex art. 444 c.p.p. , per Maggioni Lorenzo alla pena di anni
tre,mesi quattro di reclusione ed euro 800,00 di multa per il delitto estorsione ex at.
629 c.p. — capo 21)- , per Vavassori alla pena di anni quattro,mesi otto di reclusione
ed euro 1.600,00 di multa per i delitti in continuazione, di tentata estorsione e
riciclaggio ex artt. 56.629 e 648 bis- capi 26) e 38 ), rideterminava poi la pena per
Giffanti Andrea, rimodulando la misura dell’aumento per la continuazione, ad anni
sette di reclusione ed euro 3.800,00 di multa per i reati di associazione a delinquere,
furti in abitazione e furti aggravati- capi
estorsioni consumate e tentata,
1),8),10),14),16), 17), 20),21),23), 25),26) e 27) -, e per Malisia Roberto alla pena di
anni uno, mesi otto di reclusione ed euro 400,00 di multa per il delitto di tentato
riciclaggio ex art. 56 -648 bis — capo36–2- In breve la cornice entro cui si collocano i singoli episodi criminosi: dal
Novembre 2010 al Giugno 2011 una serie di furti, di ricettazioni di autoveicoli posti
in essere da una serie numerosa di persone, alcune- Giffanti Andra, Camotti
Massimo, Redondi Mauro (giudicato separatamente )- al fine di riciclarle,dopo averle
smontato oppure al fine di commettere estorsioni ai danni delle persone offese che,
per riottenere il possesso del veicolo rubato e/o ricettato, erano costretti a versare
somme di denaro che poi venivano ripartite tra gli autori dei furti, delle ricettazioni
ed i soggetti autori materiali della minaccia e della conseguente riconsegna di gran
parte delle macchine rubate insieme alle chiavi originali, previo versamento delle

Letti gli atti, la sentenza, i ricorsi;
Udita la relazione del cons. Enzo Jannelli;
per l’
Udite le conclusioni del S. Procuratore geneale, Paolo Canevelli,
inammissibilità del ricorso di Maggioni Lorenzo Luigi e per il rigetto dei ricorsi
Bellini Luca, Buffoli Cristal, Camotti Massimo, Franco Domenico, Giffanti Andrea,
Malisia Roberto e Vavassori Fulvio.

-3- Bellini Luca ricorre, denunciando manifesta illogicità della motivazione e
violazione della legge penale, avverso le parti della decisione che hanno riferimento
al capo 5 ed al capo 29 dell’ imputazione, nonché nella parte relativa al diniego delle
attenuanti i generiche.
I giudici di merito hanno ricostruito il fatto estorsivo di cui al capo 5 nel modo
seguente: pacifico che l’ imputato, insieme al Camotti Massino, aveva rubato l’
autovettura Fiat 500 tg EG109LH di Filippi Cristina il 5.4.2011 e che per il furto l’
imputato aveva ricevuto la somma di 400 euro, la corresponsabilità morale del Bellini
per la richiesta di denaro del coimputato, reo confesso non ricorrente, Giugno
Claudio Pietro al marito della persona offesa, tale Crì Mirko Cosimo Damiano, pena
la perdita definitiva della vettura, è tratta dalle frequentazioni non occasionali con il
coimputato, anche per altri quattro furti, Camotti che ammette in una conversazione
intercettata di essere stato ben consapevole delle richieste estorsive, ancora dalla
ammissione dello stesso Bellini di aver ricevuto per il furto commesso 400 euro, di
cui però dichiara di non conoscerne la provenienza, infine dal contenuto di una
conversazione intercetta tra i due coimputati nel corso della quale il Camotti informa
il suo complice di una analoga estorsione compiuta, in seguito ad un furto compiuto
successivamente il 9.5.2011 con lo stesso Bellini- capo 20- senza che quest’ ultimo
mostri alcuna sorpresa.
I giudici dell’appello tengono ben ferma la qualificazione giuridica — ricettazione del fatto di reato contestato al capo 28 a fronte della pretesa del ricorrente di
configurare nella specie il furto dell’autovettura sottratta a Stofler Oddone Mauro il
2.5.2011, rilevando che il possesso della autovettura da parte del Bellini é stato
accertato solo alcuni giorni dopo il furto, dal 12.5 al 22.5.2011 e che le sue
dichiarazioni sul punto erano in assoluto carenti in merito al tempo, al luogo ed alle
modalità caratterizzanti la condotta furtiva. Per non poter registrare alcun elemento
positivamente valutabile, per un precedente specifico di non trascurabile gravità,
nonché per aver negato l’ imputato il concorso nella attività estorsiva, i giudici
dell’appello rigettavano la richiesta difensiva di concessione delle attenuanti
generiche.
Ragioni del ricorso: inammissibili nella misura in cui svolgono il tentativo di
indurre la Corte a tracimare i ben rigidi confini del suo campo di operatività,
svalutando i criteri logici del discorso giustificativo giudiziale, senza peraltro di
offrirne alcuni, ma anzi sostenendo che per il solo fatto che non è dato verificare
alcun contatto dell’ imputato con il materiale richiedente la somma estorta, avrebbe
dovuto escludersi la sua partecipazione consapevole alla condotta estorsiva, posta in
effetti in essere proprio da una terza persona,estranea alla condotta di sottrazione, per
non coinvolgere palesemente gli autori del furto nella condotta successiva

somme estorte. Le fonti di prova erano costituite da conversazioni ambientali tra
presenti intercettate sul veicolo Golf in uso a Comotti, da attività di osservazione e di
pedinamento, dalle confessioni di taluno degli imputati,dal recupero di 19
autovetture ,oggetto materiale dei reati, quattro delle quali già smontate. Nell’ ordine
le singole posizioni ,alcune cumulative dei ricorrenti.

-4-Parimenti inammissibile per genericità e manifesta infondatezza deve ritenersi il
ricorso di Giffanti Andrea. Tre le sue ragioni di doglianza in ordine al delitto
associativo ed alle estorsioni contestate : equivocità delle conversazioni intercettate,
insussistenza degli elementi deponenti per la configurazione del delitto associativo,
omessa considerazione della confessione in merito ai furti commessi per la
concessione delle attenuanti generiche.
Invero ,con riferimento al delitto di estorsione considerato come pena base,si
indicano stralci i di intercettazione criticandone, il significato che i giudici di merito
ne hanno dato, senza peraltro indicare il significato alternativo attraverso
l’esposizione dei criteri di ragione distonici rispetto a quelli utilizzati dai giudici.
Invero dalle conversazioni intercettate i giudici di merito, traggono la conclusione
che i riferimenti ai soldi dopo la consegna delle chiavi, alle modalità della
restituzione di un anelli rinvenuto in na macchina rubata, collocano l’ imputato ma
una chiara posizione di responsabilità moraler in ordine ai delitti estorsivi. Ed è
principio giurisprudenziale pacifico quello secondo cui in materia di intercettazioni
telefoniche, la interpretazione del linguaggio e del contenuto delle conversazioni
costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, e si
sottrae al sindacato di legittimità se tale valutazione è motivata in conformità ai criteri
della logica e delle massime di esperienza. E nel caso di specie i giudici di merito
hanno correttamente puntualizzato che il significato delle conversazioni, riscontrato

programmata. Parimenti manifestamente infondata è la censura in merito alla
omessa derubricazione del fatto da ricettazione a furto, per il fatto che ai fini della
configurabilità del delitto di ricettazione, la mancata giustificazione del possesso di
una cosa proveniente da delitto costituisce prova della conoscenza della illecita
provenienza. E lo stesso discorso devesi condurre per segnalare l’ inattaccabilità del
rigetto delle attenuanti come richieste. Invero, premesso che la concessione o meno
delle attenuanti generiche rientra nell’ambito di un giudizio di fatto rimesso alla
discrezionalità del giudice, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti atti a
far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento della pena
alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo, il richiamo al grave
precedente specifico ed alla non ravvisabilità di alcun elemento che possa
giustificarle si traduce in un congrua motivazione sul piano della legittimità. Ancor
più poi laddove l’elemento di favore richiamato dall’ imputato – la sua parziale
confessione in ordine ai furti commessi- nella ricostruzione del giudice si palesa di
segno negativo, con la funzione cioè di sottrarsi ad una compiuta responsabilità in
ordine al delitto di estorsione con evidenza collegato ai furti. Ed in proposito si è di
recente stabilito che ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti
generiche, il pieno esercizio del diritto di difesa, se faculta l’imputato al silenzio e
persino alla menzogna, non lo autorizza, per ciò solo, a tenere comportamenti
processualmente obliqui e fuorvianti, in violazione del fondamentale principio di
lealtà processuale che deve comunque improntare la condotta di tutti i soggetti del
procedimento, e la cui violazione è indubbiamente valutabile da parte del giudice di
merito ( in termini Sez. Un. 24.5/20.9.2012, P.G. e Biondi, Rv. 253152.

-5- Da ultimo inammissibile il ricorso di Maggioni Lorenzo che, con una unica
ragione di doglianza, denuncia la carenza di motivazione in ordine alla condanna
per il delitto di estorsione — capo 21 -, commesso in tesi con Giffanti, Camotti,Bellini
e Redondi Mauro, fornendo una descrizione del fatto del tutto diversa da quella
prospettata in sentenza e per nulla attenta al discorso giustificativo giudiziale che fa
perno sulla chiamata di correo di Camotti Massimo e del riscontro costituto dalla
conversazione intercettata, in data 9.5.2011, tra i due coimputati, il predetto Camotti e
Bellini nel corso della quale il primo fa riferimento a”Lorenzo”, il ricorrente, per
avvicinare la persona offesa ed estorcergli il denaro. In proposito è pur vero che la
somma estorta è indicata in 4.500 nel capo di imputazione ed, invece, in 3.000,.00 nel
contesto della motivazione della sentenza. Ma il dato, dovuto ad un evidente errore
materiale, non rileva ai fini di infirmare la correttezza della decisione.
-6- Infondati tutti gli altri ricorsi. Nell’ ordine:
Buffoli Cristal e Franco Domenico, con atto congiunto, ricorrono avverso la sentenza
nella parte in cui ha confermato la declaratoria di responsabilità in ordine al delitto di
riciclaggio — capo 15 – di due autoveicoli- un autocarro Iveco ed una Fiat 500
rispettivamente di proprietà di Tonelli Pierino e Rosola Giuseppe, attraverso il loro
smontaggio onde ostacolarne l’ identificazione e nelle parti in cui non sono state
riconosciute le pur richieste attenuanti ex artt. 648 bis comma e e 62 bis c.p. Secondo
la difesa dei ricorrenti non potrebbe costituire elemento di prova il fatto che i due
mezzi, già “cannibalizzati” fossero stati rinvenuti in un capannone preso in affitto dal
Buffoli visto davanti al capannone il giorno seguente il furto dell’ autocarro,
capannone dove il Franco era impegnato a smontare l’altra autovettura, la 500, per la
quale, reo confesso, era intervenuta una sentenza patteggiata. Rilevava anche la
difesa il significato equivoco di conversazioni ambientali intercettate tra terze
persone, anch’ essi imputati nello stesso procedimento, Camotti, Redondi e Giffanti.
Il ricorso congiunto non coglie nel segno nella misura in cui omette di rilevare che l’
‘autocarro Iveco era di reticente immatricolazione, che nel Capannone frequentato dai

dalle coincidenze significative dei tempi dei furti e di quelli dell’estorsione, era
connotato dai caratteri di chiarezza, decifrabilità dei significati, assenza di ambiguità,
in modo che la ricostruzione del contenuto delle conversazioni non si prestava a
margini di dubbio sul significato complessivo dei colloqui intercettati. Ed infine
generica si rivela la censura in ordine al delitto di associazione che viene contestato
in base all’ asserito rilievo della mancanza di una struttura interna con divisione dei
compiti,quando i giudici di merito, analizzando il contenuto delle conversazioni,
hanno individuato i singoli ruoli dei soggetti,chi incaricato per i furti o ricettazioni,
chi inaricato a dar luogo alle richieste estorsive. Le censure poi in ordine al
trattamento sanzionatorio sono parimenti inconcludenti: la confessione parziale,
secondo il corretto ragionamento dei giudici di merito, non può costituire elemento a
favore a fronte della evidenza della partecipazione morale e programmate, non solo
alle condotte materiali di furto,ma anche alle attività estorsive, ma elemento
rivelatore della personalità e della maggiore capacità a delinquere dell’ imputato.

-7- Camotti Massimo ricorre avverso la sentenza nella parte in cui ha ribadito la sua
colpevolezza in ordine ai reati di cui ai capi 1),5), 21) e 23), denunciando, con
riferimento al capo 5)- furto e estorsione ai danni di Filippi Cristina e di Crì Crì
Mirko Cosimo Damiano- la violazione dell’art. 442 comma 1 bis c.p.p. per avere il
giudice dell’appello valorizzato le dichiarazioni del coimputato Bellini rese al giudice
di sorveglia di Mantova ul 30.4.2013,e con riferimento ai residui capi- associazione a
delinquere ed estorsioni-m carenza e manifesta illogicità della motivazione.
Ragioni di doglianza infondate alcune, al limite inammissibili perché generiche o nel
merito le altre. Invero nel giudizio abbreviato è ben possibile che il giudice tragga
elementi di prova dalle dichiarazioni rese dall’ imputato e, nel caso di processo con
più imputati, dalle dichiarazioni degli uni utilizzabili, perché non vietate, nella misura
in cui si traducono in elementi di valutazione sulla responsabilità degli altri. Peraltro
nel caso di specie le dichiarazioni spontanee rese dall ‘imputato al magistrato di
sorveglianza sono state acquisite in udienza dal giudice dell’ appello proprio perché
rese in vista del dibattimento e senza che la difesa del coimputato abbia nulla
eccepito. Né sarebbe certo possibile l’ammissione delle dichiarazioni rese
spontaneamente dall’ imputato limitandone la sua efficacia probatoria alla propria
esclusiva posizione processuale ed escludendola con riferimento alle posizioni dei
coimputati nello stesso processo.
Le censure poi in merito alle richieste estorsive di cui ai capi 5,21 e 23, poste in
essere dai coimputati, svolgono il tentativo di proporre alla corte una diversa
valutazione del contenuto delle conversazioni intercettate e dalle quali i giudici di
merito hanno tratto il convincimento del coinvolgimento morale dell’ imputato nella
attività estorsiva posta materialmente da altri. Invero dalle conversazioni tra Camotti

due imputati vi erano visibili i pezzi smontati delle due macchine ed ivi custodita
addirittura la carta di circolazione dell’ Iveco. Peraltro, con riferimento alla posizione
del Buffoli Cristal, legato da stretti rapporti amicali con il Franco, a fronte dei rilievi
della difesa in merito alla asserita genericità e insignificanza delle conversazioni
intercettate, i giudici di merito, e su questo versante la doglianza palesa con
chiarezza la sua inammissibilità, non mancano di riportare per litteram le
conversazioni intercettate ,dalle quali si evince con chiarezza che i dialoganti, anche
commentando gli arresti degli imputati, indicavano il Boffoli come la persona a cui
erano stati consegnati quattro furgoni per tagliarli e quindi per venderli, indicandolo
come il vero dominus delle operazioni di riciclaggio. Ed ancora infondate sono le
censure in merito alla attenuante ex art. 648 bis,3° comma c.p. condizionata da un
livello di pena per il delitto non colposo presupposto dell’attività di riciclaggio nel
caso di specie non registrabile, per configurarsi i furti – reati presupposto- dei mezzi
riciclati aggravati, e quindi punibili con pene superiori a cinque anni. Ed ancora non
da condividere perché infondate le censure in merito al diniego delle attenuanti
generiche, una volta motivato quel diniego per essere la misura della pena di poco
superiore al minimo edittale e per la non ravvisabilità , per i giudici di merito, di
alcun elemento positivamente valutabile, a fronte della pluralità dei mezzi riciclati e
della evidente preventiva organizzazione dell’attività criminosa.

e Redondi, nel contesto della quale il primo fa riferimento ad un 500 rubata, di averla
data indietro e di aver restituito tutte le macchine rubate, dall’ altra intercettazione
nel corso della quale sempre il prevenuto invita il complice a restituire la macchina
rubata di cui al capo 21, ed infine, con riferimento al reato di cui al capo 23, dall’
invito,in altra conversazione compitamente, come le altre, richiamata del Camotti al
coimputato Giugno di restituire la macchina rubata insieme all’anello che il primo
aveva rinvenuto nell’abitacolo della vettura, i giudici di merito traggono un coacervo
probatorio congruo e del tutto logicamente funzionale ad una conclusione sillogistica,
contro la quale il ricorrente offre una versione, debole, di significato alternativa a
quella giudiziale. Ed è principio giurisprudenziale pacifico quello secondo cui in
materia di intercettazioni telefoniche, la interpretazione del linguaggio e del
contenuto delle conversazioni costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione
del giudice di merito, e si sottrae al sindacato di legittimità se tale valutazione è
motivata in conformità ai criteri della logica e delle massime di esperienza. E nel caso
di specie i giudici di merito hanno correttamente puntualizzato che il significato delle
conversazioni, riscontrato dalle coincidenze significative dei tempi dei furti e di
quelli dell’estorsione, era connotato dai caratteri di chiarezza, decifrabilità dei
significati, assenza di ambiguità, in modo che la ricostruzione del contenuto
delle conversazioni non si prestava a margini di dubbio sul significato complessivo
dei colloqui intercettati. Ed infine non è fondata la censura in ordine al delitto di
associazione a delinquere nella misura in cui gli elementi evidenziati nella sentenza
– elevata frequenza delle operazioni criminose, assiduità dei contatti tra i sodali,
notevole durata della attività illecita svolta congiuntamente, suddivisione in parti
eguali dei profitti, modalità di condotte standardizzate con la abituale restituzione dei
veicoli rubati dietro consegna di denaro da parte delle persone offese- sono contestati
perché incapaci di evidenziare la sussistenza di una associazione criminosa. Ma può
in questa sede replicarsi che in tema di associazione per delinquere, mancando di
norma un atto “costitutivo” del sodalizio, la prova dell’esistenza di un’associazione
con finalità illecite ben può essere desunta, in via indiretta, da “facta concludentia”,
tra i quali assumono particolare rilievo i delitti programmati ed effettivamente
realizzati, specie se il contesto in cui questi sono maturati e le loro modalità di
esecuzione conclamino l’esistenza di un vincolo associativo, quale entità del tutto
indipendente dalla concreta esecuzione dei singoli delitti-scopo.
Le censure poi in ordine al trattamento sanzionatorio sono parimenti inconcludenti: la
confessione parziale, secondo il corretto ragionamento dei giudici di merito, non può
costituire elemento a favore a fronte della evidenza della partecipazione morale e
programmata, non solo con riferimento alle condotte materiali di furto,ma anche alle
attività estorsive. Ed anzi, secondo i giudici di merito, nel caso di specie la
confessione parziale è elemento rivelatore dei una personalità deponente per la
maggiore capacità a delinquere dell’ imputato. Del resto in tema di attenuanti
generiche, posto che la ragion d’essere della relativa previsione normativa è quella di
consentire al giudice un adeguamento, in senso più favorevole all’imputato, della
sanzione prevista dalla legge, in considerazione di peculiari e non codificabili
connotazioni tanto del fatto quanto del soggetto che di esso si è reso responsabile, ne

-8- Due le ragioni di doglianza e, di Malisia Roberto, condannato per il delitto di
tentato riciclaggio, così qualificati i fatti contestati ai capi 35) e 36): inconfigurabilità
del riciclaggio per la condotta di semplice smontaggio dell’autovettura ricettata,da
un lato, mancanza di motivazione in merito e al diniego delle pur richieste attenuanti
generiche e per la ritenuta eccessiva pena riportata per il tentativo. Iinfondata la
prima censura, generica la seconda.
Invero integra l’elemento oggettivo del reato di riciclaggio anche il mero smontaggio
di singoli pezzi, pur privi di codice identificativo, di un bene mobile registrato, come
una autovettura , di provenienza delittuosa, rientrando tale condotta nella nozione
normativa di operazione adatta ad ostacolare l’identificazione della provenienza
delittuosa del bene ( Sez. 2, 1/29.3.2011, Spagnolo e a., Rv 249678). Il diniego della
concessione delle attenuanti generiche è stato condizionato da una richiesta priva di
ogni indicazione in merito all’elemento che ne avrebbe giustificato la concessone ed
il giudice di merito non è tenuto certo a prendere in considerazione tutti gli elementi
sfavorevoli rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento alla
insussistenza di qualsiasi elemento positivo, a fronte di una richiesta assertiva in
merito. Non necessita poi di una specifica motivazione la giustificazione sulla misura
della pena„ allorchè questa si colloca a livelli prossimi se non coincidenti con il
minimo edittale, come nel caso di specie.
-9- Vavassori Fulvio, condannato per i delitti di tentata estorsione e di riciclaggio capi 26 e 38 in questo assorbito il reato di cui al capo precedente – reiterando i motivi
dell’appello, si duole della motivazione della sentenza, rilevando di essersi
interessato per il recupero della vettura rubata per mero disinteresse. La ragione di
doglianza svolge una censura di debole efficacia preclusiva a fronte della
motivazione giudiziale che valorizza una conversazione intercettata tra i correi —
Camotti, Giffanti e Redondi – , nel corso della quale il Giffanti, per l’appunto,
proponeva ai correi di elargire e la somma di 200 euro al Vavassori, nonostante che
il derubato non avesse accettato la “richiesta estorsiva” per premiare la sua disposta
intermediazione. Invero, se è indubbio che non risponde di estorsione colui che, per
incarico della vittima di un furto e nell’esclusivo interesse di quest’ultima, si metta in
contatto con gli autori del reato per ottenere la restituzione della cosa sottratta
mediante esborso di denaro, senza conseguire alcuna parte del prezzo, il concorso nel
delitto, anche nella forma del tentativo, si configurerà allorchè la richiesta di un
compenso al derubato sia accompagnata dalla prospettazione, anche se larvata, della

deriva che la meritevolezza di detto adeguamento non può mai essere data per
scontata o per presunta. Non vi è quindi l’obbligo, per il giudice, ove questi ritenga
invece di escluderla, di giustificarne sotto ogni possibile profilo,
l’affermata insussistenza. Parimenti l’aver censurato, in sede di ricorso, 1 entità
dell’aumento per la continuazione rilevando che la richiesta era costitutiva di un
motivo di appello, non giova a fronte della genericità della richiesta e della
mancanza di ogni indicazione specifica sulle ragioni da porre a base di un meno
gravoso aumento.

-10- Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il
ricorso, l’imputato che lo ha proposto, deve essere condannato al pagamento delle
spese del procedimento, nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità, al pagamento a favore della cassa delle ammende
della somma di mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi di Bellini Luca, Giffanti Andrea e Maggioni
Lorenzo, rigetta i ricorsi di Buffoli Cristal, Camotti Massimo, Franco Domenico,
Malisia Roberto, Vavassori Fulvio e condanna tutti i ricorrenti al pagamento
delle spese processuali e inoltre Bellini, Giffanti e Maggioni, ciascuno, della
somma di mille euro alla cassa delle ammende
Così deciso in Roma il 6.2.2014

mancata restituzione del bene oggetto della sottrazione: in tal caso l’ offerta dell’
intermediario, teso a ricavare del denaro della complessiva operazione, non può che
considerarsi tesa a coartare l’altrui volontà a scopo di profitto. Colui che sia stato
privato illecitamente di un bene, infatti, conserva il diritto alla restituzione, oltre che
l’aspettativa morale di riacquistarlo, sicché la richiesta di denaro in cambio
dell’adempimento dell’obbligo giuridico di restituire, che incombe sui soggetti autori
del furto, e nell’ interesse dei quali agisce l’intermediario, influisce sulla libertà di
determinazione del soggetto passivo ed integra, di per sè, minaccia rilevante ai sensi
dell’art. 629 cod. pen.
Meramente ripetitivo del motivo di appello si rivela la seconda ragione di doglianza
in sede di ricorso: il riciclaggio della macchina di cui al capo 36)dell’ imputazione
dovrebbe escludersi per avere ammesso l’ imputato di essere autore del furto del
veicolo, per apporgli le targhe di altro veicolo incidentato in suo possesso. Mero
asserto quest’ ultimo, a fronte del discorso giustificativo giudiziale che puntualizza,
oltre la tardività della confessione e la mancata indicazione delle modalità della
condotta costitutiva del delitto, la rilevante distanza temporale tra il furto del veicolo
— il 25.1.2011- sul quale era stata apposta la targa di un analogo veicolo pulito e
incidentato e l’acquisto di quest’ ultimo- il 23.12.2011-. Da ultimo ancora infondate
le censure in merito al diniego delle generiche ed al complessivo trattamento
sanzionatorio, a fronte della considerazione giudiziale in ordine ai precedenti
specifici dell’ imputato, in ordine al fatto che i delitti sono stati commessi dall’
imputato in regime di semilibertà ed in ordine ,infine, alla consdtatazione che la pena
è stata determinata in limiti prossimi al minimo edittale.

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