Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 803 del 15/11/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 803 Anno 2013
Presidente: GRASSI ALDO
Relatore: SABEONE GERARDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) SCIALPI MASSIMO N. IL 22/11/1976
avverso l’ordinanza n. 351/2012 TRIB. LIBERTA’ di LECCE, del
24/04/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere 90. GERARDQ ABEON,E
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

th24-4-0

Uditi difensor Avv.;

14/

Data Udienza: 15/11/2012

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 24 aprile 2012 il Tribunale del riesame di Lecce,
confermando il provvedimento emesso dal locale Giudice per le indagini
preliminari, ha disposto che Scialpi Massimo rimanesse sottoposto alla misura
della custodia cautelare in carcere, quale indagato per i delitti di traffico e di
partecipazione ad un’associazione a delinquere dedita al traffico e allo spaccio di
Ha ritenuto quel Collegio che sussistesse un grave compendio indiziario a
carico dell’indagato, desunto dalla deposizione testimoniale di numerosi testi e
dalle ricognizioni fotografiche.
In ordine alle esigenze cautelari il Tribunale ha considerato sussistente il
pericolo di reiterazione dei reati, senza del resto omettere il richiamo alla
presunzione di cui all’articolo 275, comma 3, cod. proc. pen..
2. Ha proposto ricorso per cassazione lo Scialpi, per il tramite del difensore,
evidenziando una illogicità della motivazione e una violazione di legge in ordine
alla sussistenza dei gravi indizi nonché alla sussistenza delle esigenze cautelari.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso non merita accoglimento.
2. Il primo motivo di ricorso, pur denunciando nell’intestazione una
violazione di diversi articoli di legge, è illustrato con esclusivo riferimento ad
asseriti vizi della motivazione, che consisterebbero, nell’ottica del gravame,
nell’avere riconosciuto sussistenti gravi indizi di colpevolezza.
La censura non ha fondamento.
Invero, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, il compendio
indiziarlo valorizzato dal Giudice del riesame non consiste solamente in quanto
dianzi evidenziato, già di per sé sufficiente nel presente stato del procedimento
ad integrare indizi di colpevolezza, ma anche in altri elementi espressamente
indicati nella motivazione, quali tutti quelli indicati nella c.d. parte generale in
merito alla sussistenza della contestata associazione a delinquere gestita proprio
dalla famiglia di appartenenza dell’odierno ricorrente.
Gli elementi suesposti sono stati valutati globalmente dal Tribunale, che
ne ha riconosciuto la capacità dimostrativa, anche quali riscontri alle dichiarazioni
testimoniali e ai riconoscimenti fotografici, in esito a una corretta applicazione
dei criteri imposti dall’articolo 192 cod.proc.pen..

eroina e cocaina.

Anche se formalmente nella contestazione in fatto del capo d’imputazione
non viene indicato espressamente il nome dell’odierno ricorrente in relazione ai
singoli episodi, quello che rileva è che sì fa, in ogni caso, riferimento a “tutti” i
generalizzati e nel corpo del provvedimento viene ben specificato il ruolo
dell’indagato.
3. Quanto alla presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelar’,
con riferimento ai reati indicati dall’articolo 275, comma terzo, cod.proc.pen., si
ricorda come la stessa possa essere vinta solo da elementi specifici, che spetta

d’incensuratezza o la circostanza che l’indagato non si sia dato alla fuga (v. di
recente, Cass.Sez. III 8 giugno 2010 n. 25633).
Nella specie, l’indagato nulla ha dimostrato in proposito, essendosi
limitato a mere citazioni di provvedimenti della Corte Costituzionale e delle
Sezioni Unite di questa Corte non applicabili al caso di specie, in quanto il
Giudice a quo ha ben motivato non solo sulla ruolo importante svolto
dall’indagato nell’ambito della consorteria criminale ma anche sull’adeguatezza
della disposta misura custodiale massima, a cagione sia dei numerosi precedenti
penali specifici che delle numerose condanne per evasione oltre che per la
violazione di una misura di prevenzione.
4. Il rigetto del ricorso, che necessariamente consegue a quanto fin qui
osservato, comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
La Cancelleria curerà gli adempimenti di cui all’articolo 94, comma 1-ter,
delle disposizioni di attuazione al cod.proc.pen..

P.T.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter,
disp. att. cod.proc.pen..

Così deciso in Roma il 15/11/2012.

all’interessato dedurre, non essendo sufficiente, ad esempio, lo stato

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