Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8026 del 24/11/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 8026 Anno 2016
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: BASSI ALESSANDRA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
SALIM AWADH SALEH, nato in TANZANIA il 25/11/1972

avverso la sentenza del 26/02/2015 della Corte d’appello di Roma

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandra Bassi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Vito
D’Ambrosio, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato
inammissibile;
FATTO E DIRITTO
1. Con il provvedimento in epigrafe, in riforma della sentenza del Giudice
dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Civitavecchia del 26 marzo 2014,
la Corte d’appello di Roma ha rideterminato, in anni sei e mesi otto di reclusione
e euro 36.000 di multa, la pena inflitta a Salim Awadh Saleh per il delitto di cui
agli artt. 110 cod. pen. e 73 e 80 d.P.R. n. 309/1990, per avere importato 9,110
chili di eroina.

Data Udienza: 24/11/2015

2.

Avverso la sentenza ha presentato ricorso l’Avv. Massimo Fumo,

difensore di fiducia di Awadh Saleh Salinn, e ne ha chiesto l’annullamento per i
seguenti motivi:
2.1. violazione di legge penale e vizio di motivazione in relazione alla
ritenuta aggravante dell’ingente quantità di cui all’art. 80 d.P.R. n. 309/1990;
2.2. violazione di legge penale in relazione alla mancata esclusione della
recidiva specifica ex art. 99 cod. pen.;
2.3. violazione di legge penale in relazione agli artt. 133 e 62-bis cod. pen.
e vizio di motivazione in merito alla quantificazione della pena.

4. Sotto un primo aspetto, l’impugnazione si appalesa intempestiva in
quanto la sentenza impugnata è stata pronunciata dalla Corte d’appello in data
26 febbraio 2015, in presenza dell’imputato Salim (detenuto) e del suo
difensore, senza che nel dispositivo fosse fissato un termine per il deposito della
motivazione; la sentenza è stata depositata il 5 marzo 2015, dunque entro il
termine ordinario di quindici giorni; l’impugnazione stata proposta il 27 aprile
2015, allorquando era ormai ampiamente scaduto il termine per impugnare ai
sensi del combinato disposto degli artt. 585, comma 1 lett. b), e 544, comma 2,
cod. proc. pen. (il termine è in effetti scaduto il 13 aprile 2015).
5. Ad ogni modo, deve essere rilevato che i motivi di ricorso – tutti ruotanti
intorno alla dedotta insussistenza dei presupposti delle circostanze aggravanti
ritenute in sentenza ed alla dosimetria della pena – si connotano per la
prospettazione di una mirata rilettura delle risultanze probatorie e delle
valutazioni operate su tali punti dai giudici della cognizione. Il che, secondo il
costante orientamento di questa Corte, rende inammissibile il ricorso per
cassazione, dovendosi la Corte di legittimità limitare a ripercorrere

l’iter

argomentativo svolto dal giudice di merito per verificarne la completezza e la
insussistenza di vizi logici ictu °cui/ percepibili, senza possibilità di verifica della
rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (ex plurimis Cass.
Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074).
6.

In particolare, il primo motivo di ricorso afferente alla circostanza

aggravante dell’ingente quantità, oltre a poggiare su considerazioni in fatto, si
appalesa comunque generico, là dove il ricorrente non si confronta con le
motivazione svolte dalla Corte territoriale sul punto (v. pagine 1 e 2 della
sentenza), e non specifica le ragioni della dedotta insussistenza dei presupposti
dell’elemento circostanziale nel caso in oggetto, nel quale – come correttamente
rilevato dal Giudice a quo

ricorrono le condizioni delineate da questa Corte

nella nota sentenza a Sezioni Unite (n. 36258 del 24/05/2012 – dep.
20/09/2012, P.G. e Biondi, Rv. 253150).
2

3. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

7.

Immune da qualunque censura logico giuridica è anche l’apparato

argomentativo sviluppato in punto di imputazione della recidiva, peraltro
confutata con censure del tutto generiche.
Ed invero, il reato di cui all’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 aggravato
ai sensi dell’art. 80, comma 2, stessa legge – per il quale Salim è stato
condannato – rientra nella rosa dei delitti previsti nell’art. 407, comma 2, lett. a),
cod. proc. pen., segnatamente al punto 6), di tal che si versa in un caso di
recidiva cosiddetta obbligatoria, ai sensi dell’art. 99, comma 5, cod., pen. Come
ha chiarito questo Supremo Collegio, la recidiva cosiddetta “obbligatoria”,

recidivo commetta un nuovo delitto compreso tra quelli indicati nell’art. 407,
comma secondo, lettera a), cod. proc. pen., a nulla rilevando se il delitto per cui
vi è stata precedente condanna sia anch’esso incluso nell’elenco del citato art.
407 (Sez. 1, n. 36218 del 23/09/2010 – dep. 11/10/2010, Pisanello e altri, Rv.
248289).
8. Al pari incensurabili, perché tutte sviluppate sul piano del fatto e
comunque generiche, sono le deduzioni concernenti la denegata concessione
delle circostanze attenuanti generiche e la commisurazione della pena, a fronte
dell’adeguata motivazione svolta sul punto dalla Corte a pagina 2 della decisione
in rassegna.
9.

Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma

dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente, oltre che al pagamento
delle spese del procedimento, anche a versare una somma, che si ritiene
congruo determinare in 1.000,00 euro.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1000 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso in Roma il 24 novembre 2015

Il consigliere estensore

disciplinata dall’art. 99, comma 5, cod. pen., ricorre ogni qualvolta un soggetto

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