Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8025 del 24/11/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 8025 Anno 2016
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: BASSI ALESSANDRA

Data Udienza: 24/11/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento in epigrafe, la Corte d’appello di Lecce, sezione
distaccata di Taranto, ha confermato la sentenza del 13 maggio 2011, con la
quale il Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale della stessa città ha
condannato Agostino Savino, Vincenzo Savino e Paolo Alfonsetti per le violazioni
della legge stupefacenti loro contestate, aventi ad oggetto sostanza stupefacente
1

del tipo hashish (Agostino e Vincenzo Savino sub capo B; Alfonsetti sub capo D),
riconosciuta a tutti gli imputati l’ipotesi di cui al comma 5 dell’articolo 73 d.P.R.
n. 309/1990.
2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso l’Avv. Biagio Leuzzi, difensore
di fiducia di Agostino Savino, e ne ha chiesto l’annullamento per violazione di
legge penale e vizio di motivazione in relazione agli artt. 73, comma 5, d.P.R. n.
309/1990, 3, 25, 27 e 110 Cost., e 2 D.L. n. 146/2013, per avere la Corte
omesso di applicare nel caso di specie il più favorevole trattamento derivante
dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 251 del 2012.

fiducia Avv. Franz Pesare ha chiesto che la sentenza sia cassata per violazione di
legge penale e vizio di motivazione in relazione all’art. 73 d.P.R. n. 309/1990,
evidenziando che la condanna si fonda su di un totale travisamento di fatti e
sull’erronea interpretazione dell’unica intercettazione telefonica, priva di un
qualunque riscontro investigativo.
4. L’Avv. Michele Fino, patrono fiduciario di Paolo Alfonzetti, ha chiesto
l’annullamento del medesimo provvedimento per vizio di motivazione in relazione
all’art. 192 cod. proc. pen., per avere la Corte fondato il giudizio di penale
responsabilità a carico dell’assistito sulla base di una prova logica, senza
prendere in considerazione le specifiche doglianze mosse nell’atto d’appello
quanto all’assenza di prova circa la destinazione della sostanza ad un uso non
esclusivamente personale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili.
2. Nel proposto ricorso, Agostino Savino si duole della commisurazione della
pena secondo parametri normativi errati, in violazione della vigente normativa in
tema di droghe c.d. leggere.
La censura non coglie nel senso là dove, contrariamente all’assunto del
ricorrente, la pena come determinata dai Giudici della cognizione non risulta
illegale, né fissata in violazione del divieto di reformatio in peius.
Ed invero, nel confermare la pena irrogata dal giudice di primo grado, la
Corte ha espressis verbis tenuto conto del trattamento sanzionatorio ripristinato
a seguito della pronuncia della Corte costituzionale n. 32/2014 (v. pagina 18
della sentenza in rassegna) ed, a sostegno della decisione, ha valorizzato – in
ossequio ai parametri di cui all’art. 133 cod. pen. – le modalità dell’attività di
spaccio, realizzata in concorso con più persone così da creare una vera e propria
rete distributiva nel comune di San Giorgio Jonico, la non occasionalità della
condotta delittuosa e l’intensità del dolo, quale emerge dalle conversazioni

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3. Nel ricorso presentato nell’interesse di Vincenzo Savino, il difensore di

captate. Le considerazioni sviluppate sul punto dalla Corte territoriale risultano
non ictu ()cui/ illogiche o irragionevoli e, pertanto, si appalesano incensurabili in
questa Sede (ex plurimis Cass. Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv.
226074).
D’altronde, rispetto alle congrue considerazioni svolte sul punto dal Giudice
d’appello, il ricorrente non ha mosso nessuna deduzione specifica, limitandosi a
muovere rilevi laconici e generici, che rendono, anche sotto tale profilo, il ricorso
inammissibile (Cass. Sez. 6, n. 1770 del 18/12/2012, P.G. in proc. Lombardo,
Rv. 254204).

generale, come i motivi di ricorso da loro sottoposti al vaglio di questa Corte tutti ruotanti intorno alla contestazione del giudizio di penale responsabilità a
loro carico – si connotino per la prospettazione di una mirata rilettura delle
risultanze probatorie e delle valutazioni operate su tali punti dai giudici della
cognizione. Il che, secondo il costante orientamento di questa Corte, rende
inammissibile il ricorso per cassazione, in quanto, per espressa volontà del
legislatore anche a seguito della novella operata dalla legge n. 46 del 2006, il
sindacato demandato al Giudice di legittimità deve essere limitato a riscontrare
l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione
impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di
cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro
rispondenza alle acquisizioni processuali (ex plurimis Cass. Sez. 6, n. 25255 del
14/02/2012, Rv. 253099; Sez. 2, n. 23419 del 23/05/2007, Rv. 236893; Sez. U,
n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074).
4. In particolare, quanto al ricorso proposto da Vincenzo Savino, la Corte
territoriale ha fornito una plausibile ricostruzione della vicenda, poggiata su
precisi riferimenti probatori (segnatamente, le emergenze delle captazioni e gli
esiti delle contestuali operazioni di polizia con arresti in flagranza dei soggetti
coinvolti e sequestro dello stupefacente), ed ha argomentato le conclusioni in
punto di penale responsabilità e di inquadramento giuridico delikfattispecie sulla
base di un percorso argomentativo puntuale, lineare e immune da vizi logici (v.
pagine 6 e seguenti e 10 e seguenti della sentenza in verifica). Apparato
argomentativo rispetto al quale il ricorrente si è limitato ad opporre censure del
tutto generiche, – oltre che – per tale ragione – inammissibili, comunque
insuscettibili di minare la tenuta logico giuridica della decisione in rassegna.
5. Analoghe considerazioni valgono per il ricorso presentato nell’interesse di
Alfonzetti Paolo.
Ed invero, l’impugnazione è volta ad una rivisitazione del giudizio di merito,
non praticabile in questa Sede a fronte delle lineari e specifiche argomentazioni
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3. Quanto ai ricorsi presentati dai restanti imputati, va rilevato, in linea

sviluppate sul punto nelle pagine 8 e seguenti della sentenza in verifica. Nel dare
atto degli elementi probatori posti a base della ricostruzione in fatto a carico del
ricorrente, il Giudice distrettuale ha specificato come Alfonsetti si
approvvigionasse costantemente, con cadenza quotidiana, di sostanza
stupefacente che rivendeva a terzi nel luogo di residenza, come confermati dalla
condanna definitiva della fornitrice Tocci Daniela e dai riscontri obbiettivi
costituiti dai sequestri di droga di volta in volta trovata in possesso degli
acquirenti.
Rispetto a tale accurato apparato argomentativo, il ricorrente si è limitato a

contestata la mancata valutazione da parte della Corte territoriale delle
specifiche deduzioni in merito alla finalizzazione all’uso personale della sostanza
acquistata dal prevenuto, senza indicare le specifiche circostanze trascurate dal
Giudice a quo.
6. Dalla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue, a norma dell’art.

616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti, oltre che al pagamento delle
spese del procedimento, anche a versare una somma, che si ritiene congruo
determinare in 1.000,00 euro.

P.Q.M.

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno a quello della somma di euro 1000 in favore della Cassa
delle Ammende.

Così deciso in Roma il 24 novembre 2015

Il consigliere estensore

muovere deduzioni di mero fatto, comunque connotate da genericità, là dove si è

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