Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8024 del 11/11/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 8024 Anno 2016
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: FIDELBO GIORGIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Carlo TAORMINA, nato a Roma il 16.12.1940
avverso la sentenza del 16 febbraio 2015 emessa dalla Corte d’appello di
Milano;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
sentita la relazione del consigliere Giorgio Fidelbo;
udito il sostituto procuratore generale Mario Pinelli, che ha concluso chiedendo
l’annullamento della sentenza impugnata per violazione dell’art. 521 c.p.p.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la decisione in epigrafe indicata la Corte d’appello di Milano, in
parziale riforma della sentenza del locale Tribunale emessa il 20 dicembre
2013 e impugnata dall’imputato, Carlo Taormina, e dalla parte civile, Maria
Del Savio, ha ritenuto assorbito il reato di falsità materiale (artt. 61 n. 2, 476
e 482 c.p.) nel reato di false dichiarazioni di cui all’art. 495, comma 2,n. 2 1 c.p.
e ha riqualificato quest’ultimo nel reato di false dichiarazioni in atti destinati

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Data Udienza: 11/11/2015

all’autorità giudiziaria (art. 374-bis c.p.), rideterminando la pena in otto mesi
di reclusione e condannando l’imputato al risarcimento del danno morale in
favore della parte civile, danno liquidato in euro 1.000; per il resto ha
confermato la prima sentenza.

2. Dalla sentenza si apprende che l’avvocato Taormina con istanza rivolta

nell’ambito di un procedimento in cui era imputato per diffamazione a mezzo
stampa, aveva chiesto il rinvio dell’udienza per concomitante impegno davanti
alla Corte d’appello di Cagliari in un processo in cui difendeva un detenuto,
Sandro Melis; alla istanza veniva allegata fotocopia del decreto di citazione a
giudizio emesso dal presidente della Corte cagliaritana in cui però risultava
cancellato il nominativo dell’altro avvocato che difendeva il Melis. Tale
cancellazione risultava evidente a seguito dell’invio, con fax del 12.5.2009, da
parte dello stesso avvocato Taormina, di una nota diretta al presidente del
Tribunale di Milano e al presidente della sezione G.i.p. dello stesso Tribunale
in cui si rammaricava del mancato rinvio dell’udienza (il G.u.p. aveva
annotato in calce all’istanza che avrebbe provveduto direttamente in udienza),
nota alla quale veniva allegata copia dello stesso decreto di citazione della
Corte d’appello di Cagliari da cui risultava la nomina dell’altro difensore,
avvocato Pietro Ambrosio. Dal raffronto tra i due atti risultava la palese
manipolazione della prima fotocopia del decreto e, a seguito della denuncia
della controparte del procedimento milanese, il pubblico ministero, dopo una
richiesta di archiviazione non accolta dal giudice, formulava le imputazioni nei
confronti dell’avvocato Taormina:
capo 1: reato previsto dall’art. 495, coma 2, n. 2 1 c.p., perché nella sua
veste di imputato (…), deducendo il legittimo impedimento a comparire
nell’udienza preliminare fissata in data 15.9.2009, attestava falsamente
all’autorità giudiziaria la propria qualità di unico difensore di Melis Sandro (…);
capo 2: reato previsto dagli artt. 61 n. 2, 476 e 482 c.p. perché, al fine di
commettere il reato di cui al capo precedente (…), alterava materialmente il
provvedimento di fissazione dell’udienza notificatogli in data 16.1.2009 dalla
II sezione della Corte d’appello di Cagliari, occultando il nominativo del
secondo avvocato difensore di Melis Sandro (…).

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al G.u.p. del Tribunale di Milano, trasmessa via fax in data 8.5.2009,

Il Tribunale riteneva l’imputato responsabile dei due reati e lo condannava
alla pena di dieci mesi di reclusione, con la sospensione condizionale della
pena.
Come si è anticipato, la sentenza di primo grado è stata in parte riformata
dalla Corte d’appello. I giudici del secondo grado hanno innanzitutto premesso
che l’istanza di rinvio e l’allegata fotocopia del decreto di citazione dovessero

Con il primo atto, avente un contenuto ideologicamente falso, l’imputato
avrebbe rappresentato un impedimento inesistente; con l’allegato, oggetto di
una falsificazione materiale, avrebbe dato forza alla richiesta di rinvio,
figurando come unico difensore.
La Corte territoriale, da un lato prende atto che la cancellatura del nome
del secondo difensore ha riguardato solo la fotocopia della copia conforme
notificata alla parte; dall’altro, riconosce che qualificarsi come unico difensore
è un “fatto”, non una qualità personale, escludendo così la configurabilità
dell’art. 495 c.p. e qualificando i fatti nell’ambito del reato di cui all’art. 374-

bis c.p.
In particolare, i giudici hanno ritenuto che “alle qualità personali rilevanti
ex art.

374-bis c.p. non possono essere estranee quelle connotazioni

soggettive che caratterizzano il ruolo dell’imputato nel processo a suo carico,
dunque anche quelle che involgono la sua vita sociale ed i suoi impegni
lavorativi, sicché proporsi come avvocato difensore di un delicato
procedimento senza possibilità di farsi sostituire da un collega ovvero
artatamente nascondere che la delicata posizione processuale patrocinata,
oltre che essere adeguatamente assistita da altro codifensore, sarà comunque
rinviata nella trattazione – e tutto ciò al fine di ottenere un indebito rinvio da
imputato per un inesistente impedimento personale – interferisce, producendo
un effetto giuridico strumentale e non meritevole di tutela, nel corretto
andamento dell’amministrazione della giustizia”.
Anche la condotta di falsità materiale, contestata nell’altro capo di
imputazione, viene ricondotta nel reato di cui all’art. 374-bis c.p.

3. L’avvocato Carlo Taormina ha proposto ricorso per cassazione.
3.1. Con il primo motivo ha denunciato la violazione dell’art. 521 c.p.p. per
la mancata correlazione tra l’accusa e la sentenza, sostenendo il rapporto di

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essere lette congiuntamente, sia sotto il profilo della condotta che del dolo.

alterità ovvero di diversità tra i fatti originariamente contestati ai sensi degli
artt. 495 e 476-482 c.p. e quelli ricondotti nell’ambito dell’art. 374-bis c.p.
Premesso che l’esclusione della configurabilità dei due originari reati
avrebbe dovuto condurre ad una decisione assolutoria, il ricorrente rileva che
la sentenza impugnata ha negato la sussistenza dell’ipotesi di cui all’art. 495
c.p. sul presupposto, corretto, che essere l’unico difensore di un imputato non

non ha potuto difendersi. Infatti, nel corso del processo la difesa si è
appuntata sulla non configurabilità di detta unicità come qualità personale ex
art. 495 c.p., ma non ha potuto svolgere alcuna difesa su una situazione che
non è qualità personale ex art. 495 c.p. In altri termini, si sostiene che il fatto
è per lo meno diverso, dal momento che si è attribuita all’imputato una
condotta assolutamente non rinvenibile negli atti per la semplice ragione che
gli elementi della fattispecie di cui all’art. 374-bis

c.p. non possono essere

opera dell’imputato, ma di soggetto diverso.
Sotto un diverso profilo si censura, nell’ambito dello stesso motivo, la
sentenza impugnata per aver ritenuto corretta la riqualificazione anche in
relazione alla giurisprudenza della Corte EDU.
3.2. Con il secondo motivo deduce l’erronea applicazione dell’art. 374-bis
c.p., rilevando che la Corte milanese, dopo aver escluso che l’essere unico
difensore di un imputato costituisca qualità personale ex art. 495 c.p., ha
ritenuto che tale situazione potesse rientrare nelle qualità personali cui si
riferisce l’art. 374-bis c.p. sul rilievo che la nozione di queste ultime sarebbe
caratterizzata da una maggiore ampiezza, dovendo ricomprendervi anche note
non relative agli elementi identificativi della persona. In sostanza, si assume
che le qualità personali cui si riferiscono gli artt. 495 e 374-bis c.p. non sono
categorie diverse, in quanto entrambe riguardano l’aspetto identificativo.
D’altra parte, si sottolinea nel ricorso come non possano rientrare nel concetto
di qualità personali gli impegni sociali o quelli lavorativi.
Inoltre, il ricorrente, dopo aver ribadito che l’art. 374-bis c.p. si riferisce
esclusivamente a falsità ideologiche, censura la sentenza impugnata là dove
afferma che la fotocopia del decreto di citazione della Corte d’appello di
Cagliari rientri nella fattispecie del menzionato art. 374-bis c.p.: così come la
giurisprudenza esclude che possa costituire falso materiale punibile, a

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è una qualità, ma un fatto, tuttavia rispetto a questa impostazione l’imputato

maggior ragione deve escludersi che trovi applicazione il reato di cui all’art.

374-bis c.p.
Sotto un distinto profilo si evidenzia un’ulteriore erronea applicazione della
norma incriminatrice che punisce chiunque dichiari o attesti falsamente in
certificati o atti destinati qualità personali relative all’imputato, mentre nella
specie non vi è stato alcun riferimento all’imputato.

giudici di secondo grado hanno giustificato la non applicazione delle
circostanze attenuanti generiche.
3.4. Con il quarto motivo deduce l’erroneità nella determinazione della
pena.
3.5. Con il quinto motivo censura la sentenza in relazione alle statuizioni
civili. In primo luogo contesta la sussistenza di un danno morale provocato
dal reato alla parte civile; inoltre, rileva che l’appello incidentale proposto
dalla parte civile è stato respinto, sicché non appare giustificata la condanna
al pagamento delle spese processuali.
3.6. Infine, con un motivo nuovo il ricorrente chiede, in via subordinata,
l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., in quanto il fatto è comunque da ritenere
di particolare tenuità.

4. In data 28 ottobre 2015 Maria Del Savio, persona offesa e parte civile
nel presente procedimento, ha depositato una memoria ai sensi dell’art. 90
c.p.p. in cui censura il ricorso proposto dall’imputato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

2.

Innanzitutto, si rileva che la Corte d’appello, nel riqualificare la

condotta posta in essere dall’imputato nel diverso reato di cui all’art. 374-bis
cod. pen., ha ritenuto, indirettamente, che le false dichiarazioni in atti
destinati all’autorità giudiziaria possano consistere anche in un falso
materiale.
Si tratta di una conclusione che non può essere accolta.
2.1. Questa Corte ha già avuto modo di affermare come il reato di cui
all’art. 374-bis cod. pen. è stato introdotto, dall’art. 11 1 connnna 3,del d.l. 8

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3.3. Con il terzo motivo lamenta l’illogicità della motivazione con cui i

giugno 1992, n. 306, per rafforzare il “fronte delle falsità ideologiche,
tutelando la peculiare funzione probatoria di alcuni tipi di documenti destinati
all’autorità giudiziaria” (Sez. 6, n. 30193 del 07/06/2006, Torna). Si è, infatti,
evidenziato che la norma incriminatrice nel descrivere l’elemento oggettivo
del reato si riferisce a due specifiche condotte che si esplicano nel “dichiarare”
o “attestare” falsamente “in certificati o atti destinati a essere prodotti

(…)”, condotte queste che configurano una tipica ipotesi di falsità ideologica,
secondo uno schema modellato sulla falsariga della fattispecie contenuta
nell’art. 495 c.p. Del resto, l’art. 374-bis c.p. riferisce l’elemento oggettivo
all’attività di documentazione attraverso cui risultano, in certificati o in atti,
circostanze non rispondenti al vero, richiedendo, quindi, che tale attività
documentativa venga realizzata con la finalità specifica della destinazione
all’autorità giudiziaria, perché possano derivare effetti favorevoli
all’interessato (Sez. VI, 12 maggio 1999, n. 1749, P.M. in proc. Abbate).
Anche l’indicazione specifica delle due tipologie di documenti dimostra che si
tratta di un reato avente ad oggetto una tipica ipotesi di falsità ideologica, dal
momento che le dichiarazioni di dati o di fatti ovvero di situazioni, di cui si ha
notizia diretta o indiretta, devono necessariamente essere contenuti in
certificazioni o in atti destinati all’autorità giudiziaria. Invece, le ipotesi di
falsità materiali previste nel codice penale sono descritte utilizzando formule
differenti, che evidenziano la condotta di formazione o contraffazione dell’atto
da parte dell’agente.
Deve pertanto escludersi che nella fattispecie astratta prevista dall’art.
374-bis c.p. siano ricomprese ipotesi di falsità materiale.
2.2. Ciò premesso, la condotta che deve essere presa in considerazione è
costituita dalla sola istanza difensiva prodotta dall’avvocato Carlo Taormina,
con l’allegata fotocopia del decreto di citazione in appello davanti alla Corte
cagliaritana.
Ebbene, nell’istanza, il cui contenuto è stato interamente riportato nella
sentenza impugnata, non figura alcuna dichiarazione o attestazione falsa
circa la “condizione” di unico difensore dell’avvocato Taormina, il quale si
limita a chiedere il rinvio dell’udienza perché “impegnato davanti alla Corte
d’appello di Cagliari in difesa di Melis Sandro”, precisando che “la delicatezza
del procedimento (…) impedisce una possibile sostituzione”. Ed infatti, la

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all’autorità giudiziaria condizioni, qualità personali (…) relativi all’imputato

Corte milanese riconosce la sussistenza del reato di cui all’art. 374-bis cod.
pen. utilizzando l’allegato prodotto unitamente all’istanza, in cui risulta
cancellato il nominativo del codifensore, avvocato Pietro Ambrosio. In questo
modo, tuttavia, il delitto in questione non viene integrato da una falsità
ideologica, ma dalla produzione di un falso materiale commesso su una
fotocopia.

fotocopia allegata, deve comunque rilevarsi che quanto rappresentato in tali
atti non può portare a ritenere che abbia riguardato qualità personali o
condizioni cui si riferisce l’art. 374-bis cod. pen. Del resto, deve rilevarsi che
la sentenza impugnata, da un lato, esclude che la dichiarazione implicita di
essere unico difensore possa essere ricompresa nella nozione di “qualità della
propria o dell’altrui persona” cui si riferisce l’art. 495 cod. pen., dall’altro,
invece, ritiene che quella stessa dichiarazione rientri nel concetto di “qualità
personali” di cui all’art. 374-bis cod. pen. Invero, non sembra che le due
norme citate facciano riferimento a nozioni diverse, dovendo ritenersi che con
il richiamo alle qualità della persona il legislatore, in entrambe le ipotesi,
abbia voluto intendere gli attributi giuridicamente rilevanti, come la
professione, lo stato, gli uffici ricoperti (…). In altri termini, se la dichiarazione
di essere l’unico difensore non rientra nell’ambito dell’art. 495 cod. pen. non si
vede come possa essere ricompresa nella norma di cui all’art. 374-bis cod.
pen.: come la stessa Corte di appello ha affermato, si tratta di un “fatto”, non
di una qualità personale. Si verserebbe, al limite, nel concetto di “condizione”,
inteso quale situazione, anche transitoria, in cui versa la persona in un
determinato contesto temporale.
Nel caso in esame, la dichiarazione del Taormina di versare nella
condizione di impedimento a comparire, quale imputato, nel processo a
proprio carico, perché contemporaneamente impegnato, per ragioni attinenti
alla sua professione di avvocato, dinanzi ad altra autorità giudiziaria per la
difesa di un proprio assistito non è pacificamente falsa; né può assumere tale
connotazione per effetto dell’allegazione all’istanza di rinvio della fotocopia del
documento materialmente alterato nella parte relativa all’indicazione che il
soggetto da lui difeso aveva anche un secondo difensore; tale circostanza non
smentisce comunque la veridicità del dedotto impedimento a comparire nel
processo a proprio carico, stante il concomitante impegno professionale (in

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Peraltro, anche a volere considerare unitariamente l’istanza difensiva e la

altro procedimento), al quale non intendeva sottrarsi e che non poteva
ritenersi venuto meno per la presenza di un secondo difensore (peraltro,
quest’ultima circostanza poteva spiegare rilievo, ai fini del diniego del rinvio,
nel procedimento di Cagliari, ma non in quello in cui il Taormina era
imputato).

rinvio, perché il fatto non sussiste.
Gli altri motivi proposti nel ricorso devono ritenersi, ovviamente, assorbiti.

P. Q. M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussis
Così deciso 1’11 novembre 2015
Il Consigli e estensore

Il President

3. Per queste ragioni, la sentenza impugnata deve essere annullata senza

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