Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8021 del 28/01/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 8021 Anno 2014
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: SERRAO EUGENIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GENNUSA FABIO LUIZ N. IL 20/04/1981
avverso l’ordinanza n. 69/2012 CORTE APPELLO di PALERMO, del
18/02/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EUGENIA SERRAO;
1ette/sert4te le conclusioni del PG fkrt-t.
dott. Francesco Salzano, che ha concluso per il rigetto del ricorso i

Data Udienza: 28/01/2014

RITENUTO IN FATTO
1. In data 18/02/2013 la Corte di Appello di Palermo ha rigettato la
domanda di riparazione per ingiusta detenzione proposta da Gennusa Fabio Luiz
in relazione alla misura cautelare degli arresti domiciliari subita dal 2/04/2010 al
23/04/2010 nel corso di un procedimento penale per il reato di illecita ricezione e
detenzione in concorso di sostanza stupefacente del tipo hashish del peso
complessivo di grammi 100 circa.

colpa grave dell’istante, in rapporto di causa ad effetto rispetto alla misura
cautelare, sulla base delle seguenti circostanze fattuali: a) Fabio Luiz Gennusa
era stato tratto in arresto all’atto di un controllo su un’autovettura sulla quale
viaggiava, in quanto i Carabinieri avevano notato il passeggero anteriore
(identificato in Aiello Giovanni) gettare dal finestrino un panetto di sostanza
stupefacente del tipo hashish del peso di circa 100 grammi; b) la sentenza
assolutoria aveva evidenziato che il dato ponderale eccedeva il limite indicato
dalla tabella ministeriale, anche se suddiviso in tre (tanti erano gli occupanti
della vettura), pur riconoscendo che tale solo dato non consentiva di ritenere con
sufficiente certezza che la sostanza stupefacente fosse destinata alla cessione a
terzi; c) la circostanza che il ricorrente si fosse recato a Palermo per acquistare
una quantità non esigua di stupefacente (pensando di farne una scorta, sia pure
per uso personale), e che avesse fatto ciò pur potendosi rendere perfettamente
conto del grave rischio di coinvolgimento nella legittima azione repressiva
dell’autorità, configurava quella colpa che costituisce causa del provvedimento di
perdita della libertà e che esclude il diritto all’equa riparazione per la detenzione
subita, posto che nel nostro ordinamento l’uso personale di stupefacenti, pur non
costituendo reato, è comunque un comportamento cui va attribuita una
connotazione negativa essendo peraltro qualificabile almeno quale illecito
amministrativo; d) il dato ponderale non indifferente della quantità di
stupefacente detenuta dal ricorrente e le modalità con le quali il coindagato
aveva cercato di disfarsene alla vista dei Carabinieri costituivano circostanze da
valutare quali elementi che connotavano negativamente la situazione concreta,
rappresentando una condotta gravemente colposa con ruolo sinergico nel
determinare la misura restrittiva.
3.

Ricorre per cassazione Fabio Luiz Gennusa deducendo violazione

dell’art.606, comma 1, lett. b), c) ed e) cod.proc.pen. in quanto la Corte di
Appello non avrebbe preso in considerazione
2
le emergenze processuali, quanto
oggetto di valutazione nel procedimento penale e quanto più specificamente

2. La Corte territoriale ha ritenuto sussistente la condotta ostativa della

atteneva agli elementi che avevano comportato l’adozione della misura
cautelare. Secondo il ricorrente, il comportamento del coindagato Aiello non
poteva essere preso in considerazione al fine di giustificare l’applicazione della
misura cautelare, soprattutto alla luce del fatto che sin dall’udienza di convalida
proprio l’Aiello aveva immediatamente ammesso e riferito i fatti per come si
erano svolti; inoltre, il ricorrente si trovava seduto sul sedile posteriore e in sede
di interrogatorio di garanzia aveva immediatamente confessato la codetenzione
della sostanza stupefacente, riferendo che era destinata all’esclusivo uso

dall’indagato, anche in ragione della sua incensuratezza, con valutazione
condivisa nella sentenza assolutoria, non potendo il giudice della riparazione
individuare la condizione ostativa in comportamenti che fossero stati esclusi dal
giudice della cognizione, né potendo essere valutato come sintomo di colpa
grave il fatto che il ricorrente si trovasse seduto sul sedile posteriore
dell’autovettura quando il passeggero seduto nella parte anteriore aveva gettato
dal finestrino la sostanza stupefacente; sulla base degli stessi elementi il
Tribunale della Libertà aveva revocato la misura cautelare, il Giudice dell’udienza
preliminare aveva pronunziato sentenza assolutoria e il Procuratore Generale,
all’udienza svoltasi in camera di consiglio in data 18/02/2013, aveva concluso
per l’accoglimento della domanda di riparazione.
4. Il Ministero dell’Economia e Finanze ha depositato tempestiva memoria
deducendo la legittimità del provvedimento impugnato.
5. Il Procuratore Generale, nella persona del dott. Francesco Salzano, nella
sua requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
2. La fondatezza della censura risulta dal rilievo che, nel caso concreto, la
pronuncia assolutoria sarebbe stata emessa, per quanto è dato evincere
dall’ordinanza impugnata, sulla base delle medesime acquisizioni istruttorie che
avevano giustificato l’emissione del provvedimento restrittivo, escludendo tale
circostanza la possibilità per la Corte di valutare la sussistenza della condizione
ostativa del dolo o della colpa grave (Sez. U, Sentenza n. 32383 del 27/05/2010,
D’Ambrosio, Rv. 247663).
3. Come è stato, anche di recente, affermato da questa Sezione il diritto alla
riparazione è configurabile nel caso in cui l’ingiustizia della detenzione sia
3

personale; il Tribunale del Riesame aveva ritenuto credibile la versione resa

correlata

alla

riqualificazione

del

fatto

in

sede

di

merito,

con

relativa derubricazione del reato contestato nell’incidente cautelare in altro meno
grave, i cui limiti edittali di pena non avrebbero consentito l’applicazione della
misura custodiale; tuttavia, anche in tal caso, rileva quale condizione ostativa al
riconoscimento del diritto all’equa riparazione per ingiusta detenzione, la
circostanza di avere dato o concorso a dare causa alla custodia cautelare per
dolo o colpa grave nel caso in cui l’accertamento dell’insussistenza ab origine
delle condizioni di applicabilità della misura non avvenga sulla base dei medesimi

(Sez. 4, n.13559 del 02/12/2011, dep. 11/04/2012, Borselli, Rv. 253319).
4. Occorre, dunque, verificare se il caso di specie possa essere sussunto
nella previsione di cui all’art.314, comma 2, cod.proc.pen., posto che la misura
cautelare, prima della pronuncia di proscioglimento emessa dal Giudice
dell’udienza preliminare in data 25/01/2012, era stata revocata dal Tribunale del
Riesame con provvedimento del 22/04/2010 sull’assunto che gli elementi
valorizzati dalla pubblica accusa non consentissero ‘di dimostrare la illecita
finalità di destinazione a terzi dello stupefacente sequestrato…ove si consideri
che esso, diviso per tre, ammonta complessivamente a poco più di 30 grammi di
hashish per ciascuno’ e tanto la pronuncia assolutoria quanto l’ordinanza di

revoca della misura cautelare sembrano emesse sulla base del medesimo
compendio istruttorio trasmesso al giudice che aveva adottato l’ordinanza
cautelare. Secondo il principio di diritto affermato nel 2010 dalle Sezioni Unite di
questa Corte (Sez. U, n. 32383 del 27/05/2010, D’Ambrosio, Rv. 247664), nel
caso della insussistenza originaria delle condizioni ex artt. 273 e 280 c.p.p. per
l’adozione o il mantenimento della misura custodiale, (tale insussistenza e, con
essa) l’obiettiva ingiustizia della detenzione subita può dipendere dalla decisiva
differenza fra gli elementi posti a disposizione del Giudice per le indagini
preliminari al momento di applicazione della misura e quelli sulla cui base venga
poi accertata la mancanza delle predette condizioni, e in tali ipotesi è,
all’evidenza, costituzionalmente inammissibile una interpretazione che escluda
l’operatività della condizione ostativa prevista dall’art.314, comma 1,
cod.proc.pen. Per contro, nelle ipotesi in cui l’accertamento dell’insussistenza ab
origine delle condizioni di applicabilità della misura custodiale avvenga (vuoi nel

procedimento cautelare, vuoi nel procedimento di merito) sulla base degli stessi
precisi elementi che aveva a disposizione il giudice del provvedimento della
cautela, e in ragione esclusivamente di una loro diversa valutazione, la
possibilità del diniego del diritto alla riparazione per effetto della condizione
ostativa della condotta sinergica del soggetto rimane preclusa. Ciò si verifica in
4

elementi trasmessi al giudice che ha adottato il provvedimento cautelare

forza dello stesso meccanismo causale che governa l’operatività della condizione
in parola. Allorquando, in effetti, si riconosce che il Giudice per le indagini
preliminari era oggettivamente nelle condizioni di negare o revocare la misura,
con ciò stesso si esclude la ravvisabilità di una coefficienza causale nella sua
determinazione da parte del soggetto passivo. La rilevanza della condotta
ostativa si misura infatti non sull’influenzabilità della persona del singolo giudice,
bensì sull’idoneità a indurre in errore la struttura giudiziaria preposta alla
trattazione del caso, complessivamente e oggettivamente intesa

5. Spetta, quindi al giudice della riparazione il compito di verificare se
l’accertamento dell’insussistenza ab origine delle condizioni di applicabilità della
misura custodiale sia avvenuto (vuoi nel procedimento cautelare vuoi nel
procedimento di merito) sulla base degli stessi precisi elementi che aveva a
disposizione il giudice del provvedimento della cautela, o alla stregua di un
materiale contrassegnato da diversità (purché rilevante ai fini della decisione)
rispetto ad essi, posto che la problematica della condotta sinergica viene
praticamente in rilievo solo nel secondo e non anche nel primo dei suddetti casi.
6. Tale verifica risultava tanto più necessaria nel caso concreto sulla base
dello stesso contenuto dei provvedimenti del Tribunale del Riesame e del Giudice
dell’udienza preliminare, in parte riportato nell’ordinanza impugnata, in relazione
alla motivazione dell’ordinanza di custodia cautelare, emergendo che il Tribunale
del Riesame ed il Giudice dell’udienza preliminare hanno ritenuto credibile la
medesima versione dei fatti fornita dagli imputati al giudice della cautela in
merito alla destinazione dello stupefacente ad uso esclusivamente personale.
7. La decisione della Corte territoriale è incorsa nella violazione del principio
di diritto enunciato al punto n.4 in quanto ha argomentato circa la sussistenza
della colpa grave del richiedente senza previamente effettuare la verifica appena
indicata.
8. La fondatezza del ricorso comporta l’annullamento del provvedimento
impugnato, con conseguente rinvio alla Corte di Appello di Palermo affinchè
prenda in esame e valuti, ai fini della decisione, se l’accertamento
dell’insussistenza

ab origine

delle condizioni di applicabilità della misura

custodiale sia avvenuto (vuoi nel procedimento cautelare, vuoi nel procedimento
di merito) sulla base degli stessi precisi elementi che aveva a disposizione il
giudice del provvedimento della cautela, o alla stregua di un materiale
contrassegnato da diversità (purché rilevante ai fini della decisione) rispetto ad
essi.

5

(Sez. 4, n.916 del 15/03/1995, Sorrentino, Rv.201633).

9. La Corte territoriale provvederà anche in merito alla liquidazione delle
presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Palermo cui
demanda la regolamentazione delle spese tra le parti anche per questo giudizio.

Così deciso il 28/01/2014

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