Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8020 del 28/01/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 8020 Anno 2014
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: SERRAO EUGENIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PERRUCCI DOMENICO N. IL 20/06/1952
avverso l’ordinanza n. 103/2008 CORTE APPELLO di BARI, del
07/02/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EUGENIA SERRAO;
lette/te le conclusioni del PG Dott.
dott. Francesco Salzano, che ha concluso per il rigetto del ricorso

Data Udienza: 28/01/2014

RITENUTO IN FATTO
1. In data 7/02/2013 la Corte di Appello di Bari ha liquidato in favore di
Perrucci Domenico la somma di euro 1.175,00 a titolo di riparazione per ingiusta
detenzione con riferimento alla misura cautelare patita in carcere dal 10/06/2006
al 14/06/2006.
2.

La Corte territoriale è pervenuta alla liquidazione di detta somma

applicando il criterio cosiddetto aritmetico, ossia moltiplicando la somma di euro
235,00 per i cinque giorni in cui il ricorrente era stato privato della libertà

che l’istante non aveva provato di aver subito ulteriori danni in conseguenza
della carcerazione subita, essendosi limitato a fare riferimento a ripercussioni di
immagine o di natura familiare senza documentarle in alcun modo, e rigettando
la richiesta di liquidazione delle spese legali sostenute per la difesa in quanto non
strettamente ed inscindibilmente collegate alla privazione della libertà personale.
3.

Ricorre per cassazione Domenico Perrucci deducendo violazione

dell’art.606, comma 1, lett. b) ed e) cod.proc.pen., erronea applicazione degli
artt.314 e 315 cod.proc.pen., nonché omessa motivazione, censurando
l’ordinanza impugnata per aver operato un mero calcolo aritmetico rigettando,
con una motivazione apparente e in contrasto con il dettato normativo di cui agli
artt.314 e 315 cod.proc.pen. e con i principi ribaditi dal giudice di legittimità, la
domanda di determinazione della somma da liquidare secondo il metodo
composito fondato sul criterio aritmetico e su quello equitativo. La Corte
territoriale, si assume, ha genericamente affermato che l’istante non avrebbe
dimostrato documentalmente i pregiudizi patiti, omettendo di fornire una
motivazione puntuale e rigorosa in merito alle dedotte sofferenze morali,
personali, familiari, sul piano lavorativo, di immagine, di reputazione, relazionali
sociali causategli dall’ingiusta detenzione.
4. Il Procuratore Generale, nella persona del dott. Francesco Salzano, con la
sua requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
1.1. I principi fondamentali cui aver riguardo nella determinazione
dell’indennizzo dovuto a colui che abbia subito una detenzione ingiusta, sono
stati chiariti con due pronunce rese dalle Sezioni Unite di questa Corte, la prima
delle quali (Sez. U, n.1 del 13/01/1995, Min. Tesoro in proc. Castellani,
Rv.201035) ha svincolato la liquidazione dall’esclusivo riferimento a parametri
aritmetici o comunque da criteri rigidi, stabilendo che si deve basare su una
valutazione equitativa che tenga globalmente conto non solo della durata della
custodia cautelare, ma anche, e non marginalmente, delle conseguenze personali
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personale, escludendo la possibilità di integrare tale criterio in ragione del fatto

e familiari scaturite dalla privazione della libertà; la seconda (Sez. U n.24287 del
9/05/2001, Min. Tesoro in proc. Caridi, Rv.218975) che ha chiarito le modalità di
calcolo del parametro matematico al quale riferire, in uno con quello equitativo,
la liquidazione dell’indennizzo, nel senso che esso è costituito dal rapporto tra il
tetto massimo dell’indennizzo di cui all’art.315, comma 2, cod.proc.pen. e il
termine massimo della custodia cautelare, di cui all’art.303, comma 4, lett.c)
cod.proc.pen., espresso in giorni, moltiplicato per il periodo, anch’esso espresso
in giorni, di ingiusta restrizione subita.

premettere che il controllo sulla congruità della somma liquidata a titolo di
riparazione è sottratto al giudice di legittimità, che può soltanto verificare se il
giudice di merito abbia logicamente motivato il suo convincimento, senza
sindacare la sufficienza o insufficienza dell’indennità liquidata, a meno che,
discostandosi sensibilmente dai criteri usualmente seguiti, lo stesso giudice non
abbia adottato criteri manifestamente arbitrari o immotivati ovvero abbia
liquidato in modo simbolico la somma dovuta (Sez. 4, n.10690 del 25/02/2010,
Cammarano, Rv. 246424).
3. Con specifico riguardo al giudizio di riparazione per ingiusta detenzione,
questa Corte ha, poi, costantemente affermato che qualora la perdita di libertà,
pur limitata nel tempo, abbia avuto effetti devastanti e le conseguenze personali
e familiari abbiano assunto rilievo preponderante, dovrà darsi prevalenza al
criterio

equitativo

e

non

al

solo

criterio

nummario

(Sez. 4, n.49832 del 14/02/2012, Bagnolini, Rv. 254083). Principio più volte
affermato da questa Corte è, infatti, quello secondo il quale il criterio aritmetico
individuato dalla giurisprudenza di legittimità costituisce solo una base utile per
sottrarre la determinazione dell’indennizzo ad un’eccessiva discrezionalità del
giudice e garantire una tendenziale uniformità di giudizi; tale criterio, pertanto,
può subire variazioni in aumento o in diminuzione in ragione di specifiche
circostanze che devono essere prese in esame per adattare la liquidazione al
caso

concreto.

(Sez. 4, n. 10123 del 17/11/2011,

Amato,

Rv. 252026;

Sez. 4, n. 34857 del 17/06/2011, Giordano, Rv. 251429).
4. Sul piano più strettamente processuale, l’obbligo per il giudice di merito
di prendere in esame ogni ulteriore pregiudizio dedotto dal ricorrente si desume
dal rilievo per cui, se è vero che la riparazione per ingiusta detenzione si
differenzia dal risarcimento del danno da illecito sia per il profilo sostanziale della
non necessaria integralità del ristoro, desumibile dalla fissazione di un tetto
limite ,–7.4 ai

sensi

dell’art.315,

comma

2,

cod.proc.pen.

(Sez. 4, n. 39815 del 11/07/2007, Bevilacqua, Rv. 237837), sia per il correlato
profilo processuale dell’esclusione dell’onere della prova in merito all’entità del
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2. Al fine di delineare l’oggetto della decisione risulta, poi, necessario

danno, desumibile dall’aggettivo ‘equa’ utilizzato dal legislatore (art.314, comma
1, cod.proc.pen.), è però costante l’affermazione di questa Corte che, nel
procedimento di riparazione per ingiusta detenzione, il principio dispositivo, per il
quale la ricerca del materiale probatorio necessario per la decisione è riservata
alle parti, tra le quali si distribuisce in base all’onere della prova, è temperato dai
poteri istruttori del giudice, il cui esercizio d’ufficio, eventualmente sollecitato
dalle parti, si svolge non genericamente ma in vista di un’indagine specifica,
secondo un apprezzamento della concreta rilevanza al fine della decisione,

procedimento logico (Sez. 4, n. 18848 del 21/02/2012 , Ferrante, Rv. 253555).
4.1. Corollario di tale principio non può che essere l’onere della parte di
allegare l’esistenza del danno, la sua natura ed i fattori che ne sono causa e,
d’altro canto, il dovere del giudice di prendere in esame tutte le allegazioni della
parte in merito alle conseguenze della privazione della libertà personale e,
dunque, di esaminare se si tratti di danni causalmente correlati alla detenzione e
se sia stata fornita la prova, anche sulla base del fatto notorio o di presunzioni,
di dette conseguenze.
5. Nel caso in esame, la Corte di Appello di Bari ha espressamente motivato
la propria decisione di adottare, nel caso in esame, il criterio di liquidazione
esclusivamente matematico, sul presupposto che non fosse stata fornita alcuna
prova di ulteriori pregiudizi e sul presupposto che le spese legali sostenute per la
difesa non costituissero pregiudizio strettamente ed inscindibilmente collegato
alla privazione della libertà personale, mostrando dunque di aver esaminato e
valutato le allegazioni di parte e gli elementi istruttori di riferimento.
5.1. In effetti, nella domanda proposta dal ricorrente si legge “Si può
immaginare quali gravi ripercussioni abbia avuto tale vicenda giudiziaria sulla
mia persona, sul mio nucleo familiare, sul mio lavoro, essendo rimasto indagato
e di poi imputato per ben tre anni per un reato gravissimo. Esporre quanto gravi
siano state le conseguenze che abbia riversato questa tristissima vicenda sulla
mia persona, ritengo ultroneo, in quanto ben comprensibili e ben immaginabili,
sono i gravi danni morali che io abbia subito a seguito di una carcerazione
ingiusta. Si può ben comprendere, quale grave danno all’immagine io abbia
subito quale gestore e chiaramente socio di una farmacia agricola intestata a mia
moglie, sui contatti con fornitori e clienti e di fronte all’intera cittadinanza che
aveva visto la mia persona sui giornali, in televisione indicato come
estortore..Ero e sono incensurato e non ho carichi pendenti con la giustizia”,
limitandosi a tali~~i gli elementi di giudizio introdotti dall’istante a
sostegno della domanda.

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insindacabile in sede di legittimità se non sotto il profilo della correttezza del

6. Le censure mosse dal ricorrente in merito all’assenza di motivazione del
provvedimento impugnato con riguardo alle ulteriori conseguenze, così allegate
nella domanda, appaiono infondate laddove lamentano l’omesso esame della
sofferenza morale, personale, familiare, oltre che delle gravi conseguenze sul
piano lavorativo, dei danni d’immagine, relazionali e sociali subiti, avendo la
Corte fornito (pag.4) congrua, completa e logica indicazione dei motivi per i quali
ha ritenuto non provato che l’istante avesse subito ulteriori danni in conseguenza
della carcerazione subita.

l’ingiusta detenzione non presenta carattere risarcitorio, bensì solo restitutorio
dei pregiudizi strettamente ed inscindibilmente collegati alla privazione della
libertà personale, sicché il relativo ammontare non può essere determinato
comprendendovi anche le spese di difesa sostenute nel giudizio di merito
(Sez. 4, n. 28082 del 02/04/2007, Musicco, Rv. 236827).
7. Al di là dell’allegazione dei danni non patrimoniali come sopra riportata, il
ricorrente non risulta aver sottoposto alla Corte territoriale allegazioni e prove
concernenti pregiudizi ulteriori ed individualizzanti che la privazione della libertà
personale ha comportato rispetto alle conseguenze che si possono ritenere
ristorate mediante il ricorso al criterio aritmetico.
8. Se ne deve trarre la conseguenza che la Corte territoriale ha fornito
congrua e logica motivazione, attenendosi ai principi interpretativi espressi da
questa Corte con riferimento alle norme che disciplinano la materia, ritenendo
insussistenti nel caso concreto i presupposti per procedere alla liquidazione con
criterio diverso da quello aritmetico, con conseguente rigetto del ricorso e
condanna del ricorrente, a norma dell’art.616 cod.proc.pen, al pagamento delle
spese processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 28/01/2014

Il C

lier estensore

Il Presidente

6.1. E’, inoltre, principio consolidato quello per cui la riparazione per

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