Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8020 del 11/11/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 8020 Anno 2016
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: FIDELBO GIORGIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Adriano LAZZARI, nato a Bellano (LC) il 4.10.1949
avverso la sentenza del 21 febbraio 2014 emessa dalla Corte d’appello di
Milano;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
sentita la relazione del consigliere Giorgio Fidelbo;
udito il sostituto procuratore generale Mario Pinelli, che ha concluso chiedendo
l’annullamento della sentenza con la trasmissione degli atti al giudice civile;
udito, per la parte civile, l’avvocato Nadia Invernizzi, che ha chiesto il rigetto
del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del Tribunale di Lecco del 26 gennaio 2011 Adriano Lazzari
veniva assolto dall’imputazione di turbata libertà degli incanti (art. 353 c.p.)
perché il fatto non costituisce reato.

Data Udienza: 11/11/2015

Questa decisione è stata impugnata dalla parte civile, Antonio Roncaletti, ai
soli effetti della responsabilità civile, e la Corte d’appello di Milano, con
sentenza del 21 febbraio 2014, in parziale riforma della precedente decisione,
ha condannato Lazzari al risarcimento dei danni, patrimoniali e morali, in
favore della parte civile, liquidandoli equitativamente in euro 10.000.
I giudici d’appello hanno ritenuto sussistente il reato di cui all’art. 353 c.p.,

prezzo dell’immobile aggiudicato inizialmente a Roncaletti, effettuate per
conto dell’imputato dalla moglie e dalla cognata, non seguite dal versamento
della somma nel termine, hanno avuto lo scopo di turbare lo svolgimento della
gara, per abbassare il prezzo d’asta e consentire all’imputato di poter
riacquistare l’immobile di sua proprietà, sottoposto a procedura di
espropriazione immobiliare. E’ stata ritenuta irrilevante la circostanza che
Roncaletti si sia comunque aggiudicato l’immobile, avendo i giudici
riconosciuto l’esistenza di un danno sia con riferimento al ritardo
dell’aggiudicazione, sia per il maggior prezzo di acquisto versato a seguito
degli aumenti di un sesto.

2. L’avvocato Marco Rigamonti, nell’interesse dell’imputato, ha presentato
ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 574 c.p.p.
Con il primo motivo censura la sentenza in ordine alla ritenuta sussistenza
dell’elemento soggettivo del reato, rilevando un vizio della motivazione nella
misura in cui non ha preso in considerazione le argomentazioni con cui il
Tribunale aveva, invece, escluso il dolo sulla base delle testimonianze rese
dagli avvocati Sangiorgio e Murdaca, i quali avevano riferito che l’imputato si
era consultato con loro per verificare la liceità del ricorso all’aumento di un
sesto, liceità che i due legali avevano confermato. Pertanto, sarebbe evidente
la buona fede del Lazzari.
Con il secondo motivo t lamenta la mancata applicazione dell’art. 5 c.p.,
come integrato dalla sentenza costituzionale n. 364 del 1988, ritenendo che il
Lazzari non abbia avuto consapevolezza della sua condotta antigiuridica, dal
momento che prima di porre in essere gli aumenti di un sesto ha
ripetutamente consultato i suoi legali ricevendo da questi rassicurazioni.
Con il terzo motivo assume che la condotta dell’imputato sia da ritenere
scriminata dall’art. 51 c.p., in quanto avrebbe esercitato un suo diritto

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rilevando che le ripetute offerte in aumento di un sesto, ex art. 584 c.p.c., sul

utilizzando il meccanismo procedurale previsto dall’art. 584 c.p.c. A questo
proposito il ricorrente sottolinea come la Corte territoriale non abbia
considerato che la disciplina in materia di esecuzione immobiliare prevede una
serie di conseguenze nel caso di mancato versamento nel termine della
somma indicata nell’aumento del sesto, tra cui la perdita della cauzione
trattenuta a titolo di multa e la previsione che nel caso in cui il prezzo finale di

inadempiente è tenuto al pagamento della differenza. Elementi questi che
escluderebbero la rilevanza penale della condotta posta in essere
dall’imputato.

3. In data 30 ottobre 2015 l’avvocato Nadia Invernizzi, difensore del
Roncaletti, ha depositato a mezzo fax una memoria in cui contesta il ricorso
dell’imputato e ne chiede il rigetto, con la conferma integrale della sentenza
d’appello.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.
1.1. La Corte territoriale, accogliendo l’appello della parte civile ai soli
effetti della responsabilità civile, ha ritenuto sussistente il reato di cui all’art.
353 c.p., in quanto l’imputato avrebbe alterato il regolare funzionamento e la
libera partecipazione alla gara attraverso “mezzi fraudolenti”, consistiti nel far
presentare, in due occasioni, le istanze di aumento del sesto, successive
all’aggiudicazione del bene da parte del Roncaletti, con l’effetto di far
prolungare la gara e con l’intento di aggiudicarsi il bene messo all’asta.
Il Collegio ritiene che la condotta posta in essere dall’imputato non sia
configurabile come fraudolenta. Invero, il Lazzari o, più precisamente, sua
moglie e sua cognata hanno attivato regolarmente una procedura prevista
dall’art. 584 c.p.c., in cui si prevede la possibilità di presentazione di offerte in
aumento successive all’aggiudicazione e sono regolate le conseguenze
derivanti dal mancato deposito del prezzo offerto in aumento, con la
conseguenza della perdita della cauzione. Appare quindi difficile sostenere che
l’attivazione di una procedura prevista espressamente dal codice di rito possa
qualificarsi come “mezzo fraudolento”, nel senso cui si riferisce l’art. 353 c.p.:
semmai è l’abuso di questa facoltà procedimentale che potrebbe diventare un

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aggiudicazione sia inferiore a quello dell’incanto precedente l’aggiudicatario

mezzo fraudolento ed è a questi casi che si riferisce quella giurisprudenza
citata dalla Corte d’appello. Tuttavia, nel caso in esame deve escludersi che vi
sia stato un abuso, considerando che le istanze di aumento di un sesto sono
state fatte solo in due occasioni, senza peraltro arrecare un danno alla parte
civile, se si considera che la prima volta il Roncoletti si è aggiudicato il bene
con l’offerta di euro 100.682, per poi aggiudicarsi il bene in via definitiva al

1.2. Il fatto che all’asta abbiano partecipato la moglie e la cognata
dell’imputato non è circostanza che, di per sé, può rilevare ai fini della
sussistenza del reato di turbata libertà degli incanti.
Inoltre, la Corte d’appello ha omesso di prendere in considerazione
l’atteggiamento dell’imputato, il quale, come risulta dalle testimonianze
acquisite, si è informato dai suoi legali sulla legittimità della partecipazione
della moglie alla gara. Né, infine, può avere rilievo ai fini dell’esistenza del
reato la circostanza che l’imputato intendesse riottenere il bene oggetto
dell’espropriazione.

2. In conclusione, la sentenza impugnata va annullata con la revoca delle
statuizioni civili.

P. Q. M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e revoca le st uizioni civili.
Così deciso 1’11 novembre 2015
Il Consig ere estensore

minor prezzo di euro 93.000.

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