Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8018 del 11/11/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 6 Num. 8018 Anno 2016
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: CARCANO DOMENICO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VUOZZO MARCELLO N. IL 08/08/1949
avverso la sentenza n. 890/2011 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
TARANTO, del 13/12/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. DOMENICO CARCANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 14114-04z.o V124.
che ha concluso per
o
.P>01304,414AA
/
U4Ate. 1110,10n#0
2014.

Udito, per la parte civil9 A l’A
uvv.12
k
Udit i difensorgAvv.tei
””””-395c*’ •Zsz)
“1” (,c>(\

7.90t6A

Kslx~ V ■102,475.

t’q (ibkm1U0)1.ic.D 0629 roto 00-01-LuA-1° t.)g
;s7+ez, cl-Q9 70-u) 61; 13wc.i.

61* A4D-

Data Udienza: 11/11/2015

1

Ritenuto in fatto
1.Marcello Vuozzo ricorre contro la sentenza della Corte d’appello di Taranto,
sezione distaccata della Corte d’appello di Lecce, con la quale è stata confermata la
decisione 28 luglio 20011 del Tribunale che lo dichiarò responsabile di peculato
aggravato perché, quale capo del 9 0 settore dei lavori pubblici del Comune di Taranto,
si appropriava della somma complessiva di 400.000.000 di lire, della quale aveva la
disponibilità, in ragione delle funzione di “responsabile del procedimento” per la
bis

legge n. 109 del 1994, di “bonario

componimento” per il riconoscimento della “revisione prezzi e riserve” reclamate dalla
Guerrini Generali S.p.A, società capofila del “raggruppamento temporaneo di imprese”
cui erano stati affidati in concessione dal comune di Taranto i lavori ” per il “recupero
produttivo della città vecchia”.
Il predetto incarico fu conferito a Marcello Vuozzo dal dr. Mario Licciarello, Prefetto
del comune di Taranto, a sua volta nominato Commissario straordinario per far fronte
alle difficoltà sorte nell’esecuzione dei lavori, per i ritardi dei finanziamenti.
Marcello Vuozzo, quale “responsabile del procedimento” – conclusa la procedura di
“bonario componimento” e approvato l’accordo dal Commissario straordinario – il 18
luglio 2000 inviò alla società concessionaria “Servizi tecnici S.p.A” una nota che
riportava in oggetto: “Recupero produttivo della Città Vecchia di Taranto – art.31 bis
legge 109/94. Compenso per responsabile del procedimento” e con la quale comunicava
di dover procedere alla liquidazione di quanto dovuto e concordato” in favore del
“Responsabile del procedimento” e indicava le modalità dei pagamenti.
In particolare, precisava ai responsabili della società che la somma di £
400.000.000, avrebbe dovuto essere corrisposta “mediante storno di quanto dovuto alla
società”, da effettuare in due rate di £ 200.000.000 ciascuna.
La concessionaria, attenendosi a quanto richiesto da Vuozzo, con due “note di
credito in favore del Comune di Taranto” , l’una del 31 luglio 2000 e l’altra del 2
febbraio 2000, entrambe per l’importo di £ 200.000.000 oltre IVA, ebbe a stornare
parzialmente due fatture in misura pari all’ 8%, rispetto a quanto ad essa dovuto.
Vuozzo, quale responsabile del procedimento e capo Settore lavori pubblici del
Comune di Taranto, adottò due determine n. 6107 del 5 ottobre 2000 e n. 8143 del 30
dicembre 2000 – riportanti entrambe il riferimento alla nota del 18 luglio 2000 – con le
quali ebbe ad “attestare” il diritto alla percezione di “compensi per l’elaborazione dello
schema di accordo bonario ex art.31 bis legge n.109 del 1994 in suo favore nonché in
favore dei dipendenti Comunali addetti al medesimo ufficio, il pagamento della somma
dianzi indicata, a titolo dì compenso per la definizione della procedura di “accordo
bonario”.

procedura, disciplinata dall’art. 31

2
Questi in sintesi i punti significativi della operazione compiuta da Marcello Vuozzo,
rispetto alla quale entrambi giudici di merito affermano la “impropria e falsa
giustificazione” dell’erogazione delle somme a titolo di compenso per i dipendenti e per
il responsabile del procedimento, poiché all’epoca non previsto e vietato dall’art. 31 bis
legge n.109 del 1994.
A tale ultimo riguardo, la Corte d’appello – dopo avere elencato le ragioni della
eterogeneità tra la procedura svolta e quella prevista dall’art.31 bis legge n.109 del
1994 (§ 16, p. 14 della sentenza d’appello) – ribadisce che le attività svolte sono del

note 5 ottobre 2000 n.6107 e 30 dicembre 2000 n. 8143, Mararllo Vuozzo fa

VI

riferimento, come già innanzi precisato nella nota 18 luglio 2000V”Compenso per
Responsabile del procedimento art.31 bis legge n.104 del 1994″. Note nelle quali noni 1,i‘ t?
richiamato l’art.18 delle,legge 105 del 1994, riferimento normativo che, ad avviso della
Corte d’appello, è indicato successivamente per giustificare la condotta arbitrariaPer i giudici merito, l’attività svolta è da ricondurre a quella dell’ufficio tecnico, il cui
compenso avrebbe dovuto essere quello previsto per il “lavoro straordinario” e, in ogni
caso, si richiama il principio generale della “onnicomprensività” della retribuzione del
personale degli enti locali, stabilita dagli artt. 19 d.p.r. n.191 del 1979 e 31 d.r. n.347
del 1983.
Il giudice d’appello, dunque, ha rigettato le censure della difesa volte a ribadire la
legittimità dell’operato e, in ogni caso, ricondurre ad altre fattispecie incriminatrici, quali
quelle di abuso d’ufficio o truffa, e ha condiviso invece la qualificazione di peculato,
integrabile anche nell’ipotesi in cui non vi sia “detenzione materiale” della res o della
pecunia “altrui” in ragione dell’ufficio o del servizio, bensì in un’accezione più ampia da
ricomprendere la “occasionalità” tra il possesso e l’esercizio delle funzioni e, in
particolare, allorché il pubblico ufficiale abbia, in ogni caso, il potere di disporre della
“res o pecunia” altrui mediante atti giuridici.
Per il giudice d’appello, non rileva che le due determine, firmate da Marcello Vuozzo,
furono inviate al Settore Finanziario del Comune di Taranto – ufficio cui spettava
verificare “la legittimità della spesa”, a norma del regolamento di contabilità del
Comune di Taranto del 1996 – poi al Dirigente del Settore Finanziario che, prima di
firmare i due mandati di pagamento, avrebbe dovuto verificare la regolarità
amministrativa, contabile e fiscale del provvedimento inviato da altro Dirigente di
settore del Comune, come previsto dagli artt.184 e 185 del T.0 degli enti locali oltre che
il controllo della “legalità della spesa, come stabilito dall’ art.53 della legge n.142 del
1990.
Al riguardo, il giudice d’appello rileva che anche la Corte dei Conti ebbe a
sottolineare che il settore Finanziario avrebbe dovuto rilevare l’illegittimità della
corresponsione.

tutto diverse rispetto a quelle di cui al citato art. 31 bis legge n.109 del 1994. Nelle

3

La Corte di merito ritiene che il danaro “è uscito dalle casse del comune” per effetto
dei provvedimenti firmati da Marcello Vuzzo che, quale dirigente del Settore lavori
pubblici del comune, ebbe a disporre “dì pagare e liquidare” gli importi; autonomia che
ha fondamento neWart.107 del decreto legislativo n.267 del 2000 sulle responsabilità
della dirigenza, esprimendo il giudizio sulla regolarità tecnica previsto dal citato art.53
della legge n.142 del 1990 sull’ordinamento delle autonomie locali. La giurisprudenza di
legittimità si è espressa nel senso che il titolare del potere dispositivo risponderà, anche
in tal caso, di peculato e non di truffa, poiché il profilo fraudolento ha l’unica finalità di

2. I difensori di Marcello Vuozzo, avv.ti Francesco Paolo Sisto e Luca Ballestreri, con
due distinti atti rispettivamente deducono:
2.12avvocato Sìsto, dopo una premessa ricostruttiva dei fatti, ciechAz2,
2.1.1. Violazione di legge sostanziale e vizio di motivazione, in relazione alla
contesthotesi di peculato, con particolare riferimento all’elemento soggettivo.
La Corte d’appello ha condiviso gli argomenti posti a fondamento dal giudice di
primo grado senza considerare la documentazione prodotta dalla difesa e la assoluta
legittimità del compenso al responsabile del procedimento, come previsto dal
regolamento del comune di Taranto.
Il regolamento del comune di Taranto del 9 settembre 1999 ha rimodulato i predetti
compensi, non ancorabili alla percentuale de111,5°/0 dell’importo base dei lavori, come
previsto dagli altri regolamenti degli altri Comuni e delle Regioni. Documentazione
rilevante non considerata affatto dalla Corte d’appello.
bkart. 18 della legge n.109 del 1994 discende la tendenza a ricomprendere le
attività professionali in questione nei compiti d’ufficio con ampliamento delle prestazioni
del contratto di lavoro.
tart.18 della legge n.109 del 1999 è stata fatta propria dal regolamento interno
adottato dall’amministrazione comunale tarantina,v a previsto un compenso spettante
al responsabile del procedimento per l’accordo bonario.
L’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, ha altresì previsto, con le deliberazion
n.51 del 25 maggio 2005 e n. 26 del 9 marzo 2005, la corresponsione dell’incentivo di
cui al citato art.18 al personale con qualifica dirigenziale e la rinnodulazione di incentivi
per i dipendenti che svolgono attività professionali connesse alla realizzazione delle
opere pubbliche.
Sono dati minimizzati dalla Corte d’appello. La difesa ritiene che, senza alcuna
giustificazione, la Corte d’appello ha ritenuto del tutto arbitraria che il compenso al
responsabile del procedimento sia compreso tra gli oneri accessori previsti dalla
Convenzione stipulata tra il Comune di Taranto e la Edifer.
Per la difesa, quanto alla legittimità dell’accordo del 18 luglio 2000, non possono
sollevarsi obiezioni, né la presunta illiceità dello stesso può ancorarsi al semplice

mascherare l’inganno.

4

mancato riferimento all’art. 10 lett.b) della convenzione tra comune di Taranto e la
concessionaria .
La convenzione stipulata autorizzava legittimamente, a differenza di quanto
ritenuto dalla Corte d’appello, il compenso, tanto che la concessionaria Edilfer, poi
divenuta Servizi tecnici, emetteva due note di credito di storno parziale relative agli
oneri della concessionaria in misura de118°/0 sull’importo dell’accordo bonario.
La circostanza è importante perché le somme in questione appartenevano di fatto
alla concessionaria e non al Comune di Taranto e ciò evidenzia la violazione di legge in

La difesa censura l’affermazione secondo cui la semplice canalizzazione della
somma in oggetto nel bilancio dell’ente avrebbe comunque impresso natura pubblica al
denaro. Mentre, le complessive somme che la concessionaria aveva ricevuto per il lavori
espletati, erano stati, in parte , stornati, ovvero restituiti al comune di Taranto
esclusivamente per ricompensare l’operato del responsabile del pro c. edimento e dei
suoi collaboratori, come previsto dalla disposizioni richiamate.
Per la difesa, le somme stornate dalla Concessionaria non erano nel possesso né
nella disponibilità di Vuozzo.
Peraltro, l’adozione delle determine adottate da Vuozzo erano consentite ex art. 107
d.lgs. 267 del 2000 i che qualifica agenti contabili tutti i dirigenti dei singoli settori.
eof.yhde. isem„
2.1.2. Violazione ex art. 606,Iett. b) ed e ), )fin relazione all’elemento psicologico del
reato.
Argomento non adeguatamente considerato è quello che le due “note” ( determine)
furono trasmesse dall’imputato al settore finanziario per la verifica di legittimità della
spesa.
La Corte d’appello rileva tale elemento privo di ogni significato per l’esclusione del
reato. Elemento che per la difesa avrebbe dovuto rilevare per escludere l’elemento
soggettivo del reato, sottolineando la trasparenza e chiarezza della procedura seguita
da Vuozzo.
Per la difesa, mancano del tutto sia la ‘abusività” dell’appropriazione” sia il danno
per la pubblica amministrazione, richiamando al riguardo decisione di questa Corte.
Anche il richiamo della giurisprudenza sul possesso mediato e riconducibile a più
pubblici ufficiali„ non giustifica la “irrilevanza penale” della complicità del servizio
finanziario. Improprio e non chiaro il riferimento agli artt. 40 e 41 c.p, senza
considerare che l’invio al settore finanziario giustifica la buona fede dell’imputato.
Peraltro, la motivazione si caratterizza per illogicità là dove si assolvono dal reato di
peculato gli altri dipendenti che han percepito il compenso, senza alcuna specifca
motivazione sul punto.
2.1.3.Si censura il trattamento sanzionatorio, in base ai parametri previsti dagli
artt. 133 e 62 bis c.p..

cui è incorsa la sentenza impugnata i qualificando i fatti nell’ipotesi di reato di peculato.

5
2.2. L’avvocato Luca Balistreri deduce:
2.2.1.Nullità della sentenza impugnata

còd, . tue- (›em •
ex art.606 1 lett. e) e lett. b),V.per

contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione e inosservanza o erronea
applicazione della legge penale e di altre norme giuridiche.
Con il ricorso si ripercorre la scansione temporale dei fatti e le ragioni per le quali il
giudice di primo grado ha ritenuto l’integrazione del reato di peculato, ritenendo che sia
stato un atto dispositivo di Vuozzo a determinare l’appropriazione. Soluzione condivisa
dal giudice d’appello. Per il giudice d’appello, solo dall’anno 2002 sarebbe stata
bis legge n.109 del 1994, mediante la legge n.166 del 1° agosto 2002.
La Corte d’appello non ha condiviso che la giustificazione del compenso era nella
disposizione dell’art. 18 della stessa legge 109, che prevede un incentivo premiale nel
caso in cui i dipendenti abbiano direttamente redatto il progetto esecutivo di un opera o
di un lavoro. Le ragioni della condivisione di tale assunto sono, ad avviso della Corte, da
rivenire nel fatto che l’operatività dell’art. 18 cit é condizionata all’adozione da parte
dell’amministrazione di regolamento con cui si stabiliscono i criteri di riparto del
compenso.
Tale regolamento vi è ed è stato adottato con delibera della Giunta municipale
n.826 del 9 agosto 1999, con l’espressa previsione della figura del Responsabile unico
del procedimento e del compenso a lui spettante.
La Corte d’appello ha respinto l’assunto che l’art. 10 lett. b) della convenzione
stipulata tra il Comune di Taranto e la Edilfer S.p.a. prevede il compenso per il
responsabile del procedimento ex art. 31 bis.
Tale accordo, per ì giudici di merito, è solo una mera affermazione contenuta nella
nota del 18 luglio 2000 trasmessa alla Edifer S.p.a..
La Corte d’appello esclude che l’attività sia quella prevista dall’art. 18 legge 104,
bensì, come riferito da altri imputati, quella dell’art.31 bis della stessa legge.
La sentenza 4 del tutto illogica là dove non considera l’attività svolta con impegno
dal responsabile unico del procedimento.Per il compenso, non essendoci alcuna
previsione nell’art. 31 bisi si è fatto riferimento all’art.18.
La Corte ha poi riconosciuto la natura pubblica del danaro erogato, soltanto perché
vi è stata una canalizzazione della somma nel bilancio del dell’ente locale.
La motivazione è illogigpoiché non tien conto che la concessionaria servizi tecnici,
emise due note di credito con la descrizione storno parziale relative agli oneri della
concessionaria nella misura de118%
2.2.2. Nullità della sentenza impugnata per manifesta illogicità della motivazione.
La Corte d’appello non ha tenuto conto che pLer il compito svolto da Marcello Vuozzo
trova la sua genesi nell’art. 18 , ove appunto si parla del Responsabile del procedimento
che si è occupato della progettazione dell’opera.

introdotta la previsione di un compenso per i membri della commissione di cui all’art.31

Tale dato normativo, disatteso dai giudici di merito, lo si evince dal Regolamento di
attuazione della legge 109 del 1994 ovvero dal d.p.r. 554 del 1999 che disciplina le
funzione e compiti e prevede che a questi spetta di proporre la definizione bonaria del
procedimento e delle controversie che insorgono in ogni fase di realizzazione dei lavori.
La difesa rileva che l’art.12 dello stesso decreto prevede “fondo per accordi bonari”,
prevedendo l’obbligatorietà di untl espressa revisione di bilancio. Previsioni che sono
state rispettate , tanto che l’incentivo da elargire a Vuozzo e ai suoi collaboratori è
stato di fatto previsto mediante una delibera di giunta n. 826 del 9 agosto 1999.

2.2.3.Nullità della sentenza impugnata per manifesta illogicità della motivazione ed
erronea applicazione dell’art. 314 c.p.: l’assenza del requisito del possesso o della
disponibilità di danaro pubblico e della conseguente appropriazione.
Le somme percepite da Vuozzo sono state dai giudici di merito qualificate come
danaro pubblico, mentre in realtà si trattava di danaro proveniente dalla Concessionaria
e sono da considerare un costo sostenuto dalla concessionaria, non gravante affatto
sull’ente pubblico. La somma è transita nelle casse del comune soltanto per retribuire
gli aventi diritto.

Considerato in diritto
1.11 rigore argomentativo e descrittivo della sentenza impugnata rende evidente
che la condotta dii Vuozzo è tale da liiieficonfigurare il delitto di abuso di ufficio e non
quello di peculato, delitto quest’ultimo anch’esso, peraltro, da dichiarare estinto per
prescrizione il 25 settembre 2013, trattandosi di condotte commesse, l’una il 18 ottobre
del 2000 e l’altra 21 febbraio 2001, come risulta dalla stessa sentenza di appello.
A seguito della legge n.86 del 1990, l’elemento oggettivo del reato di peculato è,
in ogni caso, costituito esclusivamente dall’appropriazione, la quale si realizza con una
condotta del tutto incompatibile con il titolo per il quale si possiede, da cui deriva una
estromissione totale del bene dal patrimonio dell’avente diritto con il conseguente
incameramento dello stesso da parte dell’agente.
Dopo lo novella del 1990 si affermò che per aversi appropriazione fosse
necessaria una condotta che non risultasse giustificata o giustificabile come pertinente
all’azione della pubblica amministrazione; e che pertanto fosse configurabile la
distrazione quando in presenza di pagamenti indebiti in favore di terzi, operati pur
sempre in nome e per conto della pubblica amministrazione e, dunque, senza negare
l’appartenenza pubblica del danaro, utilizzato nell’apparente rispetto di finalità
istituzionali. Di appropriazione avrebbe potuto parlarsi solo quando la creazione dì una
falsa apparenza di legalità fosse sopravvenuta alla già realizzata sottrazione del danaro
e tendesse ad occultarla o dissimularla; non quando gli artifici contabili o documentali
fossero essi stessi strumento di un illecito profitto realizzato mediante un infedele

fr’t

Peraltro, l’art. 31 bis è stato novellato dalla riforma del 2002.

7
esercizio di pubbliche funzioni. Pertanto, la distrazione a profitto altrui fosse da
ricondurre al delitto di abuso d’ufficio e non più al peculato (Sez. V, 24 giugno
1996,dep.7 agosto 1996, in Cass. Pen. n.1175 1997).
Ciò non significa che la soppressione del riferimento alla “distrazione”
nell’economia del nuovo testo dell’art.314 c.p. elimini la rilevanza della distrazione dalla
fattispecie di peculato, poiché il deviare una cosa da una finalità a un’altra implica che il
soggetto agente si comporti rispetto a essa come proprietario e, pertanto, se ne
appropria.

solo quello che rientra nella competenza funzionale specifica del pubblico ufficiale o
dell’incaricato di pubblico servizio, ma anche quello che si basa su un rapporto che
consenta al soggetto di inserirsi di fatto nel maneggio o nella disponibilità della cosa o del
denaro altrui, rinvenendo nella pubblica funzione o nel servizio anche la sola occasione
per un tale comportamento(Sez.VI, 12 febbraio 2015, dep.5 marzo 2015, n. 9660).
Altrettanto, vi è appropriazione nell’ipotesi in cui l’agente, mediante un atto
dispositivo di sua competenza o connesso a prassi e consuetudini invalse nell’ufficio, sia
in grado di inserirsi nel maneggio o nella disponibilità di danaro e di conseguire quanto
divenga poi oggetto di appropriazione(Sez.VI, 24 febbraio 2015, dep.29 aprile 2015, n.
18015).
Pertanto può ben integrare il requisito del possesso di fatto e di poter disporre di
danaro mediante ordini di pagamento, mandati di accreditamento e, dunque, la nozione
di disponibilità del denaro pubblico da parte del pubblico ufficiale non può essere ristretta
al caso della detenzione materiale della “cassa”. Invero, l’uscita del denaro dalla “cassa” è
il momento terminale di quello che normalmente è un procedimento complesso, al quale
il “cassiere” è estraneo se non per quanto concerne l’erogazione materiale del denaro
disposta da altri (Sez.VI, 24 giugno 1999, dep.28 settembre 1999, n. 11095).

2. Su queste premesse, è da escludere che, nel nostro caso, si sia verificato un
impossessamento di danaro, poiché Marcello Vuozzo, quale “responsabile del
procedimento” e capo del 9 0 settore dei lavori pubblici del Comune di Taranto, ha
adottato un atto del procedimento, che, al di là delle formule usate, dì per sé solo non era
tale da determinare l’erogazione delle somme per sé e per gli altri dipendenti. Atti che
erano da sottoporre al controllo di legalità e contabile, del Capo Settore dell’ufficio
finanziario.
In realtà, gli atti furono trasmessi al Capo del Settore Finanziario e alla Ragioneria,
uffici cui spettavano i predetti controlli, i quali adottarono i “mandati di pagamento”.
In questo contesto, assume significato quanto affermato dalla Corte dei Conti,
secondo cui il “Settore Finanziario, prima della registrazione dell’impegno”, a norma
dell’art. 124 del Regolamento del Comune di Taranto all’epoca vigente, “era tenuto”,
afferma il giudice contabile, “a verificare, tra l’altro, la legalità della spesa e la regolarità

Ne discende che il possesso qualificato dalla ragione dell’ufficio o del servizio non è

8
della documentazione”. Verifica “indispensabile e obbligatoria” per il parere di regolarità
contabile”.
Quanto al profilo della palese illegittimità dei due atti n.6107 del 5 ottobre 2000 e
n.8143 del 6 febbraio 2001, nella decisione della Corte dei Conti, si legge che le predette
deliberazioni facevano espresso riferimento “al pagamento per compenso per il
responsabile del procedimento a norma dell’art. 31 bis della legge n.109 del 1934” e ciò
rendeva ben evidente all’Amministrazione la “illegittimità della erogazione delle somme”.
Tale norma, come più volte posto in rilievo dai due giudici di merito, nel testo vigente

alla predisposizione dei fatti.
Ne discende la evidente e indiscutibile “illegittimità delle due “determine” a firma
di Vuozzo” e, dunque, la “illegale corresponsione della somma” di £ 400.000.000;
somma all’epoca già transitata – in ragione dei versamenti effettuati dalla società
concessionaria – nel bilancio del Comune di Taranto, acquistando in tal modo
giuridicamente “natura pubblica”.
3. Tali profili fattuali e giuridici pongono in rilievo, con incontrovertibile chiarezza,
che, sotto il profilo “strutturale”, la condotta fu realizzata da una pluralità di persone,
sebbene l’imputazione sia “mono soggettiva”.
Ne discende che il “vantaggio patrimoniale”, quale evento del delitto di abuso
d’ufficio, intenzionalmente procurato da Marcello Vuozzo a sé e agli altri dipendenti si è
realizzato all’esito dei due mandati di pagamenti, palesemente adottati in violazione di
norme di legge e di regolamento e ciononostante posti in esecuzione da altri agenti
pubblici, che avrebbero dovuto verificarne la legalità e respingere la illegale richiesta di
erogazione del danaro.
Concorso, dunque, solo “strutturale di persone” che rende responsabile del diverso
e meno grave reato di abuso d’ufficio il Capo Settore che diede avvio alla illegale
procedura che si concluse con l’atto “dispositivo”, il “mandato dì pagamento”, che il
Settore finanziario del Comune, inspiegabilmente e senza che risulti realizzata alcuna
condotta decettiva, non ritenne di impedire nonostante la “palese” violazione dell’art. 31
bis della legge n.109 del 1944.
Questa Corte, in una pressoché analoga questione i nel risolvere i rapporti tra truffa
e gtf peculato, ha ritenuto configurabile il delitto di truffa, aggravato ai sensi dell’art. 61 n.
9, c. p., e non quello di peculato quando l’atto che in concreto produce l’effetto di
appropriazione si inserisce in una procedura articolata, nella quale più soggetti sono
chiamati a intervenire e l’agente infedele, per ottenere il trasferimento della cosa nella
sua materiale e personale disponibilità, deve ricorrere ad una condotta decettiva che gli
procuri il compimento di atti di disposizione aventi natura costitutiva la cui adozione
compete a terzi (Sez. VI, 4 aprile 2014,dep.16 luglio 2014, n.31243).

all’epoca dei fatti ” non prevedeva alcun compenso per i dipendenti che partecipavano

9

3.1.Le deduzioni difensive con le quali si sostiene la regolarità delle due
“determine” adottate da Vuozzo, non sono altro che ripetitive di quanto già posto in
rilievo al giudice d’appello che ha risposto in termini chiari e specifici, facendo riferimento
a circostanze di fatto, oltre che giuridiche, per le quali ha rigettato la diversa ipotesi
difensiva
4.In conclusione non è configurabile il delitto di peculato bensì quello di abuso
d’ufficio nel caso in cui l’agente pubblico, pur titolare del potere di emettere
provvedimenti che diano avvio a procedure volte a dare alla res o alla pecunia altrui una

pagamento”, attribuiti per legge o per norme di regolamento ad altri organi della stessa
amministrazione, adotti determinazioni illegittime che, senza alcuna condotta decettiva o
di concorso con gli agenti pubblici preposti al controllo e a disporre, all’esito i i pagamenti,
diano poi luogo all’emissione di mandati o ordini di pagamento di somme che recepiscano
quale presupposto le determinazioni illegittime delle proposte formulate, in tal modo
intenzionalmente procurando a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale.
5. La diversa qualificazione del fatto quale abuso d’ufficio aggravato ex art. 61 n.
7 c.p, al pari del più grave delitto di peculato, comporta anch’essa la estinzione del reato
per intervenuta prescrizione, poiché il fatto è stato commesso nel lontano 21 febbraio del
2001.
Non vi sono elementi che possano comportare – in base all’esame delle ragioni per
le quali vi è stata condanna in primo grado, poi confermata in appello – l’assoluzione nel
merito dell’imputato ex art. 129, cpv c.p.. La ricostruzione dei fatti come delineate in
motivazioni impone la conferma delle statuizioni civili.
P.Q.M.
Qualificato il fatto come abuso d’ufficio ex att.323 e 61 n.7 c.p., annulla senza rinvio la
sentenza impugnata, perché il reato è estinto per prescrizione, ferme restando le
statuizioni civili. Condanna il ricorrente a rifondere alla parte civile , Comune di Taranto,
le spese sostenute in questo grado, liquidate in euro 10.500 complessivi, oltre IVA e
CPA.
Così deciso in Roma, 11 novembre 2015.

diversa destinazione e non anche titolare del potere di adottare “mandati o ordini di

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA