Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8017 del 13/12/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 8017 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: ZAZA CARLO

SENTENZA

sui ricorsi proposti da
1. Sette Leonardo, nato ad Altamura 1’11/03/1954
2. Sette Michele, nato ad Altamura il 21/03/1956
3. Sette Vito, nato ad Altamura il 12/04/1962
4. Sette Domenica Massimiliana, nata ad Altamura il 12/04/1962

avverso la sentenza del 05/05/2011 della Corte d’Appello di Bari

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere Carlo Zaza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Aldo
Policastro, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza
impugnata limitatamente alla determinazione della pena per Leonardo Sette,
Michele Sette e Vito Sette e per il rigetto dei ricorsi nel resto;
udito per gli imputati ravv. Andrea ~eri°, che ha concluso per raccoglimento
dei ricorsi;

1.

Data Udienza: 13/12/2012

RITENUTO IN FAITO

Con la sentenza impugnata veniva confermata la sentenza del Giudice
dell’udienza preliminare del Tribunale di Bari dell’01/02/2006 nella condanna di
Leonardo Sette, Michele Sette, Vito Sette e Domenica Massimiliana Sette alla
pena di anni due di reclusione per il reato di cui all’art.216 r.d. 16 marzo 1942,
n. 267, commesso dai primi tre quali soci illimitatamente responsabili della
Fratelli Sette s.n.c., dichiarata fallita in Bari il 14/07/2003, distraendo la somma

maggio del 2003, e distraendo o dissipando beni sociali con la vendita a prezzo
inferiore al costo d’acquisto del prodotti della società negli anni 2001 e 2002 e
con la stipula di contratti di locazione dell’azienda di Altamura alla ditta di Anna
Dimarno, moglie di Michele Sette, e di due immobili siti rispettivamente in
Altamura e Gassano Murge alla Eurosette s.r.I., della quale era socio ed
amministratore Domenica Massimiliana Sette, figlia di Leonardo Sette, a canoni
inferiori a quelli praticati sul mercato locale, e da Domenica Massimiliana Sette
concorrendo nelle condotte relative agli immobili. La sentenza di primo grado
veniva parzialmente riformata relativamente alla condanna di Leonardo Sette,
Michele Sette e Vita Sette per l’ulteriore reato di bancarotta fraudolenta
documentale, dichiarato estinto per prescrizione a seguito della derubricazione in
bancarotta semplice.
Gli imputati ricorrono sui punti e per i motivi di seguito indicati.
1. Sull’affermazione di responsabilità per i fatti contestati in relazione ai
contratti di locazione, i ricorrenti deducono mancanza di motivazione in ordine
all’utilizzabilità della consulenza tecnica del pubblico ministero, in quanto priva di
indicazioni sui criteri utilizzati e fondata su valutazioni effettuate da un ausiliario
al quale, ai sensi dell’art. 228, comma secondo, cod. proc. pen., possono essere
delegate unicamente attività materiali e non quelle che implichino accertamenti o
valutazioni, all’omesso esercizio di azioni revocatorie per i contratti in esame e,
quanto in particolare alla locazione dell’azienda, all’obsolescenza ed allo scarso
valore delle attrezzature. I ricorrenti lamentano altresì violazione di legge nella
qualificazione come distrattivi di atti dispositivi che non costituivano sui beni
vincoli non inerenti alle finalità dell’impresa, trattandosi di locazioni di immobili
con divieto di mutamento della loro destinazione e dell’affitto di un’azienda per
svolgimento di un’attività di commercio di generi alimentari.
2. Riproponendo un’eccezione di nullità della sentenza di primo grado nel
giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti del danno
rilevante e della pluralità di fatti di bancarotta, in realtà non contestatele, la
ricorrente Domenica Sette deduce illogicità dell’argomentazione della Corte
2

di €.90.100, prelevata in varie soluzioni dalle casse sociali dal 31 marzo al 21

d’Appello per la quale la motivazione delle sentenza di primo grado chiarirebbe
che il giudizio di comparazione veniva effettuato solo per gli imputati ai quali
erano contestate le aggravanti, rispetto ad un dispositivo che accomunava le
posizioni di tutti gli imputati.
3. Sulla determinazione della pena, la ricorrente Domenica Sette deduce
mancanza di motivazione, anche ai fini del riconoscimento dell’attenuante della
particolare tenuità del danno, in ordine all’essersi la condotta risolta nella mera
apposizione di un vincolo temporaneo sui beni. Gli altri ricorrenti deducono

declaratoria di estinzione del reato di bancarotta documentale, in violazione del
divieto di reformatio in pejus.
4.

Sul diniego del beneficio della non menzione, la ricorrente deduce

mancanza di motivazione in ordine all’incensuratezza dell’imputata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I motivi di ricorso relativi all’affermazione di responsabilità degli imputati
per i fatti contestati in relazione ai contratti di locazione sono infondati.
Le censure riguardanti l’intervento di un ausiliario nella valutazione di
congruenza dei canoni di locazione e l’indicazione dei relativi criteri sono in primo
luogo inammissibili in quanto non proposte con i motivi di appello; il che non
consente in particolare l’esame in questa sede dei rilievi di inutilizzabilità, la cui
valutazione presuppone accertamenti di fatto sulla portata dell’opera
dell’ausiliario e sulla precisazione dei criteri di stima, rimessi al previo scrutinio
del giudice di merito (Sez. 6, n. 37767 del 21/09/2010, Rallo, Rv. 248589; Sez.
4, n. 2586 del 17/12/2010 (26/01/2011), Bongiovanni, Rv. 249490).
Anche a prescindere da ciò, la questione della conformità dei canoni ai valori
dei beni assumeva, nella motivazione della sentenza impugnata, rilevanza non
esclusiva rispetto alla qualificazione delle condotte come distrattive. L’oggetto di
queste ultime veniva infatti individuato già nella sentenza di primo grado non
nella componente dei canoni non corrisposta rispetto alla misura adeguata, ma
nei beni stessi; la sottrazione dei quali all’impresa, in considerazione non solo
della dimensione dei canoni pattuiti, ma anche dei già significativi elementi del
contesto temporale nel quale i contratti venivano conclusi e del loro vedere quali
controparti soggetti legati agli imputati, veniva coerentemente valutata dai
giudici di merito come finalizzata a mantenere la disponibilità dei beni stessi in
pregiudizio dei creditori e nella previsione della fallimento.

3

violazione di legge nella conferma della pena inflitta in primo grado nonostante la

Rimanendo superate da tali considerazioni le censure di omessa motivazione
su aspetti per quanto detto non decisivi rispetto alla sussistenza dei fatti per i
quali è intervenuta condanna, infondata è altresì la doglianza sulla qualificazione
giuridica dei fatti stessi quali distrazioni penalmente rilevanti. Un contratto di
locazione, laddove ne sia motivatamente accertata, come nel caso di specie, la
finalità al trasferimento della disponibilità del bene locato nella prospettiva del
fallimento, integra infatti il reato di bancarotta per distrazione, a prescindere
dalla natura del vincolo che esso costituisca sul bene, nel momento in cui per un

e per altro, non comportando il fallimento la rescissione del contratto, ma
unicamente il subentro nello stesso della curatela, pregiudica la liquidazione
dell’attivo in sede fallimentare, compromettendo la collocazione sul mercato di
beni non immediatamente disponibili e comunque producendone una
svalutazione in pregiudizio dei creditori (Sez. 5, n. 11207 del 29/10/1993,
Locatelli, Rv. 196456; Sez. 5, n. 3302 del 28/01/1998, Manine!, Rv. 209947;
Sez. 5, n. 46508 del 27/11/2008, Scirè, Rv. 242614)

2. Il motivo di ricorso proposto da Domenica Sette in ordine all’eccepita
nullità della sentenza di primo grado è inammissibile.
La ricorrente si duole infatti che dalla sentenza di cui sopra emerga
l’attribuzione all’imputata di aggravanti, in effetti alla stessa non contestate,
ritenute comunque subvalenti rispetto alle attenuanti; il che, come più volte
affermato da questa Corte, priva il ricorso nel necessario presupposto
dell’interesse ad impugnare (Sez. 1, n. 16398 del 14/01/2008, Civita, Rv.
239579; Sez. 3, n. 16717 del 09/03/2011, Khadim, Rv. 250000). Inconferente,
oltre che minoritaria, è la diversa pronuncia citata dalla ricorrente (Sez. 5, n.
37095 del 22/04/2009, G., Rv. 246580) , in quanto relativa ad un caso nel quale
l’aggravante, ritenuta subvalente, era stata effettivamente contestata. Il ricorso
è comunque generico a fronte di un’argomentazione della sentenza impugnata
che precisava come dalla motivazione della decisione di primo grado emergesse
chiaramente che il giudizio di comparazione riguardava solo gli imputati ai quali
le aggravanti erano state addebitate.

3. I motivi di ricorso relativi alla determinazione della pena sono infondati.
Il riferimento della motivazione della decisione di primo grado, richiamata
dalla sentenza di primo grado, all’elevato valore dei beni sottratti, costituisce
adeguata motivazione per l’esclusione dell’attenuante della speciale tenuità del
danno e per la determinazione della pena nei confronti di Domenica Sette;
rispetto alla quale i rilievi della ricorrente sulle modalità concrete della
4

verso priva l’impresa in dissesto della possibilità di esercitare la propria attività,

distrazione rimangono portatori di una mera valutazione alternativa degli stessi
elementi, inidonea ad evidenziare vizi rilevabili in questa sede.
Per ciò che riguarda la censura proposta dagli altri ricorrenti in ordine alla
conferma della pena inflitta in primo grado pur in presenza della declaratoria di
estinzione del reato di bancarotta documentale, è senza dubbio vero che in una
situazione siffatta vi è per il giudice d’appello, ai sensi dell’art. 597, comma
quarto, cod. proc. pen., l’obbligo della riduzione in misura corrispondente della
pena irrogata, ribadito per il caso del proscioglimento in relazione ad uno dei fatti

240279). Ma tale generale previsione non era applicabile nel caso di specie, ove
la pena-base veniva determinata nel minimo edittale di anni tre di reclusione e
ridotta ad anni due nella massima estensione consentita per le riconosciute
attenuanti generiche; il giudice d’appello non poteva pertanto che confermare la
sentenza di primo grado sul punto.

4. E’ infine inammissibile il motivo di ricorso proposto da Domenica Sette sul
diniego del beneficio della non menzione.
La richiesta di concessione del beneficio non risulta infatti proposta fra i
motivi d’appello, e neppure a conclusione della discussione nel giudizio di
secondo grado; la censura di omessa motivazione sul punto non è pertanto
consentita.
I ricorsi devono in conclusione essere rigettati, seguendone la condanna dei
ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P. Q. M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento ciascuno delle spese
processuali.
Così deciso in Roma il 13/12/2012

Il Consigliere este

re

A

Il Presidente

di bancarotta contestati (Sez. 1, n. 17777 del 27/03/2008, Caprioglio, Rv.

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