Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8015 del 07/12/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 8015 Anno 2013
Presidente: GRASSI ALDO
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
OTTONELLO FILIPPO N. IL 23/07/1940
avverso la sentenza n. 56/2008 TRIBUNALE di GENOVA, del
04/11/2009
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/12/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.

che ha concluso per

ne-,

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 07/12/2012

..,filtO• •

FATTO E DIRITTO
In data 10 febbraio 2010 ha proposto ricorso per cassazione – pervenuto presso questa Corte il 27 marzo
2012 – Ottonello Filippo avverso la sentenza del Tribunale di Genova in data 4 novembre 2009 con la quale
per quanto qui d’interesse- era stata confermata la condanna inflitta in primo grado in ordine al reato di
ingiurie, commesso il 13 settembre 2005, in danno di Comini Franco.
Deduce
1) la violazione dell’articolo 20 comma 6 in relazione al comma 2 lett. C) D. L.vo n. 274 del 2000 per
circostanze specifiche su cui doveva vertere l’esame dei testi indicati: il giudice dell’appello non
aveva replicato puntualmente a tale rilievo;
2) la mancanza di motivazione in ordine al motivo di appello con il quale si era dedotta la insufficienza
delle due testimonianze a carico, acquisite in udienza, a sostenere l’assunto accusatorio.
Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
Osserva la giurisprudenza di questa Corte che la violazione dell’obbligo della indicazione delle circostanze
su cui deve vertere l’esame testimoniale, previsto dalle disposizioni dettate per il procedimento dinanzi al
Giudice di pace, comporta l’inutilizzabilità della testimonianza solo quando al teste viene richiesto un
contributo di conoscenza ulteriore rispetto a quanto già descritto nel capo d’imputazione, ma non quando
questi è chiamato a confermare la sussistenza del fatto storico ivi enunciato (Sez. 4, Sentenza n. 25523 del
10/05/2007 Ud. (dep. 04/07/2007) Rv. 236990).
Sulla stessa linea e con riferimento alla omologa disposizione del codice di rito, si è evidenziato che
l’obbligo dell’indicazione delle circostanze su cui deve vertere l’esame dei testimoni, imposto dal primo
comma dell’ art. 468 cod. proc. pen., è necessario solo quando le circostanze si discostino dal capo di
imputazione, ampliandosi così la tematica che si intende proporre nell’istruttoria dibattimentale. Detto
obbligo deve ritenersi rispettato non soltanto quando,nella lista testimoniale, le circostanze sono indicate
con richiamo diretto al capo di imputazione, ma anche quando sia possibile dedurre “per relationem” che la
persona indicata è tra i protagonisti dei fatti articolati nel capo di imputazione e le circostanze sulle quali è
chiamata a deporre sono ricomprese in esso o in altri atti che debbono essere noti alle parti. Infatti la
finalità dell art. 468 è quella di tutelare le parti del processo contro la introduzione di eventuali prove a
sorpresa e di consentire loro la tempestiva predisposizione di proprie controdeduzioni (Sez. 3, Sentenza n.
10504 del 30/06/1999 Ud. (dep. 03/09/1999) Rv. 214444).
Tali principi sono quelli ai quali si è uniformato il giudice dell’appello dando atto della perfetta intelligibilità
degli originari due capi di imputazione e della conseguente, implicita, possibilità di dedurre per relationem,
dal tenore degli stessi, le circostanze sulle quali i testimoni indicati in lista avrebbero dovuto deporre.
Una simile conclusione non può dirsi in concreto inficiata dal fatto che le imputazioni erano, per l’appunto,
due e due erano i testi indicati nella lista della accusa, con conoscenze limitate ad un episodio per
ciascuno, posto che anche una simile evenienza fa ritenere comunque rispetta la ratio del precetto, come
sopra individuata: quella cioè di evitare che l’imputato si trovi menomato nella prerogativa della
controprova rispetto a prove a sorpresa.
Nella specie , il dibattimento ha reso evidente , soltanto, che la utilità di fatto di ognuna delle due
deposizioni era non più ampia ma semmai minore e più circoscritta- sempre con riferimento ai temi fissati
nei capi di imputazione- rispetto alle aspettative.
Il secondo motivo di ricorso è inammissibile genericità.

non essere state dettagliate, nell’atto di citazione, in relazione a ciascuno dei fatti contestati, le

11,

Non è sufficiente, infatti, a far ritenere rispettati i criteri di specificità fissati dall’articolo 581 cpp, la
redazione del motivo di ricorso mediante rinvio per relationem al motivo d’appello che si assume trascurato
in motivazione, se non si evidenzia in maniera dettagliata, anche ai fini della comprensione della rilevanza
della doglianza, la ragione per la quale la mancanza di motivazione segnalata si dovrebbe riverberare in
maniera decisiva sulla tenuta del ragionamento sviluppato nel provvedimento impugnato.
Nel caso di specie, fermo il fatto che l’accusa di avere preferito la parola ingiuriosa “culattone” è stata
ritenuta provata, dal Tribunale, alla luce delle dichiarazioni della persona offesa, ritenute corroborate da
quelle del teste Mastropasqua, si rileva come la doglianza della difesa si limiti a chiedere conto della accusa
di contraddittorietà rivolta alle dichiarazioni del Mastropasqua, senza chiarire in cosa sarebbe consistita

PQM
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Roma 7 dicembre
il Presidente

L78.24,00

2012
il Consigliere estensore
kaiukethiatA —

tale asserita contraddittorietà che il Tribunale avrebbe colpevolmente ignorato.

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