Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8012 del 10/01/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 8012 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: DOVERE SALVATORE

Data Udienza: 10/01/2014

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) MACELLARI LUIGI, N. IL 16.12.1931,
avverso la sentenza n. 589/2013 pronunciata dal G.i.p. del Tribunale di Piacenza il 3/7/2013;
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Salvatore Dovere;
lette le conclusioni del P.G. Dott. Elisabetta Cesqui, che ha chiesto la declaratoria di
inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Macellari Luigi è stato giudicato per il reato di guida in stato di ebbrezza [art. 186, co. 2
lett. b) C.d.S., commesso in data 8.12.20121 e gli è stata applicata, ex art. 444 cod. proc.
pen., concessa la diminuente del rito, la pena di giorni quindici di arresto ed euro 700 di
ammenda, con la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida
per la durata di anni uno.

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2. Il Macellari propone ricorso per cassazione e deduce la violazione di legge, con
riferimento alla sanzione amministrativa accessoria, che si assume irrogata in una misura che
priva il condannato dell’interesse a richiedere la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità;
e che, per essere coincidente con la misura massima, è incongrua per essere stata
determinata in rapporto alla misura del tasso alcolemico riscontrato.
Il ricorrente, che si era opposto a decreto penale con il quale gli era stata inflitta la pena di
giorni dieci di arresto ed euro cinquecento di ammenda, sostituita quella detentiva con la

accedeva la sospensione della patente di guida per la durata di sei mesi, con la richiesta di
patteggiamento ha chiesto ed ottenuto l’applicazione di una pena che, all’esito della
diminuzione per il rito prescelto, è stata di giorni quindici di arresto ed euro settecento di
ammenda, sostituita con il lavoro di pubblica utilità. Il giudice disponeva altresì la
sospensione della patente di guida per la durata di un anno.
Assume l’esponente che in tal modo si è annullato il beneficio derivante dalla scelta del
lavoro sostitutivo, perché la prevista riduzione alla metà della durata della sanzione
amministrativa accessoria per il caso di positiva esecuzione della pena sostitutiva conduce ad
una misura non inferiore a quella che si era fissata con il decreto penale, annullando in tal
modo ‘la convenienza di una misura alternativa’.

3. Con memoria depositata il 30.11.2013 il difensore del Macellari ha ulteriormente
argomentato la richiesta di annullamento della decisione impugnata, richiamando
l’insegnamento di questa Corte per il quale il giudice è tenuto a motivare tanto più
compiutamente l’esercizio del potere discrezionale di determinazione della durata della
sospensione della patente di guida quanto più la durata si approssimi al massimo edittale.
CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è infondato.
4.1. Il primo rilievo operato dal ricorrente appare ignorare che la commisurazione della
pena, intesa in senso ampio, come tale comprendente anche la determinazione dell’an e del
quantum di eventuali sanzioni accessorie, penali o amministrative, risponde a criteri o indici
normativamente prescritti (art. 133 cod. pen. e art. 218 C.d.S., ad esempio), tra i quali non è
considerato l’interesse del condannato a compiere opzioni utilitaristiche, certamente legittime
ma non fornite di tutela giuridica. Peraltro, l’ordinamento processuale non pone alcun
rapporto tra la pena definita in sede di decreto penale di condanna e quella che
successivamente, a seguito dell’opposizione, viene determinata. Né potrebbe essere
diversamente, giungendo la diversa opzione a pregiudicare in radice l’essenza stessa del
potere giurisdizionale, posto che al giudice investito del procedimento a seguito
dell’opposizione verrebbe sottratto il potere di determinare il trattamento sanzionatorio più
adeguato al fatto ed al suo autore.

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pena pecuniaria corrispondente, per complessivi euro tremila di ammenda, alla quale

Può anche aggiungersi che se è certamente vero che nel microsistema delineato dal Cod.
str. il legislatore ha previsto quale incentivo alla (non opposizione dell’interessato alla)
sostituzione della pena principale con il lavoro di pubblica utilità l’effetto dell’estinzione del
reato e quello del dimezzamento della durata della sospensione della patente di guida, non è
però vero che tale incentivo viene meno quando, come nel caso di specie, la durata di
quest’ultima viene raddoppiata rispetto a quanto previsto con il decreto penale. L’utilità
derivante dal lavoro sostitutivo è comunque assicurata dai menzionati effetti – estintivi e

oltre al fatto che si tratta di esito persino coerente con l’interesse sotteso all’istituto del
decreto penale, la cui funzione è quella di assicurare una maggiore economia delle risorse
processuali, l’inesistenza di un riconoscimento normativo di quella utilità confina l’evenienza
nel perimetro del giuridicamente indifferente.
4.2. Le sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 930 del 13.12.1995, riv. 203429,
hanno affermato che “la durata della sospensione della patente di guida deve essere
ragguagliata alla gravità del fatto e alla pericolosità specifica nella guida dimostrata dal
condannato”.
La sentenza impugnata è in linea con il citato principio laddove il giudicante, nel determinare
la durata della sospensione della patente di guida, ha fatto espresso riferimento alla gravità
del fatto, esplicata con la locuzione “non lieve superamento del limite di 0,80 gr/1” (in effetti,
il tasso alcolemico accertato viene indicato in 1,41 gr/I, ‘quindi prossimo al massimo di 1,5
gr/l), così adeguando la sanzione al caso concreto. Formula un’asserzione errata l’esponente
quando assume che non sussiste rapporto proporzionale tra misura del tasso alcolemico ed
entità della sanzione amministrativa accessoria, quella misura essendo componente
essenziale per la determinazione della gravità del fatto. Giova ricordare, al riguardo, che l’art.
218, co. 2 C.d.S. dispone che la durata della sospensione della patente deve essere
determinata “nei limiti minimo e massimo fissati da ogni singola norma, … in relazione
all’entità del danno apportato, alla gravità della violazione commessa, nonché al pericolo che
l’ulteriore circolazione potrebbe cagionare”.
Né ha pregio il tardivo appellarsi ad un difetto di motivazione, come appena mostrato,
insussistente.
5. Al rigetto del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso nella camera di consiglio del 10.1.2014.

diminuenti -; quel che in realtà viene meno è l’utilità dell’opposizione al decreto penale. Ma,

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