Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8012 del 07/12/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 8012 Anno 2013
Presidente: GRASSI ALDO
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI EGIDIO ANGELADEA N. IL 16/10/1965
avverso la sentenza n. 1000/2011 TRIBUNALE di TERAMO, del
07/10/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/12/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
“e–‘

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 07/12/2012

Fatto e diritto
Propone ricorso per cassazione Di Egidio Angeladea avverso la sentenza del Tribunale di Teramo in data 7
ottobre 2011 con la quale è stata confermata quella di primo grado, di condanna in ordine ai reati di
ingiuria e minacce in danno di Nardone Grazia Paola, commessi il 9 febbraio 2007.
La vicenda si era sviluppata tra soggetti abitanti nel medesimo condominio, allorchè la querelante era
transitata su un pianerottolo condominiale del quale la imputata rivendicava la assoluta proprietà: in tale
frangente l’imputata aveva apostrofato con espressioni offensive e minacciose la controparte, e

Deduce il vizio di motivazione e la violazione dell’articolo 192 Cpp, avendo, i giudici del merito,
immotivatamente attribuito valore prevalente alle dichiarazioni della persona offesa rispetto alla
documentazione offerta dalla difesa dell’imputata.
D’altra parte il giudice dell’appello aveva replicato al rilievo riportandosi ad una presunta completezza della
sentenza di primo grado la quale invece, eloquentemente, aveva ricostruito i fatti in termini di
verosimiglianza sostanzialmente rinunciando a una ricostruzione più completa che tenesse conto del punto
di vista e delle prove addotte dall’imputata.
In particolare si sarebbe dovuto considerare che fra le parti vi erano numerosi contenziosi anche civili che si
erano conclusi in buona parte a favore dell’imputata e della sua famiglia, sicché avrebbe dovuto trovare
applicazione il principio giurisprudenziale secondo cui le dichiarazioni della persona offesa, quando vi siano
elementi che ne rendano dubbia la accreditabilità, debbono essere valutate unitamente ad elementi di
riscontro.

Il ricorso è inammissibile sia in quanto costituito dalla mera riproposizione di analogo motivo di appello già
argomentatamente rigettato dal Tribunale, sia per genericità.
Invero occorre evidenziare che il ricorso in esame presenta le stesse caratteristiche di genericità già
apprezzate e messe in evidenza dal Tribunale con riferimento al contenuto dell’atto di appello.
Risulta cioè che la motivazione del provvedimento impugnato, resa con riferimento alle aspecifiche
doglianze contenute nel gravame che ha investito il Tribunale, è perfettamente calzante anche con
riferimento all’analogo tenore del ricorso per cassazione: il quale dunque si contraddistingue per essere la
mera ripetizione dell’atto d’appello e per la assenza, in esso, della specifica indicazione delle circostanze di
fatto ed in diritto sulle quali le doglianze dovrebbero poggiare.
La difesa lamenta la illogicità e comunque la carenza della motivazione che terrebbe conto della sola
versione della persona offesa, ignorando quella dell’imputata, senza tuttavia indicare in cosa sarebbe
consistita la allegazione della ricorrente e quali sarebbero stati i fatti o i documenti da essa prodotti per
dimostrare la propria innocenza o comunque la meritevolezza di un proscioglimento.
Un simile modo di presentare l’atto d’impugnazione contravviene all’articolo 581 Cpp che invece pretende
la indicazione specifica delle dette circostanze in fatto e in diritto a sostegno del motivo di doglianza.
Il modo stesso con il quale è stato confezionato il ricorso per cassazione, per le ragioni appena esposte,
rende palese come il provvedimento impugnato non sia esposto ad alcuna delle censure prospettate ed
anzi si rinviene in esso la completa disamina delle dichiarazioni della persona offesa le quali sono state
ritenute oggettivamente corroborate dalla prova che l’imputata ha posto in essere altri episodi a danno di
altri condomini e del personale dell’impresa di pulizie nei confronti dei quali, così come nei confronti
dell’odierna persona offesa, ha rivendicato la esclusiva proprietà del pianerottolo antistante il proprio
appartamento: una posizione, quella della imputata, che è all’origine della aggressione verbale di cui
all’imputazione.

successivamente, proposta querela, si era costituita parte civile.

Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 cpp, la condanna del ricorrente al versamento, in favore della
cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro 1000.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed a
versare alla cassa delle ammende la somma di euro 1000.
2012

Il Presidente

il Cons. est.

Roma

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