Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8011 del 20/12/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 8011 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BOJIC MICHELE NEDELCO N. IL 13/09/1987
avverso la sentenza n. 3782/2013 TRIBUNALE di MILANO, del
02/04/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SALVATORE
DOVERE;
lette/mete le conclusioni del PG Dott.
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Data Udienza: 20/12/2013

FATTO E DIRITTO
1. Con atto sottoscritto personalmente, Bojic Michele Nedelco ricorre per
cassazione contro la sentenza di applicazione concordata della pena in epigrafe
indicata, con la quale gli è stata inflitta la pena di anni uno mesi sei di reclusione
ed euro quattrocento di multa, per il reato di concorso in tentato furto
aggravato,

deducendo carenza di motivazione della medesima in ordine

all’insussistenza di una delle “cause di non punibilità” di cui all’articolo 129 cod.

2. In data 17.12.2013 è pervenuta a questa Corte una dichiarazione fatta
dall’imputato all’ufficio matricola della Casa di reclusione di Opera, del seguente
tenore: “rinuncio ai termini per proporre impugnazione e chiedo il definitivo”.

3. Il ricorso è inammissibile, in primo luogo per l’avvenuta rinuncia al medesimo,
ex art. 591, comma 1, lettera d), cod. proc. pen.
Inoltre, ne va dichiarata l’inammissibilità anche ai sensi dell’art. 606, comma
3, cod. proc. pen., perché proposto per motivi manifestamente infondati e, ex
articolo 591, comma 1, lettera c), cod. proc. pen., perché i motivi sono privi del
requisito della specificità, consistendo nella generica esposizione della doglianza
senza alcun contenuto di effettiva critica alla decisione impugnata.
Come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis Cass. S.U. 27
settembre 1995, Serafino), l’obbligo della motivazione della sentenza di
applicazione concordata della pena va conformato alla particolare natura della
medesima e deve ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto, ancorché
succintamente, di aver proceduto alla delibazione degli elementi positivi richiesti
(la sussistenza dell’accordo delle parti, la corretta qualificazione giuridica del
fatto, l’applicazione di eventuali circostanze ed il giudizio di bilanciamento, la
congruità della pena, la concedibilità della sospensione condizionale della pena
ove la efficacia della richiesta sia ad essa subordinata) e di quelli negativi (che
non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell’articolo
129 c.p.p.).
In particolare, il giudizio negativo in ordine alla ricorrenza di una delle ipotesi
di cui all’articolo 129 cod. proc. pen. deve essere accompagnato da una specifica
motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti
emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non
punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una
motivazione consistente nell’enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta
la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per una
pronuncia di proscioglimento ai sensi della disposizione citata.

2,

proc. pen.

Nel procedimento speciale di applicazione della pena su richiesta delle parti, il
giudice decide, invero, sulla base degli atti assunti ed è tenuto, pertanto, a
valutare se sussistano le anzidette cause di proscioglimento soltanto se le stesse
preesistano alla richiesta e siano desumibili dagli atti medesimi.
Non è consentito, dunque, all’imputato, dopo l’intervenuto e ratificato
accordo, proporre questioni in ordine alla mancata applicazione dell’articolo 129
cod. proc. pen. senza precisare per quali specifiche ragioni detta disposizione
avrebbe dovuto essere applicata nel momento del giudizio.

che, ove considerati dal decidente, avrebbero condotto a rilevare l’evidenza della
prova dell’irresponsabilità dell’imputato.

3. Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore
della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di
euro 1000,00 (mille/00) a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20/12/2013.

Nel caso che occupa il ricorrente non ha indicato quali fossero gli elementi

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