Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8 del 16/11/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 8 Anno 2017
Presidente: FUMU GIACOMO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto personalmente da Cutolo Vincenzo, n. a Napoli il
17/09/1974, rappresentato e assistito dall’avv. Luana Granozio,
d’ufficio, avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia, prima
sezione penale, n. 4825/2009, in data 28/09/2015;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione della causa fatta dal consigliere dott. Andrea
Pellegrino;
udita la requisitoria dell’Avvocato generale dott. Carmine Stabile che
ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 28/09/2015, la Corte d’appello di
Trieste confermava nei confronti di Vincenzo Cutolo la pronuncia di
primo grado resa dal Giudice dell’udienza preliminare presso il
Tribunale di Treviso in data 16/06/2009 che lo aveva condannato alla
pena di anni tre di reclusione ed euro 1.000,00 di multa per il reato di

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Data Udienza: 16/11/2016

rapina aggravata.
2. Avverso detta sentenza, Vincenzo Cutolo propone ricorso per
cassazione per i seguenti motivi:
– (primo motivo) violazione di legge in relazione all’art. 420 ter cod.
proc. pen., per non avere la Corte territoriale accolto la richiesta del
difensore di differimento dell’udienza del 28/09/2015 nonostante il
legittimo, assoluto e prontamente comunicato impedimento a

comparire del difensore in ragione della ricorrenza di concomitante
impegno professionale;
– (secondo motivo) violazione di legge e vizio di motivazione in
relazione all’art. 628, commi 1 e 3 n. 1 e 2 cod. pen.: in particolare,
si censura la decisione che ha ritenuto provata la penale
responsabilità del ricorrente sulla base delle sole dichiarazioni rese
dalla persona offesa nell’immediatezza dei fatti senza verificarne gli
elementi di riscontro;
– (terzo motivo) violazione di legge e vizio di motivazione in relazione
agli artt. 62 bis, 62 n. 4 e 133 cod. pen.: in particolare, nell’omettere
di riconoscere le circostanze attenuanti generiche e nell’escludere un
trattamento sanzionatorio più favorevole rispetto a quello praticato, la
Corte territoriale non ha tenuto conto del comportamento
dell’imputato che aveva da subito ammesso le proprie responsabilità
ed aveva avanzato richiesta di rito abbreviato, anche ai fini di una
rapida definizione del processo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato con riferimento al primo assorbente
motivo e, come tale, risulta meritevole di accoglimento.
2.

Risulta dagli atti del procedimento — il cui accesso è

pienamente consentito dalla tipicità del vizio denunciato — che, in
data 24/09/2015, l’avv. Nello Sgambato, unico difensore di fiducia di
Cutolo Vincenzo, officiato dell’incarico nella medesima data, in
presenza delle condizioni previste dall’art. 420-ter, comma 5 cod.
proc. pen., chiedeva alla Corte d’appello di Venezia il rinvio ad altra
data dell’udienza fissata per il 28/09/2015 con sospensione dei
termini di prescrizione. Evidenziava l’istante come, nella medesima
data del 28/09/2015, lo stesso risultasse impegnato in ben altri

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quattro procedimenti penali (nei confronti, rispettivamente di G.A., di
S.U., di S.M. e di D.P.D., tutti avanti la medesima autorità giudiziaria
(Tribunale di Santa Maria Capua Vetere) e che al momento lo
scrivente si trovava nell’impossibilità di nominare sostituti processuali
in quanto presso lo studio non vi sono altri collaboratori abilitati a
presenziare innanzi alla Corte di Appello.
2.1. La Corte territoriale, con provvedimento reso all’udienza del

28/09/2015, pur dando atto che l’avv. Sgambato era stato nominato
solo tre giorni prima dell’udienza, considerando tardiva la nomina e la
facoltatività della presenza del difensore all’udienza, in assenza di
quest’ultimo, respingeva la richiesta di differimento e disponeva
procedersi oltre.
2.2. Va preliminarmente evidenziato come, a parere del
Collegio, debba essere pienamente seguita la giurisprudenza di
legittimità secondo la quale, nel giudizio abbreviato di appello,
soggetto al rito camerale, si applichi l’art. 420-ter, comma 5, cod.
proc. pen., che impone il rinvio del procedimento in caso di legittimo
impedimento del difensore (cfr., Se. 6, n. 10157 del 21/10/2015,
dep. 2016, Caramia, Rv. 266531; Sez. 3, n. 35576 del 05/04/2016,
Lattanzi, Rv. 267632).
2.2.1. Risulta pacifico che l’udienza camerale alla quale il
difensore non ha partecipato adducendo un legittimo impedimento
fosse stata fissata dalla Corte d’appello a norma del combinato
disposto degli artt. 443, comma 4, e 599 cod. proc. pen., trattandosi
di un procedimento che in primo grado si era svolto nelle forme del
rito abbreviato.
2.2.2. La Corte d’appello, pur contestando la fondatezza nel
merito di detto impedimento avendone valutato la tardività della
relativa rappresentazione, ha comunque ritenuto che, in ogni caso, la
richiesta di differimento non potesse trovare accoglimento a ragione
della forma dell’udienza (rito camerale che non prevede, per ragioni
di speditezza e di concentrazione, intrinseche alla natura dello stesso,
la partecipazione necessaria del pubblico ministero e del difensore),
con la conseguenza che, in situazioni del genere, l’eventuale
impedimento di quest’ultimo non costituisce motivo di rinvio, sempre
che non debba procedersi a rinnovazione dell’istruzione
dibattimentale.

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2.3. In particolare, si è più volte affermato che al procedimento
camerale del giudizio abbreviato di appello non si applica l’art. 420ter, comma 5, cod. proc. pen., che impone il rinvio del procedimento
in caso di impedimento del difensore, perché in tale udienza la
presenza delle parti è facoltativa e solo per l’imputato è
espressamente previsto, dall’art. 599, comma 2, cod. proc. pen., che,
ove abbia manifestato la volontà di presenziare alla udienza, questa

deve essere rinviata in caso di suo legittimo impedimento (cfr., ex
plurimis, Sez. 1, n. 6907 del 24/11/2011, dep. 2012, Ganceanu, Rv.
252401). E, in questa stessa ottica, si è affermato che il
contraddittorio è assicurato, quanto al difensore, dalla notifica
dell’avviso di fissazione dell’udienza, con la conseguente irrilevanza
dell’assenza del difensore stesso, anche se causata da un legittimo
impedimento (Sez. 6, n. 14396 del 19/02/2009, P.O. in proc. Leoni e
altri, Rv. 243263), con la conseguenza che, la nullità del
procedimento per mancata comparizione del difensore, consegue
esclusivamente al difetto di notifica dell’avviso di fissazione di udienza
(Sez. 5, n. 36623 del 16/07/2010, Borra e altri, Rv. 248435; Sez. 6,
n. 40542 del 23/09/2004, Di Gregorio, Rv. 230260).
2.3.1. Tale orientamento non può essere condiviso, ove solo si
consideri che l’art. 420, comma 1, cod. proc. pen. prevede, in
relazione all’udienza preliminare, pur avendo quest’ultima natura
camerale, la partecipazione necessaria del difensore dell’imputato.
Tale disposizione deve infatti trovare applicazione, per identità di
ratio, anche nel procedimento camerale d’appello (Sez. 2, n. 13033
del 11/10/2000, Matranga, Rv. 217507). Né osta a tale conclusione il
disposto dell’art. 127, comma 3, cod. proc. pen. richiamato dall’art.
599, comma 1, cod. proc. pen., a norma del quale i difensori sono
sentiti se compaiono: questa norma si limita, infatti, a sancire il
diritto del difensore, senz’altro coessenziale alle linee fondanti del
sistema accusatorio, di modellare il proprio atteggiamento
processuale sulla strategia difensiva prescelta e quindi di decidere se
comparire o meno all’udienza camerale, senza che la sua mancata
comparizione determini alcuna conseguenza processuale. E, del resto,
una volta che il difensore abbia optato per una linea difensiva che
preveda la comparizione all’udienza camerale, questa scelta non può
essere vanificata da eventi costituenti forza maggiore e del tutto

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indipendenti dalla sua volontà, che gli impediscano materialmente la
partecipazione all’udienza, perché la compressione del diritto di difesa
che innegabilmente viene a determinarsi in questo caso, non appare
giustificabile con la salvaguardia delle esigenze di celerità e snellezza
proprie del rito camerale, che non possono prevalere su fondamentali
istanze di garanzia dell’imputato, ineludibili quale che sia il modulo
processuale adottato.

2.3.2. La diversa soluzione, qui condivisa, appare più conforme
ai principi costituzionali, dai quali discende che la possibilità di un
adeguato esercizio del diritto di difesa debba essere comunque
assicurata, in qualunque modulo procedimentale e in qualunque fase
processuale. E tale conclusione si impone a maggior ragione laddove
la regiudicanda si trovi in fase decisoria e si discuta, quindi, della
fondatezza dell’imputazione, come nel giudizio abbreviato, che – tanto
in primo grado che in appello – attribuisce al giudice la piena
cognizione del merito dell’accusa, con la conseguente necessità di
esaminare approfonditamente e di sottoporre ad un adeguato vaglio
dialettico, nel contraddittorio delle parti, ogni risultanza acquisita. In
altri termini, la necessità del contraddittorio è da ritenersi ineludibile
allorché la decisione abbia per oggetto la responsabilità dell’imputato,
la qualificazione giuridica del fatto ed ogni altra questione di merito.
Ed appare difficile sostenere che, laddove si assuma che il legittimo
impedimento a comparire del difensore sia irrilevante, il
contraddittorio possa non ritenersi vulnerato: basti pensare alla
possibilità, che è data al giudice d’appello dall’art. 603, comma 3,
cod. proc. pen., di disporre d’ufficio la rinnovazione dell’istruttoria
dibattimentale, qualora questa sia assolutamente necessaria, anche
nell’ambito del giudizio abbreviato di appello (cfr., ex plurimis, Sez. 1,
n. 8316 del 14/01/2016, P.G. in proc. Di Salvo e altri, Rv. 266145).
2.3.3. Né è sostenibile che l’interpretazione contraria trovi
fondamento nel disposto dell’art. 599, comma 2, cod. proc. pen.:
infatti, tale disposizione, che prevede il rinvio dell’udienza in caso di
legittimo impedimento dell’imputato che abbia manifestato la volontà
di comparire, non esclude espressamente che il rinvio possa essere
disposto in presenza di un legittimo impedimento del difensore. Si
tratta, del resto, di una norma del tutto estranea alla problematica
inerente al legittimo impedimento del difensore, come si evince dal

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tenore testuale della disposizione, nella quale manca ogni riferimento
a questo soggetto processuale; con la conseguenza che da essa non
può ricavarsi alcun argomento né a favore né contro l’opzione
ermeneutica relativa alla rilevanza dell’assoluto impedimento a
comparire del difensore, nei giudizi camerali.
2.3.4. Da qui la riaffermazione del principio secondo cui, nel
giudizio abbreviato di appello, soggetto al rito camerale, il legittimo

impedimento del difensore impone il rinvio del procedimento: ne
deriva che, se il difensore non compare senza addurre alcun legittimo
impedimento, il procedimento è celebrato senza cha la mancata
comparizione determini l’obbligo di provvedere ex art. 97, comma 4,
cod. proc. pen.; se invece – come nel caso qui in esame – il difensore
non compare ma rappresenta e documenta tempestivamente il
proprio impedimento a comparire chiedendo un differimento
dell’udienza, il giudice è tenuto a pronunciarsi sull’esistenza o meno
di un legittimo impedimento e ad assumere i provvedimenti di
conseguenza.
2.4. Nella fattispecie, detta valutazione è stata operata dalla
Corte d’appello che, entrando nel merito della richiesta di
differimento, ne ha escluso la fondatezza sulla base della ritenuta
intempestività.
Le valutazioni della Corte territoriale non sono accoglibili.
2.4.1. Invero, come da costante insegnamento della — ancora
una volta — richiamata giurisprudenza di legittimità, l’impegno
professionale del difensore in altro procedimento costituisce legittimo
impedimento che dà luogo ad assoluta impossibilità a comparire, ai
sensi dell’art. 420-ter, comma 5, cod. proc. pen., a condizione che il
difensore: a) prospetti l’impedimento non appena conosciuta la
contemporaneità dei diversi impegni; b) indichi specificamente le
ragioni che rendono essenziale l’espletamento della sua funzione nel
diverso processo; c) rappresenti l’assenza in detto procedimento di
altro codifensore che possa validamente difendere l’imputato; d)
rappresenti l’impossibilità di avvalersi di un sostituto ai sensi dell’art.
102 cod. proc. pen. sia nel processo a cui intende partecipare sia in
quello di cui chiede il rinvio (cfr., Sez. U, n. 4909 del 18/12/2014,
dep. 2015, Torchio, Rv. 262912; Sez. 6, n. 20130 del 04/03/2015,
Caputi, Rv. 263395).

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2.4.2. Nella fattispecie, nessuna tardività colpevole può
“imputarsi” al difensore istante che, immediatamente dopo essere
stato officiato della nomina, ha rappresentato i concomitanti quattro
impegni professionali (tutti davanti alla medesima sede processuale),
evidenziando per ognuno il profilo di “delicatezza” e di improrogabilità
che ne impedivano o ne sconsigliavano di richiedere il differimento
davanti all’altra autorità giudiziaria (in uno l’assistito risultava

altri due erano già stati concessi precedenti differimenti ed uno di essi
prevedeva la discussione finale). In ogni caso, la valutazione
comparativa degli interessi in conflitto (cfr., Sez. 1, n. 12500 del
23/09/1999, Dell’Aquila, Rv. 214572, secondo cui, il giudice del
processo di cui si chiede il rinvio deve effettuare il bilanciamento tra
l’interesse difensivo e l’interesse pubblico all’immediata trattazione
del processo ed il provvedimento di rigetto dell’istanza di rinvio deve
essere motivato con riguardo a detti elementi), rendeva evidente che
la partecipazione del difensore al processo veneziano avrebbe
imposto il differimento di tutti gli altri quattro procedimenti avanti al
Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con un evidente diseconomia
complessiva non bisognevole – attesa la sua decisività – di particolari
riflessioni. A tutto questo si aggiunga che il difensore ha anche
adeguatamente rappresentato l’impossibilità di farsi sostituire nel
processo avanti al quale ha avanzato istanza di rinvio.
3. La fondatezza del primo motivo di ricorso consente di ritenere
assorbita ogni valutazione in ordine agli altri motivi di doglianza
proposti.
Alla pronuncia di annullamento senza rinvio consegue la
trasmissione degli atti ad altra sezione della Corte d’appello di
Venezia per nuovo giudizio

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli
atti ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia per nuovo
giudizio.
Così deciso il 16/11/2016.

detenuto; in altro sottoposto a misura cautelare non detentiva; in

Il Consigliere estensore

Andrea Pellegrino

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