Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7999 del 12/11/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 7999 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: MARINELLI FELICETTA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GARGIULO CARLA N. IL 14/08/1966
avverso l’ordinanza n. 84/2009 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
18/11/2010
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FELICETTA
MARINELLI;
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letteAieigite le conclusioni del PG Dott. ja_
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Data Udienza: 12/11/2013

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Ritenuto in fatto

La Corte di Appello di
Napoli, con ordinanza resa
all’udienza camerale del giorno 8.11.2010 rigettava
l’istanza di riparazione presentata da Gargiulo Carla in
proprio e quale esercente la potestà sulla minore Ignudi
Martina Maria, nella qualità di eredi di Ignudi Carlo,
deceduto in data 15.09.2008, per ingiusta detenzione
subita dal loro dante causa in regime di custodia in
carcere dal 2.03.2004 al 6.04.2004 e in regime di arresti
domiciliari dal 6.04.2004 al 19.07.2004 perché sospettato
dei reati di cui agli articoli 73 e 74 d.PR. 309/90, reati
da cui era stato assolto con le formule “per non aver
commesso il fatto” e “perché il fatto non è previsto dalla
legge come reato” con sentenza del Tribunale di Napoli del
9 aprile 2008.
Gargiulo Carla, in proprio e nella qualità di genitore
esercente la potestà genitoriale sulla figlia minore
Ignudi Martina Maria,a mezzo del suo difensore, proponeva
quindi ricorso per cassazione avverso l’ordinanza della
Corte di appello di Napoli e concludeva chiedendo di
volerla annullare.
l’ordinanza
impugnata per
ricorrente
censurava
La
violazione ed erronea applicazione degli articoli 314 e
315 cod.proc.pen. e per carenza della motivazione, in
particolare nella parte in cui la Corte di appello
rimproverava in termini di colpa grave condotte
insuscettibili di essere riguardate alla stregua di
macroscopica negligenza e trascuratezza. Pertanto, ad
avviso della ricorrente, non sussisterebbe la colpa grave,
impeditiva del riconoscimento del diritto all’equa
riparazione.

Considerato in diritto

Il ricorso è fondato.
Osserva la Corte che il diritto a equa riparazione per
l’ingiusta detenzione, regolato dagli artt. 314 e ss.
c.p.p., trova fondamento nella condizione soggettiva della
persona sottoposta a detenzione immeritata e in tal senso
ingiusta. Il quadro sistematico di riferimento è un quadro
di diritto civile ma non è quello dell’art. 2043 c.c. che
appresta sanzioni contro chi produce per dolo o colpa un
danno ingiusto ad altri. Il principio regolatore è
piuttosto quello della riparazione legata ad eventi che
producono il sorgere, quali conseguenze di principi di
solidarietà e di giustizia distributiva, di
la distinzione tra
responsabilità da atto lecito(

ri

(3

responsabilità per danno ingiusto ex art. 2043 c.c. e
responsabilità per atto lecito è ben chiarita da Cass.
SS.UU. civ. 11/6/2003 n. 9341). E’ ben fermo, in materia,
l’assetto delle regole generalissime che disciplinano
l’onere della prova civile ex art. 2697 c.c. posto che il
procedimento relativo alla riparazione per l’ingiusta
detenzione, quantunque si riferisca ad un rapporto
obbligatorio di diritto pubblico e comporti perciò il
rafforzamento dei poteri officiosi del giudice, e’
tuttavia ispirato ai principi del processo civile, con la
conseguenza che l’istante ha l’onere di provare i
fatti costitutivi
della
domanda,
la
custodia
cautelare subita e la successiva assoluzione
Peraltro il sorgere del diritto è condizionato alla
esistenza di una condotta del richiedente che al tempo del
processo in nulla abbia dato causa o concorso a dare
causa a quella ingiusta detenzione. L’operazione intesa a
cogliere tali condizioni deve scandagliare solo
l’eventuale efficienza causale delle condotte
dell’imputato che possano aver indotto, anche nel concorso
dell’altrui errore, secondo una valutazione ragionevole
e non congetturale il giudice a stabilire la misura della
detenzione (Cass. SSUU 13/12/95 n. 43, Sez IV 10/3/2000
n. 1705) .
Il giudice,pertanto, deve fondare la sua decisione su
fatti concreti e precisi e non su mere supposizioni,
esaminando la condotta del richiedente, sia prima e sia
dopo la perdita della libertà personale, indipendentemente
dall’eventuale conoscenza che quest’ultimo abbia avuto
dell’attività di indagine, al fine di stabilire, con
valutazione ex ante, non se tale condotta integri estremi
di reato, ma solo se sia stato il presupposto che ha
ingenerato, ancorchè in presenza di errore dell’autorità
procedente, la falsa apparenza della sua configurazione
come illecito penale, dando luogo alla detenzione con
rapporto di causa ad effetto (cfr. Cass. Sezioni Unite,
Sent. n.34559/2002; Cass., Sez.4, Sent. n.17552 del 2009)
Tanto premesso si osserva che, nella fattispecie che ci
occupa, il giudice della riparazione ha ravvisato la colpa
grave nel fatto che Ignudi Carlo, nel corso
dell’interrogatorio reso in data 26.01.2005, aveva ammesso
espressamente di avere avuto rapporti occasionali con il
condannato Liguori dal quale aveva acquistato sostanza
stupefacente per uso personale. La Corte territoriale, nel
proprio provvedimento, non ha però chiarito quali siano
stati i comportamenti colposi o dolosi posti in essere e
quale sia stata, oltre le dichiarazioni difensive, la
condotta posta in essere dall’Ignudi che possa
considerarsi in rapporto di causa ad effetto rispetto alla
detenzione. La Corte territoriale ha omesso di spiegare se
la misura cautelare era stata emessa a seguito di condotte
censurabili poste in essere dall’Ignudi e se comunque nel

PI

L’ordinanza impugnata deve essere pertanto annullata con
rinvio alla Corte di appello di Napoli per nuovo esame.
PQM
Annulla la impugnata ordinanza con rinvio alla Corte di
appello di Napoli per nuovo esame.
Così deciso in Roma il 12.11.2013

corso della fase istruttoria erano emersi altri elementi
indiziari a suo carico. Nel provvedimento impugnato non è
stato specificato inoltre in che modo la condotta posta in
essere dall’Ignudi abbia avuto efficienza causale
sull’adozione e sul mantenimento della misura cautelare
dal momento che le sole dichiarazioni rese dallo stesso
imputato, nell’ambito della sua strategia difensiva, non
possono costituire di per sé sole indice di comportamento
doloso o colposo in grado di avere incidenza
sull’emissione della misura cautelare.
L’ordinanza impugnata infatti ha posto in evidenza
che
dalle
dichiarazioni
difensive
poteva
soltanto
desumersi che l’Ignudi aveva acquistato sostanze
stupefacenti dal coimputato Liguori, ma non sono state
indicate altre circostanze dalle quali poteva trarsi che
l’eventuale detenzione di sostanze stupefacenti fosse
funzionale alla cessione a terzi.
quindi
in questione non appare
Il provvedimento
congruamente motivato non avendo individuato la Corte di
appello quali condotte dolose o gravemente colpose abbia
posto in essere Ignudi Carlo, oltre alle sopra indicate
dichiarazioni difensive, che abbiano avuto incidenza
causale sull’adozione della misura cautelare, non avendo
altresì indicato la Corte territoriale le ragioni che
avevano reso necessaria la protrazione della detenzione da
lui subita.

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