Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7996 del 12/11/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 7996 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: ROMIS VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CARBONIO FRANCESCO N. IL 13/12/1971
avverso l’ordinanza n. 81/2011 CORTE APPELLO di ROMA, del
06/12/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. VINCENZO ROMIS;
lette/seatite le conclusioni del PG Dott. –Eit,tu ,40 Suot

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Uditi difensor Avv.;

otee Illeo h o e Y-<-- fi Data Udienza: 12/11/2013 RITENUTO IN FATTO 1. La Corte d'Appello di Roma rigettava la domanda di equo indennizzo per ingiusta detenzione avanzata da Carbonio Francesco, sul rilievo della ritenuta sussistenza della condizione ostativa di cui all'art. 314 del codice di rito (condotta dell'interessato sinergica alla detenzione, disposta per il reato di incendio di una taverna sita nella paité inferiore dell'abitazione dei genitori) in relazione a fatti oggetto di sentenza di assoluzione passata in 2. In particolare la Corte territoriale riteneva ravvisabili nella condotta del Carbonio gli estremi della colpa grave, ostativa al diritto all'equa riparazione, sulla scorta di circostanze fattuali ritenute significative e rilevanti ai fini dell'applicazione della misura cautelare, avendo il Carbonio in particolare detto al padre al momento dell'incendio "hai visto che cosa sono capace di fare?" ed avendo in precedenza percosso i familiari minacciando di porre in essere atti simili all'incendio. 3. Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione l'interessato con atto di impugnazione sottoscritto dal difensore (cassazionista), deducendo vizio motivazionale in ordine alla ritenuta sussistenza della colpa grave, sostenendo che la Corte territoriale sarebbe incorsa in errore di impostazione e prospettiva nel valutare le risultanze processuali ai fini che in questa sede interessano, in particolare attribuendo rilievo a comportamenti valutabili invece al più come "superficiali" e ritenendo sussistente una condotta del Carbonio sinergica al mantenimento della misura cautelare pur avendo l'istante protestato sin dall'inizio la sua innocenza. 4. Il Ministero dell'Economia si è costituito - tramite l'Avvocatura dello Stato - con memoria difensiva contestando l'assunto del ricorrente con argomentazioni finalizzate a dimostrare l'infondatezza del ricorso. 5. Il Procuratore Generale presso questa Corte, con la sua requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso. 6. Prima dell'odierna udienza è pervenuta istanza di rinvio trasmessa dal difensore del Carbonio, avv. Enrico Picchiarelli, per legittimo impedimento dello stesso difensore per motivi di salute come dat allegato certificato. CONSIDERATO IN DIRITTO 7. Preliminarmente osserva il Collegio che l'istanza di rinvio dell'avv. Picchiarelli non può trovare accoglimento, trattandosi di udienza non partecipata secondo il rito di cui all'art. 611 del codice di rito. 1 giudicato. 8. Ciò premesso, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, sotto un duplice profilo. 8.1. Va in primo luogo rilevata la tardività dell'impugnazione: l'ordinanza impugnata è stata infatti notificata il 3 febbraio 2012 - come precisato dallo stesso ricorrente nell'incipit del ricorso - ed il ricorso è stato presentato il 2 marzo 2012 e quindi ben oltre il termine previsto di 15 giorni. 8.2. A ciò aggiungasi ad abundantiam, per mera completezza argomentativa, la manifesta infondatezzkdelle dedotte censure. ordinanza, ha motivato il proprio convincimento attraverso un adeguato percorso argomentativo con le considerazioni sopra sinteticamente ricordate, da intendersi qui integralmente richiamate onde evitare superflue ripetizioni. Trattasi di un "iter" motivazionale assolutamente incensurabile in quanto caratterizzato da argomentazioni pienamente rispondenti a criteri di logicità ed adeguatezza, nonchè in sintonia con i principi enunciati da questa Corte in tema di dolo e colpa grave quali condizioni ostative al diritto all'equa riparazione: si ha colpa grave allorquando il soggetto sia venuto meno all'osservanza di un dovere obiettivo di diligenza, con possibilità di prevedere che, non rispettando una regola precauzionale, venendo meno all'osservanza del dovere di diligenza, si sarebbe verificato l'evento "detenzione" (cfr., fra le tante: Sez. 4, n. 3912/96 - cc. 29/11/95 - RV. 204286; Sez. 4, n. 596/96, RV. 204624); la sinergia, sulla custodia cautelare, del comportamento dell'istante può riguardare "sia il momento genetico che quello del permanere della misura restrittiva" ( così, "ex plurimis", Sez. 4, n. 963/92, RV. 191834). Giova evidenziare, ancora, che le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 43 del 1995 già sopra ricordata, hanno sottolineato che: a) "deve intendersi dolosa non solo la condotta volta alla realizzazione di un evento voluto e rappresentato nei suoi termini fattuali, sia esso confliggente o meno con una prescrizione di legge, ma anche la condotta consapevole e volontaria i cui esiti, valutati dal giudice del procedimento riparatorio con il parametro dell' «id quod plerumque accidit» secondo le regole di esperienza comunemente accettate, siano tali da creare una situazione di allarme sociale e di doveroso intervento dell'autorità giudiziaria a tutela della comunità, ragionevolmente ritenuta in pericolo"; b) "poichè inoltre, anche ai fini che qui interessano, la nozione di colpa è data dall'art. 43 cod. pen., deve ritenersi ostativa al riconoscimento del diritto alla riparazione quella condotta che, pur tesa ad altri risultati, ponga in essere, per evidente, macroscopica negligenza, imprudenza, trascuratezza, inosservanza di leggi, regolamenti o norme disciplinari, una situazione tale da costituire una non voluta, ma prevedibile, ragione di intervento dell'autorità giudiziaria che si sostanzi nell'adozione di un provvedimento restrittivo della libertà personale o nella mancata revoca di uno già emesso". 9. Alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè (trattandosi di causa di inammissibilità 2 pum! ) Nella fattispecie in esame, la Corte d'Appello di Roma, per quanto si evince dall'impugnata riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente: cfr. Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 7-13 giugno 2000) al versamento a favore della cassa delle ammende di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in euro 1.000,00 (mille). 9.1. Sussistono valide ragioni per compensare le spese tra le parti, posto che con la memoria dell'Avvocatura Generale dello Stato - depositata nell'interesse del Ministero dell'Economia - non risulta evidenziato il preliminare ed assorbente profilo di inammissibilità del gravame, cioè la tardività. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende. Spese compensate tra le parti. Roma, 12 novembre 2013 Il Consigliere estensore Il Presidente (Gaetanino Zecca) ( ncenzo Romis) ti o CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE IV Sezione Penale (;L•-) P. Q. M.

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