Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7995 del 15/11/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 7995 Anno 2013
Presidente: GRASSI ALDO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Facchinetti Bruno, nato a Lovere il 20.10.1949, avverso la
sentenza pronunciata in data 25.1.201t dalla corte di appello di
Brescia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Alfredo Guardiano;
udito il pubblico ministero nella persona del sostituto procuratore
generale dott. Carmine Stabile, che ha concluso per il rigetto del
ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 15/11/2012

Con sentenza pronunciata in data 25.1.2012 la corte di appello di
Brescia, in riforma della sentenza con cui in data 15.2.2010 il
tribunale di Bergamo, sezione distaccata di Clusone, aveva assolto
Facchinetti Bruno, imputato del delitto di cui all’art. 483, c.p.,

alla pena di mesi sei di reclusione.
Avverso tale decisione, di cui chiede l’annullamento, ha proposto
ricorso, a mezzo del suo difensore, l’imputato, articolando due
motivi di impugnazione.
Con il primo il ricorrente lamenta il vizio di cui all’art. 606, co. 1,
lett. c), c.p.p., in relazione agli artt. 521 e 522, c.p.p., in quanto
la carta di identità rilasciata dal comune di Costa Volpino oggetto
della denuncia di smarrimento presentata dall’imputato il
27.9.2007 presso la stazione dei CC. di Costa Volpino che si
assume falsa è quella rilasciata il 27.2.2007 e non quella, cui fa
riferimento il capo d’imputazione esibita dall’imputato alle forze
dell’ordine all’atto del controllo cui veniva sottoposto il
24.11.2009, che invece è stata rilasciata dal suddetto comune ne2
giugno del 2005.
Di conseguenza la sentenza della corte di appello è nulla, ai sensi
degli artt. 521 e 522, c.p.p., non essendovi correlazione tra la
sentenza medesima e l’imputazione, proprio perché la carta di
identità indicata nel capo d’imputazione non è quella cui fa
riferimento la denuncia di smarrimento; né, ad avviso del
ricorrente può affermarsi, come fatto dalla corte territoriale, che è
del tutto irrilevante la data del rilascio della carta di identità,
rilevando esclusivamente che sia stato denunciato lo smarrimento
del documento, l’unico che il Facchinetti poteva possedere e che
risulta essere stato rilasciato nel giugno del 2005, in quanto, a

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affermava la responsabilità penale di quest’ultimo condannandolo

fronte della presunzione di esistenza della carta di identità del 27
febbraio 2007, dimostrata dalla denuncia di smarrimento in atti, la
pubblica accusa avrebbe dovuto dimostrare l’inesistenza di tale
ultima carta di identità.

606, co. 1, lett. b), c.p.p., in relazione all’art. 483, c.p.,
evidenziando come nel caso in esame non sia configurabile
l’ipotesi di reato in contestazione, in quanto la denuncia di
smarrimento della carta di identità non è prevista da alcuna
disposizione normativa come atto necessario al fine di ottenere il
duplicato del documento e, quindi, essa non possiede quella
attitudine probatoria essenziale per la configurabilità del reato in
questione.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso presentato nell’interesse di Facchinetti Bruno è infondato
e va, pertanto, rigettato.
Ed invero, come correttamente evidenziato dalla corte territoriale
con motivazione esaustiva ed immune da vizi, il Facchinetti risulta
intestatario di un’unica carta di identità, quella n. AM2643995, di
cui al capo d’imputazione, rilasciata dal comune di Costa Volpino
nel giugno del 2005.
L’indicazione, contenuta nella denuncia di smarrimento della carta
di identità presentata dall’imputato il 27 settembre 2007 presso la
stazione dei carabinieri di Lovere, del 27 febbraio 2007 come data
di rilascio del documento identificativo appare il frutto di una
evidente imprecisione, in quanto, come si è detto, l’unica carta di
identità rilasciata al Facchinetti è quella indicata nel capo

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Con il secondo motivo il ricorrente denuncia il vizio di cui all’art.

d’imputazione, in possesso della quale quest’ultimo venne
sorpreso all’atto di un controllo effettuato dai carabinieri di
Tavernola Bergamesca il 24 novembre 2009.
Il 27 febbraio 2007, invece (e ciò avvalora la tesi dell’errore, su
notificato al Facchinetti il provvedimento del questore di Bergamo,
adottato il 21 febbraio 2007, con cui “gli si ordinava l’immediata
produzione della carta d’identità al fine di consentire la
apposizione della clausola relativa alla mancanza di validità per
l’espatrio” ed, inoltre, il giorno precedente a quello in cui venne
presentata la denuncia di smarrimento, i carabinieri della stazione
di Lovere avevano sollecitato telefonicamente il Facchinetti a
produrre la carta di identità, per cui, evidenzia la corte territoriale
con motivazione logicamente coerente, appare evidente che,
stante l’indubbia falsità della denuncia di smarrimento dell’unica
carta di identità rilasciata al ricorrente, che veniva, invece,
rinvenuta in suo possesso circa due anni dopo la presentazione ai
carabinieri della stazione di Lovere della menzionata denuncia,
quest’ultima sia stata dolosamente utilizzata allo scopo di
impedire che il provvedimento del questore di Bergamo venisse
eseguito (cfr. p. 3 dell’impugnata sentenza).
Del pari infondato risulta il secondo motivo di ricorso.
Da tempo, infatti, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che
integra il reato di falsità ideologica commessa da privato in atto
pubblico la falsa denuncia di smarrimento di documento di
identità: essa è, invero, giuridicamente rilevante, in quanto
appare indispensabile ai fini del rilascio di un duplicato del
documento stesso, differenziandosi dall’ipotesi (alla quale ineriva
il precedente giurisprudenziale citato dal giudice di primo grado a

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cui si sofferma la corte territoriale) è la data in cui venne

fondamento della propria decisione riformata dalla corte di
appello) in cui si denunci falsamente lo smarrimento di assegni
bancari, posto che, l’ordinamento, esplicitando un principio di
carattere generale, fa obbligo a colui che ha smarrito un
polizia, (cfr. Cass., sez. V, 16/05/2000, n. 8891, Callegari, rv
2000, nonché, nello stesso senso, Cass., sez. V, 14/10/2001, n.
45208, Orrù).
Sulla base delle svolte considerazioni, dunque, il ricorso
presentato da Facchinetti Bruno va rigettato, con conseguente
condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, c.p.p., al
pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma il 15.11.2012

documento di identità di presentare denunzia alla autorità di

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