Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7994 del 19/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 7994 Anno 2016
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da

RUSSO Lorenzo, nato a Sant’Animo il 05/08/1958CALABRESE TINDARO Antonio,

avverso il decreto del 21 gennaio 2015 del Tribunale di Napoli;

letto il ricorso ed il provvedimento impugnato;
udita la relazione del consigliere Paolo Antonio Bruno;
lette le conclusioni scritte del Procuratore Generale, in persona del Sostituto Alberto
Carlino, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
Letta la memoria contenente motivi nuovi depositata dall’avv. Raffqele
Mastrantuono nell’interesse del Russo

osserva:

1.

Con il decreto in epigrafe indicato il Tribunale di Napoli ha dichiarato

inammissibile l’istanza di revoca parziale della confisca, ai sensi dell’art. 7 comma 2
della legge n. 1423/1956 e 2 ter, comma 3, della legge n. 575/65 del decreto con il
quale era stata disposta la confisca di 33 immobili intestati a Lorenzo Russo, sul
rilievo che la richiesta era meramente reiterativa di precedente domanda, rigettata

Data Udienza: 19/11/2015

dallo stesso Tribunale, e che la nuova consulenza tecnica non avrebbe potuto essere
considerata “prova nuova” ai fini di positiva delibazione della rinnovata richiesta.
Avverso l’anzidetta pronuncia il Russo ha proposto ricorso per cassazione,
contestando le argomentazioni in forza delle quali era stata disattesa la proposta
richiesta di revoca.
Con la memoria difensiva indicata in epigrafe, il difensore del prevenuto, ha
formulato motivi nuovi, deducendo violazione od erronea applicazione dell’art. 606
lett. b)

ed e) cod. proc pen., in relazione agli artt. 4 e 7 I. n. 1423 del 1956; e

2, cod. proc. pen.

1. Il ricorso é manifestamente infondato.
E’ noto che, a mente dell’art. 7, comma 2, I. 27.12.1956, n. 1423, il provvedimento
di applicazione delle misure di prevenzione (pacificamente anche di carattere
patrimoniale) può essere revocato o modificato dall’organo dal quale fu emanato,
quando sia cessata o mutata la causa che lo ha determinato.
Secondo indiscusso insegnamento di questa Corte regolatrice la revoca o la
modifica del provvedimento che applica una misura di prevenzione presuppongono,
oltre al decorso di un certo lasso di tempo dall’adozione del provvedimento stesso,
l’accertamento del venir meno o del modificarsi delle cause che l’hanno determinato
(Sez. 1, n. 25850 del 25/03/2011, Rv. 250715; Sez. 1, n. 36224 del 22/09/2010,
Rv. 248296, secondo cui la revoca della confisca definitiva di prevenzione si muove
nello stesso ambito della revisione del giudicato penale di condanna).
Correttamente, pertanto, il giudice a quo ha ritenuto che la richiesta di
revoca, peraltro reiterativa di identica istanza, già rigettata, fosse da disattendere,
non potendosi considerare prova “nuova” un mero contributo peritale sia pure sulla
base di metodica estimativa diversa da quelle adottate dalle consulenze allegate a
sostegno di precedente istanza di revoca (Sez. 1, n. 3444 del 21/09/1992, Rv.
192838, secondo cui ai fini del giudizio di revisione non costituisce nuova prova una
diversa e nuova valutazione tecnico-scientifica di dati già apprezzati dal perito e dal
giudice. Pertanto le valutazioni di una consulenza eseguita dopo la condanna
definitiva in tanto possono proporsi come nuova prova critica, in fondino su nuovi
elementi di prova non conosciuti e o non valutati dal giudice o dal perito. Le nuove
valutazioni, altrimenti si risolvono esclusivamente in apprezzamenti critici di
elementi già conosciuti e valutati nel giudizio e sono come tali inammissibili perché
in contrasto con il principio della improponibilità per il giudizio di revisione di diverse
e nuove valutazioni di dati acquisiti al processo, conosciuti e valutati). E, per quanto
riguarda la consulenza tecnica, non può che valere, in subiecta materia, il principio
secondo cui in tema di revisione, agli effetti dell’art. 630 lett. c) cod. proc. pen., una
perizia può costituire prova nuova se basata su nuove acquisizioni scientifiche
idonee di per sé a superare i criteri adottati in precedenza e, quindi, suscettibili di

2

violazione dello stesso art. 606, comma 1, lett. b) in relazione all’art. 666, comma

fornire sicuramente risultati più adeguati (Sez. 6, n. 34531 del 04/07/2013, Rv.
256136; Sez. 5, n. 14255 del 22/01/2013, Rv. 256599; Sez. 5, n. 2982 del
26/11/2009, dep. 2010, Rv. 245840, secondo cui ai fini dell’ammissibilità della
richiesta di revisione, possono costituire prove nuove, ex art. 630, comma primo,
lett. c), cod. proc. pen., le prove che, pur incidendo su un tema già divenuto
oggetto di indagine nel corso della cognizione ordinaria, siano fondate su tecniche
diverse e innovative, tali da fornire risultati non raggiungibili con le metodiche in
precedenza disponibili).

2, Sentenza n. 25577 del 14/05/2009, Rv. 244152 secondo cui ai fini della revoca
della confisca definitiva di prevenzione, che si muove nello stesso ambito della
revisione del giudicato penale di condanna, non costituisce prova nuova una diversa
valutazione tecnico-scientifica di dati già valutati, che si tradurrebbe in
apprezzamento critico di emergenze oggettive già conosciute e delibate nel
procedimento.

(Fattispecie relativa alla produzione di due ulteriori consulenze

contabili concernenti modalità di determinazione delle disponibilità finanziarie del
sottoposto alla misura di prevenzione e del suo nucleo familiare diverse da quelle
utilizzate dalla Guardia di Finanza).

2. Per quanto riguarda il primo motivo nuovo, la relativa censura è
manifestamente infondate, posto che non risponde al vero che il provvedimento
impugnato sa privo di motivazione ovvero corredato di motivazione solo apparente
– e di fatto inesistente – avendo invece reso compiuta ragione della ritenuta
inammissibilità dell’istanza di prova e dell’impossibilità di considerare prova nuovo
la prodotta consulenza tecnica.
Nella stessa logica contestativa – e dunque – pur esso inammissibile – è il
secondo motivo, con riferimento al concetto di novità apprezzabile nel diverso
ambito dell’esecuzione.

3. Alla declaratoria d’inammissibilità conseguono le statuizioni espresse in
dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 19/11/2015

Pertinente alla fattispecie in esame risulta, poi, il principio affermato da Sez.

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