Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7992 del 19/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 7992 Anno 2016
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA

Su ricorsi proposti da

CALABRESE TINDARO Antonio, nato a Barcellona il 31/10/1966;
CALABRESE Sebastiano, nato a Messina il 14/04/1971

avverso il decreto della Corte d’appello di Messina del 27 febbraio 2015;
letti i ricorsi ed il provvedimento impugnato;
udita la relazione del consigliere Paolo Antonio Bruno;
legge le conclusioni scritte del Procuratore Generale, in persona del Sostituto Paola
Filippi, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.

osserva:

1.

Con il decreto in epigrafe indicato la Corte d’appello di Messina ha

rigettato il ricorso proposto in favore di Antonio Calabrese Tindaro e di Sebastiano
Calabrese per la riforma del decreto del 3 aprile 2014 con il quale il Tribunale di
Messina-sezione misure di prevenzione, aveva rigettato l’istanza di revoca del

Data Udienza: 19/11/2015

I

decreto di confisca a suo tempo disposta nell’ambito del procedimento n. 59/2009
RGMP.
Avverso l’anzidetta pronuncia il difensore dei Calabrese, avv. Francesco
Traclò, ha proposto ricorso per cassazione, affidato ai motivi di seguito indicati.
Con il primo motivo ha eccepito violazione di legge sul rilievo che l’art. 28
d.lgs n. 159 del 6.9.2011 prevedeva espressamente come causa giustificativa della
revoca della confisca la sopravvenienza di sentenze penali definitive che
escludessero in modo assoluto i presupposti della confisca.

procedimento penale avviato nei confronti di Calabrese Tindaro, raggiunto da
ordinanza custodiale in quanto ritenuto partecipe di associazione per delinquere di
stampo mafioso e di reato di turbativa d’asta aggravato, ai sensi dell’art. 7 legge n.
203/91; che il Gip del Tribunale di Barcellona aveva disposto l’archiviazione del
reato associativo, riqualificata l’associazione di tipo mafioso in associazione
semplice per intervenuta prescrizione, adottando identica decisione per il reato di
turbativa d’asta, esclusa l’aggravante dell’art. 7, tanto in sintonia con la pronuncia
della Corte di Cassazione che aveva accolto il ricorso del Calabrese avverso la
pronuncia del Tribunale del riesame, confermativa dell’ordinanza di custodia
cautelare, rilevando l’insussistenza di un sufficiente quadro indiziario in ordine alla
sussistenza di una associazione mafiosa ed all’aggravante di cui all’art. 7.
Con il secondo motivo si deduce mancanza di motivazione, sul rilievo che
non si era tenuto conto che i rapporti di amicizia intercorrenti tra il proposto e Sam
Di Salvo, ritenuto esponente di criminalità organizzata, non erano sufficienti a
dimostrare l'”intraneità” del proposto nel sodalizio delinquenziale in mancanza di
qualsiasi elemento dimostrativo di segno contrario.

1. I ricorsi sono manifestamente infondati.
In primo luogo, si osserva l’erroneità del riferimento, contenuto nel primo motivo,
alla disposizione di cui all’art. 28 del d.lgs n. 159 del 2011 (c.d. codice antimafia) in
tema di presupposti della revoca della confisca, essendo noto che, ai sensi dell’art.
117, comma 1, la nuova disciplina non si applica ai procedimenti nei quali, alla data
di entrata in vigore del presente decreto, sia già stata formulata proposta di
applicazione della misura di prevenzione. In tali casi, infatti,continuano ad
applicarsi le norme previgenti.
Nel caso di specie, trattandosi di decreto di confisca disposto il 14.6.2006,
correttamente, è stato applicato l’omologo istituto della revoca previsto dall’art. 7,
comma 2, I. 27.12.1956, n. 1423, secondo cui il provvedimento di applicazione
delle misure di prevenzione di cui può essere revocato o modificato dall’autorità
che lo ha disposto, quando sia cessata o mutata la causa giustificativa.
Secondo indiscusso insegnamento di questa Corte regolatrice la revoca o la
modifica del provvedimento che applica una misura di prevenzione presuppongono,

2

Espone, al riguardo, che la misura ablatoria era stata disposta in relazione al

oltre al decorso di un certo lasso di tempo dall’adozione dello stesso provvedimento,
l’accertamento del venir meno o del modificarsi delle cause che l’hanno determinato
(Sez. 1, n. 25850 del 25/03/2011, Rv. 250715; Sez. 1, n. 36224 del 22/09/2010,
Rv. 248296, secondo cui la revoca della confisca definitiva di prevenzione si muove
nello stesso ambito della revisione del giudicato penale di condanna.
Correttamente, pertanto, il giudice a quo ha ritenuto che gli intervenuti
provvedimenti di archiviazione e di prescrizione in ordine ad ipotesi delittuosa
qualificata come associazione per delinquere semplice finalizzata alla commissione

presupposti costitutivi della confisca, alla stregua della persistenza di un quadro
indiziario di appartenenza ad organizzazione mafiosa, nell’ampia accezione del
termine in materia di prevenzione, alla stregua degli accertati rapporti con
esponente apicale della consorteria mafiosa operante in zona, di carattere non solo
personale, ma anche economico in ragione di accertata cointeressenza.

2. I ricorsi sono, dunque, inammissibili e tali vanno, dunque, dichiarati, con
le consequenziali statuizioni espresse in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di € 1000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 9/11/2015

di un numero indeterminato di turbative d’asta, non avessero alcuna incidenza sui

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