Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7992 del 10/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 7992 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: FOTI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CICIONI LUIGI N. IL 08/06/1959
avverso l’ordinanza n. 92/2010 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 04/11/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO FOTI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. (3 (4144/wil!v

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Data Udienza: 10/10/2013

-1- Cicioni Luigi propone ricorso per cassazione, per il tramite del difensore, avverso
l’ordinanza della Corte d’Appello di Reggio Calabria, del 4 novembre 2011, che ha respinto
la domanda, dallo stesso avanzata, di riparazione per l’ingiusta detenzione sofferta per 91
giorni in conseguenza dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip del
Tribunale di Perugia, successivamente confermata dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria,
territorialmente competente, nell’ambito di procedimento penale che l’ha visto indagato, in
concorso con altri, ex art. 416 bis cod, pen.; procedimento definito con decreto di
archiviazione emesso, su richiesta del PM, dallo stesso Gip reggino.
La corte d’appello ha rigettato l’istanza, avendo ritenuto che il richiedente, con il suo
comportamento gravemente colposo, aveva contribuito a dar causa al provvedimento
restrittivo.
-2- Avverso tale decisione viene, dunque, proposto ricorso per cassazione, ove si deducono
i vizi di violazione di legge e di motivazione del provvedimento impugnato, con riguardo
all’affermata sussistenza del presupposto impeditivo al riconoscimento del diritto alla
riparazione, cioè di una condotta gravemente colposa del richiedente.
-3- L’Avvocatura Generale dello Stato, ritualmente costituitasi in giudizio nell’interesse del
Ministero dell’Economia, chiede dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi il ricorso.
Considerato in diritto.
Il ricorso è infondato.
– 1- Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di riparazione per
ingiusta detenzione al giudice del merito spetta, anzitutto, di verificare se chi l’ha patita vi
abbia dato causa, ovvero vi abbia concorso, con dolo o colpa grave. A tal fine, egli deve
prendere in esame tutti gli elementi probatori disponibili, relativi alla condotta del soggetto,
sia precedente che successiva alla perdita della libertà, al fine di stabilire se tale condotta
abbia determinato, ovvero anche solo contribuito a determinare, la formazione di un quadro
indiziario che ha indotto all’adozione o alla conferma del provvedimento restrittivo. Tale
condizione, ostativa al riconoscimento del diritto all’indennizzo, deve manifestarsi attraverso
comportamenti concreti, precisamente individuati, che il giudice di merito è tenuto ad
apprezzare, in modo autonomo e completo, al fine di stabilire, con valutazione “ex ante”, non
se essi abbiano rilevanza penale, ma solo se si siano posti come fattore condizionante rispetto
all’emissione del provvedimento di custodia cautelare. Condotte rilevanti in tal senso
possono essere di tipo extra processuale (grave leggerezza o trascuratezza tale da avere
determinato l’adozione del provvedimento restrittivo) o di tipo processuale (auto
incolpazione, silenzio consapevole sull’esistenza di un alibi) che non siano state escluse dal
giudice della cognizione. Nulla vieta al giudice della riparazione di prendere in
considerazione gli stessi comportamenti oggetto dell’esame del giudice penale, sempre che la
valutazione di essi sia eseguita dal primo non rapportandosi ai canoni di giudizio del
processo penale, bensì a quelli propri del procedimento riparatorio, che è diretto non ad
accertare responsabilità penali, bensì solo a verificare se talune condotte abbiano quantomeno
concorso a determinare l’adozione del provvedimento restrittivo.
-2- Orbene, nel caso di specie la corte distrettuale si è attenuta a tali principi, avendo
ritenuto, sulla base di quanto emerso in sede di indagini, con motivazione adeguata e
coerente sotto il profilo logico e nel rispetto della normativa di riferimento, che la condotta
del richiedente avesse sostanzialmente contribuito ad ingenerare, sia pur in presenza di errore

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Ritenuto in fatto.

-3- Il ricorso deve essere, quindi, rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle
spese processuali ed alla rifusione delle spese del presente giudizio in favore del ministero
resistente, che complessivamente si liquidano in euro 750,00.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla
rifusione delle spese sostenute dal Ministero dell’Economia per questo giudizio di
cassazione, che liquida in euro 750,00.
Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2013.

dell’autorità inquirente, la rappresentazione di una condotta illecita dalla quale è scaturita,
con rapporto di causa-effetto, la detenzione ingiustamente sofferta.
I giudici della riparazione, richiamando circostanze emerse nella sede di cognizione, hanno
legittimamente ritenuto:
-che i frequenti contatti ed i rapporti intrattenuti dal Cicioni con taluni soggetti ritenuti
intranei ad una temuta consorteria di stampo mafioso, interessati alla progettazione ed alla
realizzazione di opere che alcune società, facenti capo a taluno di tali personaggi, avrebbero
dovuto realizzare in Calabria con il decisivo contributo dell’odierno ricorrente, che aveva
assunto il ruolo di “tecnico-progettista”;
-la consapevolezza dello stesso Cicioni, tratta dai contenuti di talune conversazioni
intercettate, della caratura criminale dei suoi interlocutori e dei discutibili sistemi dagli stessi
utilizzati per portare positivamente a compimento gli affari intrapresi,
-i rapporti di amicizia che lo legavano a personaggi di spicco inseriti in talune cosche della
fascia ionica della provincia reggina -rapporti vantati dallo stesso Cicioni nel corso di una
delle conversazioni intercettate-;
erano l’espressione di una condotta connotata da colpa grave, che aveva quantomeno
contribuito alla formazione del significativo quadro indiziario che aveva determinato
l’adozione del provvedimento restrittivo.
Il sindacato del giudice di legittimità sul provvedimento che rigetta o accoglie la richiesta
di riparazione è, d’altra parte, limitato alla correttezza del procedimento logico-giuridico
attraverso cui il giudice di merito è pervenuto alla decisione; mentre resta di esclusiva
pertinenza di quest’ultimo la valutazione dell’esistenza e dell’incidenza della colpa o
dell’esistenza del dolo. Anche in ragione di ciò, l’ordinanza in esame non merita di essere
censurata, essendo la decisione impugnata del tutto coerente rispetto alle circostanze emerse
in sede processuale, correttamente valutate dalla corte territoriale e perfettamente in linea con
i principi di diritto affermati da questa Corte in tema di riparazione.

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