Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7989 del 06/11/2015
Penale Sent. Sez. 5 Num. 7989 Anno 2016
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: MICCOLI GRAZIA
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
LUCENTI VALERIO N. IL 27/11/1981
avverso l’ordinanza n. 6711/2014 TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 18/12/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GRAZIA MICCOLI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
Udit i difensor Avv.;
Data Udienza: 06/11/2015
Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dott. Francesca BALZANO, ha concluso
chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 22.11.2013 il Tribunale di Sorveglianza di Roma, in accoglimento
dell’istanza
dell’interessato,
ammetteva
Valerio
LUCENTI
alla
misura
alternativa
dell’affidamento in prova ex art. 94 D.P.R. n. 309 del 1990, così disponendo che la pena
venisse eseguita presso la Comunità terapeutica Dianova di Ortaceus (Cagliari). In particolare,
il Tribunale riteneva di non retrodatare la decorrenza della misura (e quindi dell’espiazione
risultavano ne’ controlli, ne’ prescrizioni disposte dall’Autorità giudiziaria.
2. Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione il LUCENTI deducendo violazione di
legge e vizio di motivazione nei seguenti termini: – errata mancata valutazione del periodo di
sottoposizione volontaria al programma terapeutico, seguito per otto mesi, in ordine al quale
aveva prodotto la documentazione attestante la positiva conduzione dello stesso; – l’espiazione
della pena andava dunque retrodatata.
3. Con sentenza in data 2 luglio 2014, la Prima Sezione di questa Corte accoglieva il ricorso del
LUCENTI, così argomentando: “….2. Il D.P.R. n. 309 del 1990, art. 94, comma 4, ultima parte,
prevede che il Tribunale di Sorveglianza possa determinare una più favorevole data di
decorrenza dell’esecuzione quando il programma terapeutico al momento della decisione risulti
già positivamente in corso, tenuto conto della durata delle limitazioni alle quali l’interessato si
è spontaneamente sottoposto e del suo comportamento. Il condannato Lucenti, che aveva già
in corso un programma terapeutico, aveva fatto richiesta di ottenere tale retrodatazione ed il
Tribunale di competenza ne da atto. La motivazione di rigetto, peraltro, non è coerente al
dettato normativo. La valutazione, invero, non può essere resa sulla base dei mancati controlli
da parte della polizia giudiziaria, che non potevano essere attivati, atteso che l’esecuzione non
era formalmente in corso, ne’ – per lo stesso motivo – per la mancanza di prescrizioni che
l’Autorità non poteva avere emanato. La valutazione richiesta doveva essere resa, come
impone la legge, sulla base della durata delle limitazioni alle quali l’interessato si era
spontaneamente (e dunque anche a prescindere da prescrizioni) sottoposto e del suo
comportamento durante l’esecuzione spontanea del programma terapeutico. Tale valutazione
non può che essere fatta sulla base della documentazione prodotta e, se del caso, anche
attivando i poteri informativi d’ufficio ai sensi dell’art. 666 c.p.p., comma 5. In definitiva il
Tribunale deve verificare ex post se il trattamento terapeutico spontaneamente svolto, per
durata ininterrotta (eventualmente stabilendola) e contenuti comportamentali, sia
sostanzialmente corrispondente a quello poi formalmente concesso e comunque risponda ai
criteri
di
recupero
sociale
cui
l’esecuzione
deve
tendere”.
4. Con ordinanza del 18 dicembre 2014, il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha nuovamente
rigettato la domanda di retrodatazione dell’affidamento in prova.
5. Ha proposto ricorso il LUCENTI, deducendo violazione di legge per non essersi il giudice di
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della pena) alla data di ingresso del LUCENTI in detta struttura, posto che per tale periodo non
rinvio uniformato ai principi espressi nella sentenza di annullamento del 2 luglio 2014.
6. Il Procuratore generale, nella requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
1. Il LUCENTI ha richiesto al Tribunale di valutare la possibilità di far decorrere la misura
concessa dalla data di ingresso dello stesso presso una comunità terapeutica.
Il Tribunale ha dato atto che non sono emersi elementi che potessero indurre a ritenere che la
non sussistevano i presupposti per far decorrere l’affidamento da una diversa e più favorevole
data ovvero da quella corrispondente all’ingresso in comunità, in quanto, alla stregua di quanto
emerso dall’istruttoria, nel novembre 2013 il ricorrente era stato sottoposto al “drug test” ed
era risultato positivo alla “buprenorfina”, sostanza che lo stesso non era autorizzato ad
assumere. Peraltro, il LUCENTI nel dicembre 2013 si era rifiutato di sottoporsi a nuove analisi,
decidendo di abbandonare il programma terapeutico.
Solo in data 3 febbraio 2014 il ricorrente aveva avviato un nuovo programma terapeutico
presso un’altra comunità.
2.
Alla stregua dei suddetti accertamenti, il Tribunale, con motivazione esente da vizi logici e
di metodo, ha correttamente ritenuto che il trattamento terapeutico cui si era sottoposto il
LUCENTI dal marzo al dicembre 2013 non potesse comportare la retrodatazione del
provvedimento di nuovo affidamento, atteso che il suddetto periodo era stato caratterizzato da
una grave violazione commessa dal condannato, che -come si è detto- aveva assunto sostanze
illecite e poi abbandonato il programma.
Questa Corte ha avuto modo di precisare che, in tema di affidamento in prova nei confronti del
condannato tossicodipendente, il Tribunale di Sorveglianza, ai sensi dell’art. 94, comma
quarto, del d.P.R. n. 309 del 1990, può determinare la decorrenza dell’esecuzione della misura,
piuttosto che dal verbale di affidamento, da una diversa e più favorevole data per l’interessato,
solo qualora al momento della decisione il programma terapeutico risulti già positivamente in
corso ed il trattamento spontaneamente eseguito risponda, per durata ininterrotta e contenuti
comportamentali, ai criteri di recupero sociale cui tende l’istituto (Sez. 1, n. 32453 del
10/03/2015, Bartesaghi, Rv. 264290; Sez. 1, n. 40251 del 10/04/2012, Zaccheroni, Rv.
254115).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così ciso in Roma, il 6 novembre 2015
lie
estensore
Il Presidente
domanda fosse strumentale, al fine di sottrarsi all’esecuzione della pena, ma ha affermato che