Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7979 del 28/01/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 7979 Anno 2014
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: SERRAO EUGENIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BASILE GIOVANNI N. IL 14/12/1977
avverso la sentenza n. 1777/2009 CORTE APPELLO di LECCE, del
21/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. EUGENIA SERRAO
,
,—- ,
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. tu (39 ,C) ga9C1 I
che ha concluso per
rigetto del ricorso

Udito, per la parte civile_l’Avq
Udit i difensor Avv.

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Data Udienza: 28/01/2014

RITENUTO IN FATTO
1. In data 21/01/2013 la Corte di Appello di Lecce, in parziale riforma della
sentenza del Tribunale di Brindisi-Sezione di Ostuni del 20/02/2009, ha
dichiarato non doversi procedere nei confronti di Basile Giovanni per il reato di
cui agli artt. 624, commi 1 e 2, 625 n.2 cod.pen., commesso mediante
estromissione del gruppo di misura, in quanto estinto per prescrizione,
confermando la sentenza appellata con riguardo al reato di cui agli artt. 624, 625
n.2 cod.pen. per essersi impossessato, al fine di trarne profitto, di energia

erogazione che consentiva l’erogazione di energia elettrica senza alcuna
registrazione dei consumi.
2. Ricorre per cassazione Giovanni Basile sulla base dei seguenti motivi:
a) violazione degli artt. 420 ter e 598 cod.proc.pen. nonché mancanza di
motivazione per avere la Corte omesso di disporre il rinvio del procedimento
nonostante fosse stato prodotto un certificato attestante l’impedimento
dell’imputato a comparire in udienza. Secondo il ricorrente, la certificazione
rilasciata avrebbe imposto il rinvio dell’udienza o quanto meno una visita fiscale
di controllo per accertare l’incompatibilità delle condizioni di salute dell’imputato
con la partecipazione all’udienza.
b) violazione dell’art. 192 cod.proc.pen. in riferimento agli artt. 624 e 625
cod.pen., nonché dell’art. 62 bis cod.pen. e mancanza di motivazione, non
consentendo la motivazione della sentenza di ritenere superate le doglianze di
cui ai motivi di appello in merito all’insussistenza di elementi idonei a ricondurre
all’imputato la manomissione riscontrata. La sentenza impugnata, così come la
sentenza di primo grado, secondo il ricorrente, hanno omesso di spiegare le
ragioni per le quali la condotta contestata dovesse essere attribuita a lui e non
ad altri. Risulterebbe, inoltre, omessa la motivazione in ordine al lamentato
diniego delle circostanze attenuanti generiche e all’entità della pena, comunque
ingiustificata ed eccessiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con riferimento al primo motivo di ricorso, va premesso che la disciplina
dettata dall’art.420 ter cod.proc.pen. in relazione all’impedimento dell’imputato a
comparire all’udienza preliminare, trova applicazione alla fase del dibattimento in
grado di appello in ragione del combinato disposto degli artt.420 ter, 484 e 598
cod.proc.pen. In alcune pronunce meno recenti questa Corte aveva avuto modo
di affermare che, in tema di impedimento dell’imputato a comparire al
dibattimento, deve ritenersi idonea a documentare l’effettiva sussistenza di un
impedimento assoluto a comparire la certificazione sanitaria dalla quale emerga
che lo stesso trovi causa in un motivo di salute, effettivo ed attuale, quale che
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elettrica che sottraeva all’Enel S.p.A. mediante allacciamento all’impianto di

sia il grado di pericolo che la malattia in atto comporta, poiché il diritto alla
salute, costituzionalmente riconosciuto come fondamentale diritto dell’individuo e
interesse della collettività in base all’art.32 Cost., non può essere sottoposto a
graduazioni o essere misurato nella sua entità, ma deve essere garantito nella
sua interezza (Sez.2, n.47678 del 24/10/2003, Giangrande, Rv.227691), purché
la certificazione sanitaria indichi la specifica patologia in atto e attesti
l’impossibilità per l’imputato di allontanarsi dal luogo di ricovero o dall’abitazione
per presenziare all’udienza (Sez.2, n.17281 del 5/05/2006, Barbara, Rv.234753;

non sia conseguente alla volontaria e non indifferibile scelta di sottoporsi ad
accertamenti routinari (Sez.2, n.22186 del 22/05/2007, Allegri, Rv.236686).
1.2. Le più recenti pronunce della Corte hanno sviluppato questi principi,
chiarendo che il provvedimento con cui il giudice di merito rigetta l’istanza di
rinvio del dibattimento è sottratto al sindacato di legittimità qualora sia
congruamente e logicamente motivato con riferimento al fatto che l’impedimento
dedotto non riveste i caratteri di assolutezza richiesti dalla legge (Sez.5, n.35170
del 20/09/2005, Ornaghi, Rv.232568) e che il deposito di un certificato medico
non preclude al giudice di valutare, anche indipendentemente da una verifica
fiscale e facendo ricorso a nozioni di comune esperienza, l’effettiva impossibilità
per il soggetto portatore della patologia ivi indicata di comparire in giudizio se
non a prezzo di un grave e non altrimenti evitabile rischio per la propria salute,
ritenendosi quest’ultima condizione imprescindibile ai fini dell’integrazione
dell’assoluta impossibilità di comparire che legittima l’impedimento (Sez.5,
n.5540 del 14/12/2007, dep.5/02/2008, Spanu, Rv.239100), escludendosi
l’idoneità a giustificare il rinvio dell’udienza per legittimo l’impedimento allo stato
d’ansia (Sez.1, n.36221 del 20/09/2007, De Lucia, Rv.237678), ad una
certificata colica renale non accompagnata dall’attestazione dell’impossibilità
fisica assoluta a comparire (Sez.6, n.24398 del 26/02/2008, De Macceis,
Rv.240352), alla laringotracheite con esiti febbrili e prognosi senza indicazione
del grado della febbre (Sez.6, n.20811 del 12/05/2010, Rv.247348), ed
affermandosi, al contrario, il legittimo impedimento in caso di diagnosi di
insufficienza respiratoria in bronchitico-cardiopatia

post

infartuale (Sez.6,

n.11678 del 19/03/2012, Bracchi, Rv.252318), in caso di sindrome algica lombosacrale acuta irradiata ad entrambi gli arti inferiori e trattata con oppioidi forti
(Sez.6, n.43885 del 5/11/2008, Lamberti, Rv.241913).
1.3. Nel caso in esame, il ricorrente ha dedotto di aver formulato istanza di
rinvio sulla base di un certificato rilasciato dal Pronto Soccorso dell’ospedale di
Ostuni nel quale si attestava che quella mattina l’imputato aveva avuto un
attacco di asma tale da rendere necessario il ricorso ai sanitari, i quali avevano
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Sez.1, n.38290 del 7/07/2004, Adelizzi, Rv.229736), a condizione che il ricovero

prescritto un riposo certamente incompatibile, pur in assenza di specificazione,
con qualsiasi attività e soprattutto incompatibile con il viaggio da Ostuni a Lecce.
1.4. Tanto sarebbe sufficiente, in difetto di deduzioni concernenti la
certificazione dell’assoluta impossibilità per l’imputato a comparire, a ritenere
infondato il motivo di ricorso. Esaminando, poi, secondo quanto consentito dalla
natura del vizio denunciato, gli atti del processo, emerge che la Corte territoriale
ha motivato l’ordinanza di diniego osservando che dal documento depositato
risultava che l’imputato avesse avuto quella stessa mattina un attacco di asma

hanno dimesso dopo appena 42 minuti. L’asma di regola non impedisce di
presentarsi in un’udienza e non vi è alcuna traccia che questa mattina l’imputato
si sia trovato nell’impossibilità di comparire’.
1.5. I giudici di merito hanno, quindi, esposto ampiamente e con logica
argomentazione le ragioni del diniego del rinvio, ritenendo che l’impedimento
dedotto non rivestisse i caratteri di assolutezza richiesti dalla legge, superando in
tal modo il vaglio di legittimità nel rispetto dei principi sopra esposti.
2. Con riguardo al secondo motivo va esclusa l’ammissibilità delle doglianze
in fatto concernenti il giudizio di attribuibilità all’imputato del reato contestatogli,
attraverso le quali si tende ad una diversa valutazione delle emergenze
istruttorie in senso favorevole al ricorrente. Quanto al dedotto vizio
motivazionale, sia nella sentenza di primo grado (pag.2), sia nella sentenza di
appello (pag.3) si rinviene la puntuale e logica indicazione dei dati istruttori dai
quali i giudici di merito hanno desunto che il fatto fosse ascrivibile al Basile e,
contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, i giudici di merito hanno fornito
espressa motivazione (pag.3) in relazione all’adeguatezza della pena ed al
diniego delle circostanze attenuanti generiche, presentandosi assolutamente
corretto ed insindacabile in sede di legittimità il rilievo fattuale del giudice di
merito in ordine ai numerosi precedenti penali che rendevano l’imputato
immeritevole di un più mite trattamento sanzionatorio.
2.1. In particolare, quanto alle attenuanti generiche, la decisione è in linea
con la costante giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale ai fini della
concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche, è sufficiente
che il giudice di merito prenda in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133
cod. pen., quello (o quelli) che ritiene prevalente e atto a consigliare o meno la
concessione del beneficio; e il relativo apprezzamento discrezionale, laddove
supportato da una motivazione idonea a far emergere in misura sufficiente il
pensiero dello stesso giudice circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità
effettiva del reato ed alla personalità del reo, non è censurabile in sede di
legittimità. Ciò vale, a fortiori, anche per il giudice d’appello, il quale, pur non
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‘che non ha assolutamente allarmato i medici del pronto soccorso tanto che lo

dovendo trascurare le argomentazioni difensive dell’appellante, non è tenuto ad
un’analitica valutazione di tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle
parti, ma, in una visione globale di ogni particolarità del caso, è sufficiente che
dia l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti e decisivi ai fini della concessione o del
diniego, rimanendo implicitamente disattesi e superati tutti gli altri, pur in
carenza di stretta contestazione (Sez.6, n.41365 del 28/10/2010, Straface, Rv.
248737; Sez.6, n.34364 del 16/06/2010, Giovane, Rv.248244): il giudice si è
attenuto a tale principio valorizzando negativamente, tra i criteri valutativi

considerati, in modo qui incensurabile, come assorbenti ai fini del diniego. Di
talché le censure del ricorrente circa pretese carenze motivazionali della
sentenza impugnata in ordine ai punti suindicati risultano infondate.
3. Al rigetto del ricorso consegue, a norma dell’art.616 cod.proc.pen., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 8/01/2014

tratteggiati dall’art. 133 cod. pen., quello relativo ai precedenti penali,

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