Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7978 del 28/01/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 7978 Anno 2014
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: SERRAO EUGENIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ZAPPULLA FRANCESCO N. IL 13/01/1989
avverso la sentenza n. 1564/2012 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 28/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. EUGENIA SERRAO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.” — Fu M o ZeMi
che ha concluso per
inammissibilità per manifesta infondatezza

Udito, per la parte civile l’Avv
dit i d.

Data Udienza: 28/01/2014

RITENUTO IN FATTO
1. In data 28/11/2012 la Corte di Appello di Palermo, in parziale riforma
della sentenza emessa dal Tribunale di Palermo in data 31/05/2011, ha assolto
Zappulla Francesco dal reato contestato al capo B dell’imputazione (art. 648
cod.pen.) confermando la sentenza impugnata con riguardo all’imputazione di cui
agli artt. 110,112 n.4, 624,625 n.2 e 7 cod.pen. perché, in concorso con il
minore Olivieri Angelo, previa effrazione del bloccasterzo, a fine di profitto, si
impossessava del motociclo Yamaha di proprietà di Florulli Maria Concetta,

alla pubblica fede lungo Corso Alberto Amedeo in data 29 marzo 2007.
2. Secondo la ricostruzione del fatto operata dai giudici di merito, il giorno
29/03/2007, intorno alle 11:30, due agenti di polizia fuori servizio avevano
sorpreso Francesco Zappulla mentre, alla guida di un motociclo Piaggio Vespa di
colore bianco, spingeva un altro giovane alla guida del motociclo Yamaha privo
delle chiavi nel quadro di accensione, denunciato rubato dopo essere stato
parcheggiato alle 10:45 del medesimo giorno con il bloccasterzo inserito. I due
giovani, giunti all’altezza di via Filippone, si erano fermati e avevano cercato di
occultare il motociclo Yamaha all’interno di un vicolo chiuso, limitrofo e
parzialmente ostruito da un ponteggio. Gli agenti avevano constatato l’avvenuta
forzatura del bloccasterzo del motociclo. Sebbene, all’atto del controllo, lo
Zappulla si fosse dato alla fuga, era stato riconosciuto e generalizzato dai
medesimi agenti il giorno successivo al furto.
3. Ricorre per cassazione Francesco Zappulla deducendo violazione di legge
e vizio motivazionale sulla base dei seguenti motivi:
a) la Corte territoriale ha affermato la responsabilità penale dell’imputato
sulla scorta di ragionamenti prognostici e deduttivi, mentre l’attenta analisi
dell’impianto probatorio esclude la sussistenza dell’art.624 cod.pen. per la
mancanza di elementi di prova che ne legittimino l’applicazione a suo carico.
Secondo il ricorrente, l’unico dato provato era la presenza dell’imputato che
spingeva il motociclo condotto dal coimputato minorenne a distanza di 45 minuti
dall’orario, risultante dalla denuncia di furto, in cui il mezzo era stato
parcheggiato. In assenza di prova della condotta per cui il ricorrente si sarebbe
impossessato del motociclo, si assume, non sarebbe configurabile il delitto di
furto.
b) la Corte territoriale non ha motivato la ragione secondo la quale lo
Zappulla abbia agito in concorso nel rompere il bloccasterzo o nell’aver avuto un
ruolo contemporaneo o adiuvante del suo coimputato, omettendo di valutare il
motivo di gravame circa la configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 625,

2

sottraendolo alla stessa, che lo deteneva esposto per necessità e consuetudine

comma 2, cod.pen. in presenza di mere presunzioni e sulla base di una inesatta
valutazione delle prove raccolte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. In presenza di una doppia conforme affermazione di responsabilità, è
ammissibile la motivazione della sentenza di appello per relationem a quella della
decisione impugnata in quanto il giudice di appello, nell’effettuare il controllo
sulla fondatezza degli elementi sui quali si regge la sentenza impugnata, non è
tenuto a riesaminare questioni sommariamente riferite dall’appellante nei motivi

ritenute esatte e prive di vizi logici, non specificamente e criticamente censurate.
In tal caso, infatti, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello,
fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed
inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della
congruità della motivazione, tanto più ove i giudici dell’appello abbiano
esaminato le censure con criteri omogenei a quelli usati dal giudice di primo
grado, cosicché le motivazioni delle sentenze dei due gradi di merito possano
ritenersi una sola identità.
2. Le doglianze difensive fanno generico riferimento al contenuto della
decisione impugnata e costituiscono, nella sostanza, eccezioni in punto di fatto,
ai limiti dell’inammissibilità, poiché non inerenti ad errori di diritto o vizi logici
della decisione impugnata ovvero travisamento della prova, ma dirette a
censurare le valutazioni operate dal giudice di merito. Si chiede, in realtà, al
giudice di legittimità una rilettura degli atti probatori, per pervenire ad una
diversa interpretazione degli stessi, più favorevole alla tesi difensiva del
ricorrente. Trattasi di censura non consentita in sede di legittimità perché in
violazione della disciplina di cui all’art. 606 cod.proc.pen. Infatti, nel momento
del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la
decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione
dei fatti né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se
questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con “i limiti di una
plausibile opinabilità di apprezzamento”, secondo una formula giurisprudenziale
ricorrente.
3. Quanto alla dedotta violazione di legge per erronea sussunzione del fatto
nella fattispecie astratta del reato di concorso in furto aggravato, i giudici del
merito, con argomentazioni esaustive, compiute e prive di vizi logici e giuridici,
hanno affrontato tutte le tematiche agitate in giudizio e proposte nel gravame di
appello, esprimendo valutazioni pertinenti oltre che connesse ad uno scrutinio
analitico del compendio di prova resosi disponibile in giudizio, di cui hanno dato,
nella parte motivazionale, sufficiente contezza. In particolare, la sentenza
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di gravame, sulle quali si sia già soffermato il primo giudice, con argomentazioni

impugnata ha ritenuto provata al di là di ogni ragionevole dubbio la
responsabilità dell’imputato in ordine al reato di furto del motociclo, sulla base
dell’arresto in flagranza avvenuto alle ore 11:30 del complice minorenne, visto in
compagnia di altra persona nota agli agenti che lo aiutava a spingere il
ciclomotore, datasi alla fuga e successivamente identificata in Francesco
Zappulla, sulla base del fatto che il motociclo non presentava le chiavi inserite
nel quadro di accensione ed aveva il bloccasterzo forzato e del fatto che tale
veicolo fosse stato oggetto di furto ai danni di persona che aveva dichiarato di

desumendo come logica conseguenza che quanto accertato direttamente dagli
agenti, in ragione della continuità cronologica e del fatto che il motociclo, con il
bloccasterzo forzato, veniva spinto dallo Zappulla, costituisse prova
dell’ascrivibilità a quest’ultimo del concorso nella condotta tipica del reato di
furto.
3.1. Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte
che, i fini della configurabilità della fattispecie del concorso di persone nel reato,
il contributo concorsuale assume rilevanza non solo quando abbia efficacia
causale, ponendosi come condizione dell’evento lesivo, ma anche quando
assuma la forma di un contributo agevolatore, cioè quando il reato, senza la
condotta di agevolazione, sarebbe stato ugualmente commesso ma con maggiori
incertezze di riuscita o difficoltà. A tal fine, è sufficiente che la condotta di
partecipazione si manifesti in un comportamento esteriore che arrechi un
contributo apprezzabile alla commissione del reato, mediante il rafforzamento
del proposito criminoso o l’agevolazione dell’opera degli altri concorrenti e che il
partecipe, per effetto della sua condotta, idonea a facilitarne l’esecuzione, abbia
aumentato la possibilità della produzione del reato (Sez.6, .36818 del
22/05/2012, Amato, Rv.253347; Sez.4, n.24895 del 22/05/2007, P.M. in proc.
Di Chiara, Rv.236853; Sez.5, n.21082 del 13/04/2004, Terreno, Rv.229200).
3.2. Risulta, dunque, corretta la decisione del giudice di merito che ha
ritenuto sussistente la responsabilità a titolo di concorso nel furto del ciclomotore
a carico del ricorrente sulla base del fatto che quest’ultimo fosse stato sorpreso
mentre spingeva il giovane minorenne alla guida del motociclo denunciato come
rubato, privo delle chiavi nel quadro di accensione, mentre cercava di occultare
tale motociclo all’interno di un vicolo chiuso, agevolando in tal modo con
contributo apprezzabile l’impossessamento della refurtiva.
4. Quanto alla sussistenza della contestata aggravante dell’uso della
violenza, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, la Corte di Appello
ha specificamente desunto la sussistenza della circostanza dal dato di fatto per ‘\
cui il bloccasterzo del motociclo risultava forzato, ritenendo logicamente
4

averlo parcheggiato nella pubblica via alle 10:45 di quel medesimo giorno,

irrilevante l’assenza di arnesi atti all’effrazione, ed ha confermato il giudizio
effettuato dal Tribunale, che a pag.3 aveva ugualmente espresso motivazione
congrua e logica sul punto. Tale circostanza è peraltro da considerare oggettiva
per cui, ai sensi dell’art. 59, comma 2, cod.pen., si comunica anche agli altri
compartecipi ancorché sconosciuta o ignorata per colpa (Sez.5, n.19637 del
6/04/2011, Saponetto, Rv. 250192).
5. Al rigetto del ricorso segue, a norma dell’art. 616 cod.proc.pen., la
condanna del ricorrente il pagamento delle spese processuali.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 28/01/2014

P.Q.M.

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