Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7972 del 13/12/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 7972 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: IANNELLO EMILIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CARENZA DANIELE N. IL 29/03/1981
avverso la sentenza n. 467/2008 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
TARANTO, del 22/02/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. EMILIO IANNELLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. O reAR efbRelev6,9
che ha concluso per e ,
LtrZ oke ed,~ ;

Udito, per la parte civile
Uditi d

or Avv.

Data Udienza: 13/12/2013

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 22 febbraio 2011 la Corte d’appello di Lecce, sezione
distaccata di Taranto, confermava la sentenza con la quale il Giudice dell’udienza
preliminare presso il Tribunale di Taranto, in data 6/11/2007, aveva condannato
Carenza Daniele alla pena di anni due e mesi quattro di reclusione ed € 2.400,00
di multa per il reato p. e p. dagli artt. 81 cpv e 73 d.P.R. 309/90, riconosciuta
l’attenuante della lieve entità del fatto.

della sostanza rinvenuta (cocaina e hashish) ostavano la quantità di dosi (13) e
l’orario (le 3:10 di notte) della commissione del fatto, tali da rendere impensabile
che in quel frangente lo stesso intendesse dividerla con chi lo accompagnava.
Argomentava in tal senso anche dalla mancata indicazione da parte
dell’imputato della persona che gli aveva ceduto la droga e dal fatto che il
predetto fosse stato visto fermo in macchina, al posto di guida, per almeno
un’ora e 20, all’uscita di un locale, ed ancora dal fatto che erano stati visti
avvicinarsi all’auto tre giovani, prontamente dileguatisi all’atto dell’intervento dei
carabinieri.

2.

Propone ricorso personalmente l’imputato denunciando vizio di

motivazione.
Rileva che gli indizi valorizzati a suo carico in sentenza (e in particolare la
quantità e varietà della droga; la mancata identificazione dello spacciatore; il
tempo in cui è stato fermo all’uscita di un locale) difettano quanto a precisione,
gravità e concordanza. Osserva al riguardo che «è circostanza nota a tutti gli
uffici giudiziari d’Italia (se non del mondo) che una persona che fa uso di
sostanze stupefacenti non ha mai fatto il nome del proprio pusher», così come è
noto che «proprio fuori dai locali gli assuntori di sostanze stupefacenti si recano
per acquistare la dose o le dosi per uso personale».
Si duole inoltre del mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti
generiche.

Considerato in diritto

3. Il ricorso è infondato.
La valutazione prognostica della destinazione della sostanza stupefacente,
ogni qual volta la condotta non appaia correlabile ai consumo in termini di
immediatezza, deve essere effettuata dal giudice tenendo conto di tutte le
circostanze soggettive ed oggettive del fatto, con apprezzamento di merito

Rilevava in motivazione che ad escludere la dedotta destinazione personale

sindacabile in sede di legittimità solo in rapporto ai vizi di cui all’art. 606, lett. e),
cod. proc. pen.. Al di fuori del caso in cui possa attribuirsi univoco significato
della destinazione allo spaccio alla detenzione di quantità di stupefacente
notevolmente superiore al bisogno personale per un periodo circoscritto, nelle
ipotesi relative a quantitativi non elevati l’indagine in relazione alla destinazione
allo spaccio deve essere più penetrante e condotta con riferimento ad altri
elementi indiziali emergenti dalle concrete modalità della fattispecie, come la
qualità di tossicodipendente, le condizioni economiche dell’imputato, l’accertato

spaccio, le modalità della custodia e di frazionamento della sostanza, il
ritrovamento di strumenti idonei al taglio (giurisprudenza costante a partire da
Sez. U, n. 4 del 28/05/1997, Iacolare, Rv. 208217).

3.1. Nel caso in esame la Corte territoriale, con motivazione adeguata ed
immune da vizi logici, ha, sulla base di una pluralità di elementi indizianti,
ritenuto che non potessero esservi dubbi in ordine alla destinazione allo spaccio
della sostanza stupefacente, tenuto conto in particolare delle circostanze di
tempo e di luogo in cui il fatto è stato accertato, e del numero (pur in assoluto
non elevato) di dosi rinvenute.
Il ricorrente, attraverso la formale denuncia di vizi di motivazione, richiede
sostanzialmente una rivisitazione, non consentita in questa sede, delle risultanze
processuali.
Egli peraltro propone una diversa spiegazione dei fatti pacifici esposti in
sentenza che, lungi dal risultare idonea a palesare evidenti incoerenze o lacune
nel ragionamento logico deduttivo del giudice di merito, si appalesa frutto di una
lettura parziale degli stessi e comunque meno plausibile di quella ricavata dalla
corte territoriale.
Quest’ultima invero, diversamente da quanto postulato dal ricorrente, ha
attribuito rilevanza al luogo e al contesto dell’accertamento (all’uscita da un
locale) non in sé per sé considerati ma unitamente alla durata (almeno un’ora e
20) della permanenza in essi del prevenuto fermo in macchina, desumendone il
ragionevole convincimento che, risultando egli già in possesso della sostanza poi
rinvenuta, tale lunga sosta potesse giustificarsi solo con il fatto che egli fosse in
attesa di acquirenti e non già al contrario del pusher da cui fornirsi:
convincimento peraltro ulteriormente avvalorato dall’avere gli agenti visto
avvicinarsi dei giovani alla macchina sulla quale sostava l’odierno ricorrente e
subito dopo allontanarsi in modo sospetto una volta accortisi della presenza dei
carabinieri (circostanza questa in ordine alla quale il ricorrente omette qualsiasi
considerazione).

compimento pregresso di fatti sintomaticamente rivelatori di propensione allo

3.2. Palesemente inammissibile è poi la doglianza relativa al mancato
riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, in quanto non pertinente
alle motivazioni al riguardo addotte dalla corte territoriale. Questa invero, non ha
fatto alcun riferimento – diversamente da quanto sembra presupporre il
ricorrente – ai precedenti penali, ma piuttosto alle circostanze del fatto e al
comportamento processuale dell’imputato: motivi in sé non fatti segno di alcuna

4. Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 13/12/2013.

specifica critica da parte del ricorrente.

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