Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7971 del 13/12/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 7971 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: IANNELLO EMILIO

Data Udienza: 13/12/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GIOMPRINI ANTONIO N. IL 17/01/1938
nei confronti di:
CASTELLANO FARA N. IL 12/05/1975
avverso la sentenza n. 16/2011 TRIBUNALE di PESARO, del
08/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. EMILIO IANNELLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. OScAA CEDRA ni&ot o
che ha concluso d iat4.t.io
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Deduce a fondamento vizio di illogicità e contraddittorietà della motivazione e travisamento di uno degli elementi di prova. Rileva che l'unico elemento valorizzato nella sentenza impugnata per escludere il nesso causale tra la condotta di guida dell'imputata e l'evento dannoso, ossia l'assenza di tracce di urto tra i veicoli, è in realtà privo di rilievo logico decisivo dal momento che comunque una colpevole turbativa alla circolazione (quale quella posta in essere dall'imputata) «può validamente porsi in rapporto di causa/effetto con un sinistro e con il danno ad esso conseguente anche in assenza di un urto o delle tracce di quest'ultimo». Soggiunge che peraltro il dato in questione e le conclusioni che ne trae il giudice d'appello sono incoerenti rispetto alla dinamica del sinistro così come accertata in primo grado, secondo cui dopo aver superato il ciclista (circostanza questa espressamente riconosciuta dalla stessa imputata nel corso dell'esame dibattimentale) la Castellano aveva effettuato manovra di svolta a destra verso l'accesso ad un esercizio commerciale e - in detto frangente - aveva intersecato la traiettoria del ciclista che proseguiva invece diritto lungo la strada provinciale Montefeltro, costringendolo così «ad una improvvisa frenata che non gli evitava però il contatto con l'auto», contatto avvenuto «con la ruota anteriore della bici, un po' inclinata, contro la fiancata destra dell'auto e con la spalla sinistra (del commi 1 e 8 cod. strada, e per avere così urtato il velocipede da lui condotto, ciclista) appoggiata sullo stesso lato dell'auto». Osserva che il Tribunale ha quindi erroneamente escluso la responsabilità dell'imputata in ragione dell'assenza di un elemento di prova «che comunque non poteva essere reperito: sia in quanto non accertato ... nei modi previsti dalla legge; sia in quanto la dinamica effettiva dell'occorso non era tale da produrre t• alcun significativo segno di impatto del velocipede ... contro la vettura». Deduce che pertanto erroneamente dall'assenza di tracce d'urto il Tribunale ha tratto il convincimento secondo cui la descrizione dello svolgersi dei fatti operata dalla persona offesa non avrebbe trovato riscontro, ma anzi risulterebbe contraddetta. Osserva al riguardo che altresì in maniera illogica il giudice di secondo grado ha additato a motivo di dubbio circa la credibilità della persona offesa la frase dalla stessa pronunciata nell'immediatezza del sinistro: «adesso è comodo dire che non mi ha toccato nessuno», essendo questa spiegabile proprio quale reazione alla giustificazione in quel frangente addotta dalla donna - così come anche riferito da altro teste - di non averlo toccato e mancando in atti altri elementi oggettivi in grado di travolgere l'attendibilità di esso odierno ricorrente. Lamenta che, per contro, il giudice d'appello ha omesso di valutare una serie versione dei fatti resa dalla parte civile, quali: a) il tonfo che la imputata riconosce aver udito all'interno dell'abitacolo della propria autovettura: rumore non ad altro riconducibile se non al contatto del busto di esso ricorrente contro la carrozzeria; b) l'abrasione sulla gomma anteriore lato sinistro riscontrata dal teste Penserini Mirco sulla bicicletta; c) l'annotazione del numero di targa della Lancia Y dell'imputata disposta dal medico soccorritore del 118; d) la posizione della macchia di sangue lasciata da esso ricorrente sull'asfalto "all'interno della rampa e al centro della stessa", completamente al di là del margine della strada provinciale Montefeltro, indicativa del fatto che il ciclista era stato forzosamente sospinto nel punto di caduta da un'interferenza veicolare esterna e spostato dalla originaria direttrice di marcia; e) le contraddizioni e le inverosimiglianze che anche il giudice a quo riconosce esservi «nella versione dell'imputata a proposito del momento e del modo in cui la stessa riferisce essersi accorta della caduta del ciclista». L'imputato ha depositato memoria difensiva, con la quale ha chiesto il rigetto dell'impugnazione con la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di difesa. Considerato in diritto 2. Il ricorso è infondato. Questa Corte, chiamata ad esaminare la denunciata contraddittorietà e la carenza motivazionale, non può invero fare a meno di rilevare l'infondatezza delle censure al riguardo proposte, non potendosi revocare in dubbio l'intrinseca coerenza logica e l'adeguatezza del percorso argomentativo della impugnata sentenza. Questo si incentra per vero sul dato dell'assenza (o comunque del mancato riscontro) di segni di urto nella carrozzeria dell'auto condotta dall'imputata, cui il di elementi e circostanze idonee a fornire riscontro estrinseco ed oggettivo alla tribunale assegna rilievo decisivo al fine di ritenere confutata la versione del ricorrente. Tale ragionamento, però, non appare suscettibile di essere valutato come manifestamente illogico e resiste pertanto alle critiche mosse dal ricorrente, le quali, a ben vedere, si risolvono nella mera prospettazione di altra plausibile interpretazione delle emergenze processuali, come noto, in sé irrilevante ai fini del sindacato che compete in questa sede operare. Ed invero da un lato l'argomentare del primo giudice appare del tutto dell'imputata, descrive la dinamica causale del sinistro facendo chiaro ed esplicito riferimento ad un urto dell'auto con il velocipede: di tal che l'esito negativo della verifica istruttoria della sussistenza di un siffatto momento causale si rivela oltre che correttamente condotto alla stregua delle risultanze processuali in atti, anche dirimente ai fini del giudizio sulla fondatezza dell'accusa. Dall'altro gli altri elementi valorizzati dal ricorrente ai fini di una diversa ricostruzione causale, si appalesano in sé dotati di minore pregnanza logico dimostrativa (come evidenziato anche dal giudice del merito alla stregua di considerazioni anch'esse logicamente valide e coerenti) e comunque tali da poter suffragare solo una alternativa ricostruzione del sinistro che, per quanto plausibile, non vale di per sé a dimostrare l'esistenza del dedotto vizio di contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, tanto più che si tratta di una ricostruzione sensibilmente diversa, come detto, da quella accolta nel capo d'imputazione. Giova al riguardo rammentare che in tema di sindacato del vizio di motivazione, compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici del merito, ma solo quello di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, dandone una corretta e logica interpretazione, con esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti; se abbiano, quindi, correttamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Sez. U, n. 930 del 13/12/1995 - dep. 29/01/1996, Clarke, Rv. 203428; Sez. U, n. 12 del 31/5/2000, Jakani, Rv. 216260). E poiché il vizio di motivazione deducibile in sede di legittimità deve, per espressa previsione normativa, risultare dal testo del provvedimento impugnato, o - a seguito della modifica apportata all'art. 606 comma 1, lett. e) cod. proc. pen., dall'art. 8 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 - da «altri atti del procedimento specificamente indicati nei motivi di gravame», tanto comporta, quanto al vizio di manifesta illogicità, per un verso, che il ricorrente deve dimostrare in tale sede che l'iter argomentativo seguito dal coerente all'imputazione che, nel ricondurre l'evento lesivo alla condotta colposa .. giudice è assolutamente carente sul piano logico e, per altro verso, che questa dimostrazione non ha nulla a che fare con la prospettazione di un'altra interpretazione o di un altro iter, quand'anche in tesi egualmente corretti sul piano logico; ne consegue che, una volta che il giudice abbia coordinato logicamente gli atti sottoposti al suo esame, a nulla vale opporre che questi atti si presterebbero ad una diversa lettura o interpretazione, ancorché, in tesi, munite di eguale crisma di logicità (cfr. Sez. U, n. 30 del 27/9/1995; Sez. U, n. 6402 del 30/4/1997; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794; in Sez. U, n. 16 del 19/6/1996, Di Francesco, Rv. 205621; e non dissimilmente, Sez. U, n. 30 del 27/9/1995, Mannino, Rv. 202903; Sez. U, n. 19 del 25/10/1994, De Lorenzo, Rv. 199391; e, con riguardo al giudizio, Sez. U, n. 930/96 del 13/12/1995, cit.; Sez. U, n. 12 del 31/5/2000, cit). Inoltre, l'illogicità della motivazione, censurabile a norma dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.., è quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu ocu/i, proprio perché l'indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione limitarsi - come s'è detto - a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di una nuova valutazione delle acquisizioni processuali (Sez. U, n. 47289 del 24/9/2003; Petrella, Rv. 226074; Sez. 1, n. 5854 del 30/11/2000 - dep. 12/02/2001, Andretta, Rv. 218119; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, cit.). Ebbene una siffatta evidente illogicità non è certamente predicabile rispetto alla decisione qui impugnata. 3. Il ricorso va pertanto rigettato con la conseguente condanna del ricorrente alle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 13/12/2013 termini sostanzialmente identici, ancorché con riferimento alla materia cautelare,

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