Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 796 del 13/06/2017


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 796 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

SENTENZA

sui ricorsi proposti da
Lagasio Giuseppe, nato a Savona il 25/9/1948
Parolini Valentino, nato ad Alassio il 12/5/1949
avverso la sentenza del 12/1/2016 della Corte d’appello di Genova
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Liberati;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Fulvio
Baldi, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
udita per le parti civili, Provvidenti Concetta e Scavetta Manuel, l’avv. Federica
Gilardoni, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi e la conferma della
sentenza impugnata, con la dichiarazione che la liquidazione del danno a favore
delle parti civili costituite è a titolo di provvisionale; la condanna in solido degli
imputati e del responsabile civile al risarcimento dei danni, patrimoniali e non
patrimoniali, patiti dalle parti civili, rinviando al giudice civile per la liquidazione
definitiva, che si indica, quanto a Concetta Provvidenti, in euro 540.868,00, oltre
interessi e rivalutazione, e, quanto a Emanuel Scavetta, in euro 231.894,39,
oltre interessi e rivalutazione; la condanna in solido degli imputati e del
responsabile civile alla rifusione delle spese processuali in favore delle parti civili;
udito per il ricorrente Lagasio Giuseppe l’avv. Andrea Scella, in sostituzione
dell’avv. Fausto Mazzitelli, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso;
udito per il ricorrente Parolini Valentino l’avv. Franco Vazio, che ha concluso
chiedendo l’accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 13/06/2017

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 16 settembre 2011 il Tribunale di Savona condannò
Giuseppe Lagasio, nella sua veste di Dirigente del Settore 4 del Servizio tecnico
(Appalti e Somministrazioni – Amministrazione dei Lavori Pubblici e Verde
pubblico) del Comune di Alassio, e Valentino Parolini, quale Responsabile di tale
Servizio, alla pena di un anno di reclusione e al risarcimento del danno in favore
delle parti civili, in solido con il Comune di Alassio quale responsabile civile, in

per avere, in cooperazione colposa, omettendo di predisporre un adeguato
sistema di controllo fitostatico e fitosanitario del patrimonio arboreo del Comune
di Alassio, prevedendo solo ordinarie attività nnanutentive, provocato la morte di
Alessandro Scavetta, conseguente alle lesioni riportate mentre il 22 agosto 2008
transitava sulla pubblica via a bordo di un ciclomotore, a seguito dello schianto di
una conifera conseguente al collasso meccanico delle strutture radicali per gli
squilibri statici dovuti a un’architettura arborea non corretta e alla
destrutturazione della pianta dovuta a un’infezione radicale da Armillaria Mellea).
1.1. La Corte di appello di Genova, provvedendo con sentenza del 8 gennaio
2014 sulla impugnazione degli imputati, li assolse entrambi, escludendone una
responsabilità personale.
1.2. La Quarta Sezione di questa Corte, provvedendo con la sentenza n.
26991 del 2015 sulle impugnazioni proposte dal Procuratore Generale presso la
Corte d’Appello di Genova e dalle parti civili, annullò tale sentenza di
assoluzione, con rinvio alla medesima Corte territoriale.
Richiamando quanto accertato dal consulente tecnico del Pubblico Ministero,
di cui erano stati riportati ampi passi nella sentenza di primo grado, ponendo in
rilievo come tale consulente avesse evidenziato lo sviluppo anomalo
dell’apparato aereo del pino, proteso al di sopra della strada provinciale Aurelia
in modo asimmetrico rispetto al suo asse, nonché la posizione anomala
dell’albero, posto in una sorta di feritoia tra due edifici, con conseguente
inclinazione del tronco dovuta anche alla sollecitazione dei venti incanalati tra le
costruzioni, oltre all’estrema vulnerabilità del sito, intensamente utilizzato, in
ragione della presenza della principale arteria del comune e del parcheggio di un
albergo, e anche la accertata mancanza di specializzazione dei giardinieri
comunali e la possibilità di accertamento dell’infezione da Armillaria Mellea con le
conoscenze e tecnologie in uso al momento del fatto, come dimostrato anche dai
controlli posti in essere dal Comune successivamente all’evento, è stata rilevata
la mancanza di adeguata motivazione riguardo alla evitabilità dell’evento e alle
posizioni di garanzia eventualmente e distintamente gravanti sugli imputati.

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relazione al reato di cui agli artt. 113, 589 e 40 cpv. cod. pen. (a loro ascritto

1.3. La Corte d’appello di Genova, provvedendo con sentenza del 12 gennaio
2016 quale giudice di rinvio, ha parzialmente riformato la sentenza di primo
grado, stabilendo che la somma liquidata a favore delle parti civili come
risarcimento sia considerata a titolo di provvisionale, demandando la liquidazione
del danno al giudice civile, e confermando nel resto la sentenza di condanna di
entrambi gli imputati pronunziata dal Tribunale di Savona.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Valentino

2.1. Con un primo motivo ha denunciato violazione dell’art. 178, lett. c),
cod. proc. pen., a causa della nullità della notificazione dell’avviso di fissazione
dell’udienza preliminare, già eccepita prima dell’apertura del dibattimento di
primo grado, all’udienza del 4 febbraio 2011, respinta dal Tribunale e riproposta
nei successivi gradi di giudizio, fondata sulla indebita notificazione di tale avviso,
oltre che degli atti successivi, al difensore anziché presso la propria residenza,
laddove aveva eletto domicilio.
2.2. Mediante un secondo motivo ha denunciato violazione dell’art. 530,
comma 2, cod. proc. pen. e insufficienza della motivazione della sentenza
impugnata, nel punto relativo alla affermazione della sua responsabilità, e, in
particolare, nella parte in cui era, impropriamente, stata affermata l’esistenza di
una sua posizione di garanzia riguardo alle condizioni di manutenzione e
conservazione delle piante di alto fusto facenti parte del patrimonio arboreo del
Comune di Alassio, in quanto egli era privo di poteri di coordinamento e controllo
dei giardinieri comunali (come invece erroneamente affermato nella sentenza
impugnata), il cui responsabile era il coimputato Lagasio, giacché egli aveva
solamente l’incarico di specialista amministrativo e contabile e non era, pertanto,
titolare di alcuna posizione di garanzia, che non aveva assunto neppure in via di
fatto, essendo privo di autonomia decisionale e finanziaria, nonché di mansioni e
competenze tecniche.
2.3. Con un terzo motivo ha prospettato violazione dell’art. 627 cod. proc.
pen., a causa della mancata disposizione di una perizia sulle condizioni della
pianta di alto fusto il cui collasso e cedimento aveva determinato la morte di
Alessandro Scavetta e sulle cause di tale caduta e sulla sua prevedibilità ed
evitabilità, giacché ciò sarebbe stato necessario alla luce di quanto indicato nella
precedente sentenza di questa Corte, di annullamento con rinvio, giacché le
statuizioni nella stessa contenute avrebbero comportato una indicazione in tal
senso, e dunque la Corte territoriale avrebbe dovuto disporre tale mezzo
istruttorio, ai sensi dell’art. 627, comma 2, cod. proc. pen., erroneamente
escluso richiamando impropriamente la disciplina di cui all’art. 603 cod. proc.
pen.

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Parolini, affidato a quattro motivi.

2.4. Mediante un quarto motivo ha prospettato ulteriore vizio della
motivazione, per l’insufficiente indicazione delle ragioni in base alla quali la Corte
d’appello, in accoglimento delle censure formulate dalle parti civili, aveva
dichiarato che le somme liquidate a favore di queste ultime dovevano essere
considerate a titolo di provvisionale, demandando ad altro giudizio innanzi al
giudice civile la compiuta e integrale liquidazione del danno conseguente alla
morte di Alessandro Scavetta, in quanto il Tribunale aveva analiticamente
illustrato, attraverso il riferimento alle tabelle per la liquidazione del danno da

integrale liquidazione del danno sofferto dalle parti civili, provvedendo anche alla
sua personalizzazione, tenendo conto di tutte le peculiarità del caso concreto.

3. Ha proposto ricorso per cassazione avverso la medesima sentenza anche
Giuseppe Lagasio, affidato a due motivi.
3.1. Con un primo motivo ha prospettato mancanza di motivazione e
violazione degli artt. 627, comma 3, e 628, comma 2, cod. proc. pen., per avere
omesso la sentenza resa dalla Corte d’appello di Genova, quale giudice del
rinvio, di considerare le proprie allegazioni difensive, circa il ruolo rivestito e i
poteri posseduti nell’ambito della organizzazione amministrativa del Comune di
Alassio, che, tra l’altro, lo rendevano privo di poteri autonomi di spesa. La Corte
d’appello, infatti, aveva fondato l’affermazione della titolarità da parte del
ricorrente di una posizione di garanzia in relazione alle condizioni del patrimonio
arboreo del Comune di Alassio, e agli eventuali pericoli che ne fossero conseguiti,
esclusivamente in base al suo ruolo di Dirigente del Settore IV – servizio tecnico
(appalti e somministrazione – amministrazione dei lavori pubblici e verde
pubblico), omettendo di considerare quanto dichiarato dal Sindaco di Alassio,
secondo cui per effettuare un monitoraggio periodico delle piante con
metodologie specifiche (quale il V.T.A.) sarebbero state necessarie una gara
d’appalto e una successiva delibera della giunta comunale.

morte elaborate dal Tribunale di Milano, i criteri seguiti per addivenire alla

Ha lamentato anche l’omessa considerazione della propria consulenza di
parte e dei propri motivi d’appello, che il giudice del rinvio non aveva in alcun
modo considerato.
3.2. Con un secondo motivo ha prospettato violazione degli artt. 43 e 589
cod. pen., evidenziando che non erano stati impartite disposizioni di sorta
riguardo alla vigilanza sulle condizioni delle piante di alto fusto e che non vi
erano neppure state segnalazioni di alcun genere circa le condizioni della pianta
poi collassata, che non presentava sintomi di sofferenza evidenti, ma la Corte
d’appello non aveva adeguatamente approfondito gli aspetti della prevedibilità ed
evitabilità dell’evento, che era da escludere alla luce delle condizioni esteriori
della

pianta.
4

01;

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi degli imputati sono parzialmente fondati.

2. Il primo motivo del ricorso proposto da Parolini, mediante il quale è stata
prospettata la nullità dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, a causa
della sua notificazione al difensore dell’imputato anziché al domicilio dallo stesso
eletto presso la sua residenza, è inammissibile.

regime intermedio, dunque non rilevabile d’ufficio, giacché tale notificazione,
seppur irritualmente eseguita, non è inidonea a determinare la conoscenza
dell’atto da parte dell’imputato, in considerazione del rapporto fiduciario che lega
quest’ultimo al difensore (Sez. 1, n. 17123 del 07/01/2016, Fenyves, Rv.
266613; Sez. 2, n. 48260 del 23/09/2016, Zinzi, Rv. 268431), non è stata
riproposta in occasione del precedente giudizio di legittimità, e deve, di
conseguenza, ritenersi rinunciata o, comunque, preclusa dalla sua mancata
riproposizione, essendo il giudizio di rinvio limitato ai capi e punti della decisione
indicati nella precedente sentenza di annullamento, tra i quali non è compresa
detta nullità.
Tale eccezione, infatti, non era stata accolta nel primo giudizio di appello,
conclusosi con la assoluzione di entrambi gli imputati perché il fatto loro ascritto
non costituisce reato, sicché sarebbe stato onere dei ricorrenti reiterarla nel
giudizio di legittimità, sia pure instaurato in relazione a pronunzia di assoluzione
e a seguito del ricorso del pubblico ministero e delle parti civili, nel quale,
tuttavia, avrebbe potuto essere configurabile un interesse eventuale degli
imputati all’esame di detta eccezione, per il caso di fondatezza di uno dei ricorsi,
sicché sarebbe stato onere degli imputati ribadire nel giudizio di legittimità
l’esistenza di tale motivo d’appello, da esaminare subordinatamente alla
eventuale fondatezza di uno dei ricorsi interposti avverso la sentenza di
assoluzione impugnata. Non avendo i ricorrenti assolto a tale onere, detta
questione non è stata esaminata nel precedente giudizio di legittimità, sicché
essa risulta ora preclusa, essendo rimasto circoscritto l’oggetto del giudizio di
rinvio a quanto indicato nella precedente sentenza della Quarta Sezione di
questa Corte, che ha annullato con rinvio la precedente sentenza di secondo
grado per l’insufficienza della motivazione in ordine alla evitabilità dell’evento e
alle posizioni di garanzia degli imputati, ed essendo precluso, secondo quanto
stabilito dall’art. 627, comma 4, cod. proc. pen., il rilievo di nullità, anche
assolute, o di inammissibilità, verificatesi nei precedenti giudizi o nel corso delle
indagini preliminari.

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Tale eccezione, attraverso la quale era stata fatta valere una nullità a

3. Il secondo motivo del ricorso proposto da Parolini e il primo motivo del
ricorso proposto da Lagasio, mediante i quali è stata lamentata l’insufficienza
della motivazione riguardo alla esistenza di una posizione di garanzia in relazione
al patrimonio arboreo del Comune di Alassio, di obblighi di controllo e di poteri di
intervento, sono fondati e hanno, di conseguenza, portata assorbente in
relazione al terzo e al quarto motivo del ricorso proposto da Parolini e al secondo
motivo del ricorso proposto da Lagasio.
La Corte d’appello, infatti, benché il Parolini rivestisse l’incarico di specialista

qualsiasi potere di vigilanza e controllo sui giardinieri comunali, il cui
responsabile sarebbe stato il Lagasio, con la conseguente insussistenza della
possibilità di ogni ingerenza nella manutenzione delle piante di alto fusto, e
meno ancora nella organizzazione del sistema dei controlli sulle loro condizioni,
anche al fine di accertare l’eventuale presenza di infezioni e, comunque, la loro
pericolosità per la pubblica incolumità, ha omesso di considerare tale doglianza,
fondata sulle specifiche mansioni attribuite al Parolini nell’ambito della
organizzazione amministrativa del Comune di Alassio.
Analogamente la Corte territoriale non ha adeguatamente considerato i
rilievi formulati al medesimo riguardo da Lagasio, che aveva negato di essere
titolare di una posizione di garanzia in relazione alle condizioni del patrimonio
arboreo del Comune di Alassio, e agli eventuali pericoli che ne fossero conseguiti,
evidenziando la necessità di una gara d’appalto e di una delibera della giunta
comunale per poter disporre l’esecuzione di un nnonitoraggio periodico delle
piante con metodologie specifiche (quale il V.T.A.).
La Corte territoriale, dopo aver ribadito, sulla base di quanto accertato dal
consulente tecnico del pubblico ministero, l’esistenza di evidenze macroscopiche
della infezione da Armillaria Mellea nella pianta che, cadendo al suolo, aveva
provocato la morte di Alessandro Scavetta, infezione che aveva determinato la
devitalizzazione dell’apparato radicale e la destrutturazione del legno su quasi
tutta la circonferenza del fusto, così da determinarne lo schianto, e l’infelice
posizionamento di tale pianta (in una sorta di feritoia tra due edifici, tanto da
venire costretta ad uno sviluppo anomalo, verso la via Aurelia, con la
conseguente inclinazione del tronco, dovuta al maggior peso eccentrico e alla
sollecitazione dei venti provenienti dal mare, incanalati dallo stretto passaggio
tra gli edifici limitrofi), ritenendo quindi sussistenti profili di responsabilità, per la
prevedibilità ed evitabilità dell’evento, ha ritenuto che lo stesso fosse
addebitabile a titolo di colpa agli imputati a causa del fatto che gli stessi
ricoprivano funzioni apicali, senza altro aggiungere, né quanto agli obblighi a
carico di ciascuno degli imputati, né quanto alle doglianze formulate in proposito
con gli atti d’appello.
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amministrativo contabile, e avesse affermato nell’atto d’appello di essere privo di

Queste ultime non sono state in alcun modo considerate e neppure sono
state esaminate le mansioni e le attribuzioni affidate agli imputati, né i compiti
diversi o ulteriori dagli stessi eventualmente svolti in via di fatto, onde pervenire
all’accertamento della sussistenza di obblighi di controllo non adempiuti e di
poteri di controllo colposamente non esercitati, con la conseguenza che
l’affermazione della configurabilità di una responsabilità a carico degli imputati,
esclusivamente in considerazione delle funzioni apicali dagli stessi svolte,
imprecisata e disgiunta da una analisi delle stesse, risulta insufficiente, essendo

decisione, anche alla luce degli articolati e specifici rilievi sollevati sul punto da
entrambi gli imputati.
Ne consegue, in definitiva, la fondatezza delle doglianze sollevate da Parolini
con il secondo motivo e da Lagasio con il primo motivo.

4. La fondatezza di tali motivi impone il rilievo della estinzione per
prescrizione del reato loro ascritto, essendo decorso il relativo termine massimo,
pari a sette anni e mezzo a decorrere dal 22 agosto 2008, il 22 febbraio 2016.
La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata perché il reato è
estinto per prescrizione, con rinvio per la decisione sugli interessi civili al giudice
civile competente per valore in grado di appello.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione e
rinvia per la decisione sugli interessi civili al giudice civile competente per valore
in grado di appello.
Così deciso il 13/6/2017

fondata su una proposizione apodittica, inidonea a dar conto delle ragioni della

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