Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7955 del 10/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 7955 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) ROVALDI CLAUDIO, N. IL 6/8/1941,
avverso la sentenza n. 667/2009 pronunciata dalla Corte di Appello di Ancona
del 28/6/2012;
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Salvatore Dovere;
udite le conclusioni del P.G. Dott. Angelo Di Popolo, che ha concluso per la
declaratoria di inammissibilità del ricorso;
udite le conclusioni del difensore, avv. Fabio Cazzzola, che ha insistito per
l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Rovaldi Claudio veniva giudicato dal Tribunale di Pesaro, sezione
distaccata di Fano, responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore Bacciaglia
Simone, in qualità di datore del lavoro del medesimo e condannato alla pena di
mesi due di reclusione, all’esito della applicazione della diminuente per il rito
abbreviato.
Secondo l’accertamento condotto nel grado di merito, il Bacciaglía stava
lavorando alla macchina spezzatrice Bertuetti quando, accortosi che un pezzo di
pasta non era caduto nel nastro e stava tornando indietro, si era avvicinato con
la mano sinistra per farlo cadere, rimanendo con un dito stretto negli ingranaggi
e così riportando l’amputazione della falange ungueale.

L

Data Udienza: 10/10/2013

2. Avverso tale decisione proponeva appello l’imputato; impugnazione che
la Corte di Appello di Ancona rigettava, confermando integralmente la sentenza
impugnata. Il giudice di seconde cure riteneva accertato che il Bacciaglia si era
infortunato mentre cercava di staccare un pezzo di pasta dall’altro e non mentre
tentava di eliminare delle sbavature; ma che tuttavia l’esatta ricostruzione
dell’operazione condotta dal lavoratore risultava irrilevante da un verso perché la
macchina in questione era priva di protezione degli organi in movimento, che
risultavano quindi accessibili, pericolosi e non protetti, e dall’altro perché il

abnorme, essendosi accertato che non era stato il lavoratore a rimuovere i
dispositivi di sicurezza.

3. Avverso tale decisione ricorre per cassazione il Rovaldi a mezzo del
difensore di fiducia, avv. Fabio Cazzola.

3.1. Con un primo motivo deduce la violazione dell’art. 606 lett. b) cod.
proc. pen. in relazione all’art. 590 cod. pen. La Corte di Appello non ha tenuto
conto della testimonianza di Vagnini Michele, dalla quale emerge che l’operazione
eseguita dal Bacciaglia era del tutto inutile, che questi già in precedenza era
stato rimproverato per aver staccato con le mani delle sbavature, sicchè il
medesimo aveva nell’occasione tenuto un comportamento abnorme.
Con un secondo motivo si lamenta omessa motivazione in relazione ad un
motivo di appello. L’impugnazione aveva evidenziato sulla scorta delle
dichiarazioni del Vagnini qual’era stato l’esatto svolgimento del fatto. La Corte di
Appello non ha tenuto conto di tali dichiarazioni ed ha ricostruito l’accaduto
unicamente sulla base delle dichiarazioni della persona offesa, giungendo a
ritenere che l’operazione condotta dal lavoratore fosse necessaria per far fronte
ad un inconveniente diverso dalle sbavature. Si palesa in ciò, secondo
l’esponente, il censurato vizio motivazionale.
Con un terzo ed un quarto motivo si lamenta la mancata concessione delle
attenuanti generiche, nonostante i diversi elementi valutabili positivamente; sul
punto si ravvisa mancanza di motivazione.
Con un quinto motivo si censura il giudizio espresso dalla Corte di Appello
quanto alla mancata inflizione della sola pena pecuniaria e con un sesto si
lamenta mancanza di motivazione sul punto.
Con un settimo motivo si censura il giudizio espresso dal primo giudice, al
quale si è richiamato la Corte di Appello, in ordine al diniego di conversione della
pena detentiva in pena pecuniaria e con un ottavo si lamenta mancanza di
motivazione sul punto.

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comportamento del Bacciaglia, per quanto imperito, non poteva qualificarsi come

CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso è infondato, nei termini di seguito precisati.
4.1. Quanto al primo e al secondo motivo, considerato il tenore del rilievo
mosso dall’esponente, mette conto rammentare che la giurisprudenza di questa
Corte ha in molteplici occasioni stabilito che, in tema di causalità, la colpa del
lavoratore eventualmente concorrente con la violazione della normativa
antinfortunistica addebitata ai soggetti tenuti ad osservarne le disposizioni non
esime questi ultimi dalle proprie responsabilità, poiché l’esistenza del rapporto di

conseguito può essere esclusa unicamente nei casi in cui sia provato che il
comportamento del lavoratore fu abnorme, e che proprio questa abnormità abbia
dato causa all’evento (ex multis, Sez. 4, n. 23292 del 28/04/2011 – dep.
09/06/2011, Millo e altri, Rv. 250710).
Quanto al significato da attribuire alla locuzione ‘comportamento abnorme’,
la sentenza appena menzionata definisce abnorme il comportamento del
lavoratore che, per la sua stranezza ed imprevedibilità, si ponga al di fuori di
ogni possibilità di controllo da parte dei soggetti preposti all’applicazione della
misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro; e tale non ritiene che sia il
comportamento del lavoratore che abbia compiuto un’operazione comunque
rientrante, oltre che nelle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli.
Altra decisione sostiene che deve definirsi abnorme il comportamento
imprudente del lavoratore che sia consistito in qualcosa di radicalmente,
ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti
scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro (Sez. 4, n. 7267 del 10/11/2009
– dep. 23/02/2010, Iglina e altri, Rv. 246695). Si è anche affermato che deve
trattarsi di un contegno eccezionale od abnorme del lavoratore medesimo,
esorbitante cioè rispetto al procedimento lavorativo ed alle precise direttive
organizzative ricevute e come tale, dunque, del tutto imprevedibile (Sez. 4, n.
15009 del 17/02/2009 – dep. 07/04/2009, Liberali e altro, Rv. 243208). Sulla
imprevedibilità del comportamento del lavoratore pone l’accento anche Sez. 4, n.
25532 del 23/05/2007 – dep. 04/07/2007, Montanino, Rv. 236991.
Come evidenziano anche solo le poche massime appena riportate,
esemplificative di un orientamento ben più che consolidato, l’abnormità del
comportamento si predica in presenza dell’imprevedibilità della condotta tenuta
dal lavoratore; imprevedibilità che non può mai ritenersi – e non è mai ritenuta quando la condotta del lavoratore è tenuta nell’espletamento, sia pure imperito,
imprudente o negligente, delle mansioni assegnategli. E ciò perché la
prevedibilità di uno scostamento del lavoratore dagli standards

di piena

prudenza, diligenza e perizia è ordinariamente presente, perché quello

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causalità tra la violazione e l’evento-morte o lesioni del lavoratore che ne sia

scostamento è evenienza immanente nella stessa organizzazione del lavoro. Ciò
non può significare l’avallo di un qualche automatismo, che porti a svuotare di
reale incidenza la categoria del ‘comportamento abnorme’. Piuttosto, simili
precisazioni conducono ad evidenziare la necessità che vengano portate alla luce
quelle circostanze peculiari – interne o esterne al processo di lavoro – che
connotano la condotta dell’infortunato in modo che, per dirla con una più recente
ricostruzione, “essa si collochi in qualche guisa al di fuori dell’area di rischio
definita dalla lavorazione in corso. Tale comportamento è ‘interruttivo’ (per

rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare” (Sez. 4, n.
49821 del 23/11/2012 – dep. 21/12/2012, Lovison e altri, Rv. 254094).
Tanto premesso, risulta palese che il dato che il ricorrente avrebbe voluto
veder diversamente considerato dai giudici di merito è in realtà irrilevante, posto
che per quanto ‘inutile’ il gesto del Bacciaglia risulta certamente compiuto nello
svolgimento dei compiti assegnatigli e per una valutazione del lavoratore che,
ove pure errata – come assume il ricorrente – , in ogni caso attiene alle migliori
modalità di assolvimento del compito.
Correttamente quindi la Corte di Appello ha ritenuto privo di effettivo rilievo
accertare che l’incidente si fosse verificato nel separare un pezzo di pasta
dall’altro o nell’eliminare delle sbavature ed ha escluso che il comportamento del
Bacciaglia fosse in grado di elidere il nesso eziologico tra l’accertata violazione
prevenzionistica del datore di lavoro e l’infortunio verificatosi.
4.2. Quanto ai motivi concernenti la mancata concessione delle attenuanti
generiche ed il trattamento sanzionatorio, va rammentato che nel motivare il
diniego della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il
giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti
dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a
quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti
gli altri da tale valutazione (Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010 – dep. 23/09/2010,
Giovane e altri, Rv. 248244). Nel caso che occupa la Corte di Appello si è
richiamata – anche per il diniego dell’istanza di sostituzione della pena detentiva
– agli argomenti del primo giudice, aggiungendo in guisa di ulteriore fondazione
del giudizio il richiamo alla “noncuranza manifestata dal datore di lavoro e la
conseguente gravità del fatto .. e la personalità dell’imputato in relazione ai
precedenti penali”.
Per ciò che concerne poi la pretesa eccessività della pena inflitta, il giudice di
seconde cure ha rimarcato come la stessa fosse stata determinata nella misura
minima. Risulta quindi adempiuto l’obbligo motivazionale; né la motivazione resa
contraddice i referenti giuridici o logici.

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restare al lessico tradizionale) non perché ‘eccezionale’ ma perché eccentrico

5. Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10.10.2013.

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