Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7953 del 10/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 7953 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: FOTI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ACQUAVIVA FRANCESCO N. IL 05/05/1981
CAFIERI VINCENZO N. IL 28/08/1984
CAMPANILE NICOLA N. IL 08/06/1987
CATINO FRANCESCO N. IL 26/05/1986
FORTUNATO MASSIMILIANO N. IL 13/08/1981
GAGLIANO DAVIDE N. IL 27/07/1980
SALICE SALVATORE N. IL 19/10/1978
avverso l’ordinanza n. 779/2008 CORTE APPELLO di BARI, del
03/04/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIACOMO FOTI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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che ha concluso per

e

Udito, per la parte vile, l’Avv

11164-4-

Data Udienza: 10/10/2013

pt, .i.4 ‘,«/,,,Ì. Pf.e49

Udit i difensor Avv.

2

-1- Con sentenza del Gup del Tribunale di Trani del 2 ottobre 2007, Acquaviva Francesco,
Cafieri Vincenzo, Campanile Nicola, Catino Francesco, Fortunato Massimiliano, Gagliano
Davide e Salice Salvatore sono stati ritenuti colpevoli del reato di cui all’art. 73 co. 1 del
d.p.r. n. 309/90, per avere in numerose occasioni detenuto a fini di spaccio e ceduto a più
persone sostanze stupefacenti di vario tipo (cocaina, hashish e marijuana), nonché, il
Campanile, anche del reato di cui all’art. 337 cod. pen., per avere opposto resistenza ad
agenti del Commissariato di polizia di Andria.
All’affermazione di responsabilità è seguita la condanna degli imputati a pene diverse,
previo riconoscimento, per tutti, delle circostanze attenuanti generiche, ritenute prevalenti
quanto al Campanile, equivalenti per tutti gli altri, alla recidiva rispettivamente contestata,
ed esclusa l’aggravante ex art. 80 co. 2 del predetto d.p.r., originariamente ipotizzata.
-2- Impugnata detta sentenza da tutti gli imputati, la Corte d’Appello di Bari, con sentenza
del 3 aprile 2012, preso atto della rinuncia degli appellanti ai motivi d’impugnazione diversi
da quelli concernenti l’entità della pena – in particolare, a quelli concernenti la declaratoria
di prevalenza delle attenuanti generiche, l’esclusione della recidiva ed il riconoscimento
delle attenuanti di cui agli artt. 73 co. 5 del richiamato d.p.r. e 114 cod. pen. – in parziale
riforma della sentenza impugnata, ha ridotto in varia misura, tranne che nei confronti di
Salice Salvatore, le pene inflitte dai primi giudici, attraverso il mero contenimento della
pena base nei minimi edittali, ed ha respinto tutte le altre richieste.
-3- Avverso detta decisione ricorrono gli imputati.
Tutti i ricorrenti denunciano il vizio di motivazione della sentenza impugnata in punto di
mancato riconoscimento dell’ipotesi attenuata prevista dal comma 5 0 dell’art. 73 ed inoltre,
trarme Cafieri Vincenzo, la mancata declaratoria di prevalenza delle attenuanti generiche
sulla recidiva rispettivamente contestata e la mancata esclusione della stessa. Catino,
Gagliano, Salice, Campanile e Acquaviva censurano anche la mancata esclusione della
recidiva. Mentre Fortunato Massimiliano denuncia, inoltre, la violazione di legge, in
relazione all’art. 189 cod. proc. pen., nonché il diniego dell’attenuante ex art. 114 cod. pen.
Considerato in diritto.
Tutti i ricorsi sono manifestamente infondati.
-1- In tema di vizio motivazionale, questa Corte ha costantemente affermato che il vizio
della mancanza o manifesta illogicità della motivazione, valutabile nella sede di legittimità,
sussiste allorché il provvedimento giurisdizionale manchi del tutto della parte motiva ovvero
la medesima, pur esistendo graficamente, sia tale da non evidenziare 1′ iter argomentativo
seguito dal giudice per pervenire alla decisione adottata. E’ stato, altresì, affermato che il
vizio è presente nell’ipotesi in cui dal testo della motivazione emergano illogicità o
contraddizioni di tale evidenza da rivelare una totale estraneità tra le argomentazioni adottate
e la soluzione decisionale prescelta.
Orbene, nel caso di specie, le censure mosse dagli odierni ricorrenti, che essenzialmente
ripropongono questioni già poste all’attenzione dei giudici del merito, che le ha attentamente
esaminate e respinte, si rivelano del tutto infondate, inesistenti essendo, in realtà, i pretesi
vizi motivazionali della sentenza impugnata che, viceversa, pur nella sua sinteticità, presenta
una struttura argomentativa adeguata e coerente sotto il profilo logico.
Riprendendo le linee argomentative tracciate dal primo giudice a sostegno della propria
decisione, alle quali hanno costantemente fatto riferimento, i giudici del gravame hanno

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Ritenuto in fatto.

-2- Manifestamente infondate si presentano, altresì, le censure concernenti il mancato
riconoscimento dell’ipotesi attenuata prevista dal comma 5 dell’art. 73 sopra richiamato.
In proposito, il giudice del gravame ha rilevato che i ricorrenti costituivano un gruppo di
spacciatori sistematicamente dediti allo spaccio di sostanze stupefacenti, che tale attività
illecita essi esercitavano in maniera professionale e che da essa ricavavano introiti non
indifferenti, come accertato attraverso le video riprese che hanno registrato frequenti
passaggi di denaro dall’uno all’altro componente il gruppo di spacciatori.
In particolare, sono stati segnalati:
-il concorso di più persone nell’attività di spaccio,
-la diversa qualità della droga trafficata (cocaina e marijuana),
-la sistematicità delle condotte, molte delle quali direttamente osservate dagli inquirenti,
ritenuta indicativa di una non trascurabile potenzialità diffusiva dell’attività di spaccio, oltre
che di costanti rapporti con i circuiti delinquenziali dediti all’illecito traffico,
-le modalità delle stesse, caratterizzate da una certa suddivisione dei compiti, dall’attenta
preparazione delle attività di spaccio e dalla predisposizione di nascondigli in luoghi non
direttamente riconducibili agli imputati.

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esaminato ogni questione sottoposta al loro giudizio e, dopo avere ricostruito i fatti, hanno
adeguatamente motivato le ragioni del proprio dissenso rispetto alle argomentazioni ed
osservazioni difensive.
Essi hanno dunque ribadito che gli elementi probatori acquisiti non consentivano di
accogliere le richieste difensive concernenti il riconoscimento delle attenuanti invocate ed
un diverso e più favorevole giudizio di comparazione delle riconosciute attenuanti
generiche, ritenute per tutti, come già ricordato, equivalenti alla recidiva, tranne che per il
Campanile, nei cui confronti ne è stata ritenuta la prevalenza.
In particolare, quanto all’Acquaviva, al Catino ed al Gagliano, la corte territoriale ha
motivatamente ritenuto che le molteplici condanne dagli stessi subite – anche per delitti di
spaccio di stupefacenti, legittimamente ritenute indicative dell’inclinazione degli imputati a
commettere tale tipologia di reati e di un sistema di vita diretto a trarre i mezzi di sussistenza
da tale illecito commercio – ed inoltre, le modalità di esecuzione dell’attività di spaccio – che
denunciavano chiaramente l’accurata preparazione e la sistematicità, e dunque la
pericolosità, delle condotte contestate – non consentivano la formulazione di un più
favorevole giudizio di comparazione tra le circostanze considerate, né l’esclusione della
recidiva.
Circostanze, viceversa, non rinvenute con riguardo al Campanile, nei cui confronti già il
primo giudice aveva dichiarato la prevalenza delle predette attenuanti, mentre il giudice del
gravame ha escluso la recidiva per la natura contravvenzionale del precedente registrato a
carico dello stesso. Di guisa che le censure in proposito articolate da detto ricorrente si
presentano manifestamente infondate.
Analoghe considerazioni ha svolto la corte territoriale nei confronti del Salice, i cui
molteplici procedimenti penali sono stati legittimamente ritenuti ostativi alle invocate
declaratorie di prevalenza e di esclusione della recidiva, avendo la medesima corte
legittimamente ritenuto non significativa, nel senso inteso dal ricorrente, l’unicità dello
specifico precedente registrato, in considerazione delle modalità dei fatti, ritenute indicative
di un’accurata preparazione della condotta contestata, contrastante con la tesi della
occasionalità della stessa.
Considerazioni ugualmente svolte nei confronti del Fortunato, pure raggiunto da molteplici
e specifiche condanne, giustamente ritenute indicative della sistematicità delle condotte
delittuose contestate e dunque della pericolosità del soggetto, tale da non consentire più
favorevoli giudizi comparativi o l’esclusione della recidiva contestata.

-3- Fortunato Massimiliano denuncia, ancora: a) l’inutilizzabilità delle riprese
videoregistrate, dalla cui visione i giudici del merito avrebbero tratto la prova della
responsabilità dell’imputato, avendone i giudici disposto l’acquisizione senza avere eseguito
alcun esame di ammissibilità e senza avere previamente interpellato le parti; b) il mancato
riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 114 cod. pen.
Orbene, quanto alla prima delle richiamate censure, osserva la Corte che nessun esame di
ammissibilità i giudici del merito avrebbero dovuto eseguire e nessun “interpello” avrebbe
dovuto essere rivolto alle parti, posto che i mezzi di prova contestati facevano parte del
fascicolo del PM, legittimamente acquisito dallo stesso giudice, avendo tutti gli imputati,
compreso il Fortunato, optato per il giudizio abbreviato. Non aveva ragione alcuna, quindi, il
giudice, di disporre la specifica formale acquisizione delle riprese audiovisive, inserite nel
fascicolo del PM, integralmente doverosamente acquisito, né di “sentire le parti”, nella
specie gli imputati, che, avendo scelto il giudizio abbreviato, e dunque di essere giudicati
allo stato degli atti, avevano implicitamente richiesto l’integrale acquisizione del fascicolo
del PM.
Quanto all’attenuante prevista dall’art. 114 cod. pen., il giudice del gravame ha
motivatamente ritenuto che la stessa non potesse riconoscersi all’odierno ricorrente, posto
che la condotta allo stesso contestata non poteva essere considerata marginale, e quindi, nel
complessivo contesto delittuoso disvelato dall’attività investigativa, di minima importanza,
in considerazione della sua costante presenza sui luoghi dove avveniva l’attività di spaccio e
del ruolo attivo dallo stesso svolto in quanto incaricato di ritirare il denaro provento
dell’illecita attività, come attestato dalle numerose e significative video riprese. Giudizio del
tutto condivisibile, oltre che coerentemente motivato, al quale il ricorrente ha opposto solo
generiche censure.
-4- Alla manifesta infondatezza dei ricorsi consegue la declaratoria d’inammissibilità degli
stessi, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché al
versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo
determinare in euro 1.000,00 ciascuno.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno a quello della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2013.

Circostanze che sono state giustamente ritenute manifestazioni di una condotta delittuosa
non riconducibile nell’alveo della minima offensività, nei termini intesi dalla norma
richiamata.

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