Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7950 del 08/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 7950 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: FOTI GIACOMO

Data Udienza: 08/10/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PIRANEO CLAUDIO N. IL 17/10/1969
avverso la sentenza n. 60/2012 CORTE APPELLO di PALERMO, del
19/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 08/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIACOMO FOTI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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che ha concluso per

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-1- Con sentenza del 5 maggio 2011, il Tribunale di Agrigento ha dichiarato Piraneo
Claudio colpevole del delitto di omicidio colposo commesso, con violazione delle norme
sulla disciplina della circolazione stradale, in pregiudizio di Vella Antonino e lo ha
condannato, riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza
rispetto all’aggravante contestata, alla pena, sospesa alle condizioni di legge, di sei mesi di
reclusione. L’imputato è stato altresì condannato al risarcimento del danno, da liquidarsi in
separato giudizio, in favore delle parti civili costituite, a ciascuna delle quali ha assegnato
una provvisionale di 12.000,00 euro.
Secondo l’accusa, condivisa dal giudice del merito, il Piraneo, alla guida di un mezzo
antincendio dell’Azienda Foreste Demaniali della Regione Sicilia, impegnato nelle operazioni
di spegnimento di un incendio sviluppatosi sul margine della statale 118, in violazione del
disposto di cui all’art. 162 del codice della strada ed all’art. 357 del relativo regolamento di
attuazione, aveva omesso di segnalare la presenza dell’automezzo fermo sul ciglio della strada.
Segnalazione necessaria perché il denso fumo, che si era sprigionato dal materiale incendiato,
impediva un’adeguata e tempestiva visibilità dell’ostacolo per chi si fosse trovato a transitare.
A causa dell’omessa segnalazione, l’autovettura del Vella era andata ad impattare contro il
mezzo antincendio; il violento urto aveva provocato alla vittima un trauma cranico con
emorragia encefalica che ne aveva determinato la morte.
Il tribunale ha tuttavia dato atto della concorrente condotta colposa della vittima che,
malgrado la presenza del fumo e la scarsa visibilità, non aveva moderato la velocità della
propria auto.
-2- Impugnata detta decisione dall’imputato e dalle parti civili, la Corte d’Appello di Palermo,
con sentenza del 19 novembre 2012, richiamati gli elementi probatori acquisiti, costituiti da
numerose testimonianze di persone residenti nei pressi del luogo dello scontro e dai risultati
delle consulenze tecniche in atti, ha ribadito la penale responsabilità del Piraneo.
-3- Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione l’imputato, che deduce:
a) Violazione di norme processuali, laddove il giudice del gravame ha affermato,
apoditticamente, che la visibilità era impedita dalla presenza di fumo nero sulla carreggiata;
vizio di motivazione, sul punto, della sentenza impugnata. Sostiene il ricorrente che a tale
conclusione la corte territoriale sarebbe pervenuta per avere immotivatamente ritenuto
inattendibili le dichiarazioni rese dai testi Casà, compagno di lavoro dell’imputato, presente sul
posto al momento dell’incidente, e Ricottone, vigile urbano poco dopo intervenuto, secondo i
quali la visibilità non era impedita dalla presenza del fumo sviluppatosi a seguito dell’incendio
e dell’intervento di spegnimento. La stessa corte avrebbe attribuito credibilità alle
testimonianze di altre persone che non avevano assistito all’incidente;
b) Violazione di leggi penali e vizio di motivazione, non avendo il giudice del gravame
considerato “la ricorrenza di tutti i presupposti richiesti per la configurabilità della
responsabilità penale dell’imputato a titolo di omicidio colposo”; lo stesso giudice non avrebbe
preso in considerazione la condotta della vittima che, in presenza del fumo, avrebbe dovuto
regolare la velocità ed arrestare la marcia del proprio veicolo.
Considerato in diritto.
-1- I motivi di ricorso proposti, che concernono il tema della responsabilità e che possono
quindi essere congiuntamente esaminati, sono infondati, ai limiti dell’inammissibilità.

Ritenuto in fatto.

-2- Il ricorso deve essere, in conclusione, rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento
delle spese processuali nonché alla rifusione, in favore delle parti civili costituite, delle spese
del presente giudizio che si liquidano in complessivi euro 3.500,00, oltre accessori come per
legge.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla
rifusione delle spese sostenute dalla parte civile e liquidate in favore di Vella Francesca,
Vella Salvatore e D’Anna Luigia, in totali euro 3.500,00, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, l’ 8 ottobre 2013.

Il ricorrente, invero, tende essenzialmente a svolgere considerazioni in fatto ed a riproporre
questioni già sottoposte al vaglio del giudice del gravame, che le ha attentamente esaminate e
legittimamente ritenute infondate.
In realtà, giustamente la corte territoriale ha ribadito che dell’incidente che ha provocato la
morte di Vella Antonino doveva essere ritenuto responsabile l’imputato, per avere lo stesso
omesso di segnalare la presenza del mezzo antincendio fermo sulla carreggiata stradale, benché
sulla zona gravasse un denso fumo sprigionatosi dal materiale incendiato.
A tale conclusione, i giudici del merito sono giunti sulla scorta delle dichiarazioni rese da
numerosi testi, taluni dei quali residenti nei pressi del luogo dell’incidente, che hanno attestato
la presenza sul posto di una densa nuvola di fumo che aveva fortemente ridotto la visibilità;
dichiarazioni ritenute confermate dalla documentazione fotografica e della consulenza tecnica
in atti.
Non ha omesso, peraltro, il giudice del gravame di esaminare le testimonianze rese da Casà
Stefano, compagno di lavoro dell’imputato, e dal Ricottone, vigile urbano intervenuto sul luogo
del sinistro, motivatamente ritenute, la prima, non attendibile per condivisibili ragioni (errato
riferimento del teste a fiamme sviluppatesi per la presenza di sterpaglie, laddove era stato
accertato che esse avevano interessato una discarica abusiva, rapporto di amicizia con
l’imputato) alle quali il ricorrente nulla ha contrapposto; la seconda, non significativa, atteso
che il teste era giunto sul posto solo dopo l’incidente e dopo l’arrivo dell’ambulanza, cioè
quando il fumo aveva già preso a diradarsi. Dichiarazioni, dunque, giustamente ritenute non
incidenti in tesi difensiva a fronte delle testimonianze rese da persone certamente disinteressate
e presenti sul posto perché colà residenti avvero trovatisi a transitarvi poco dopo l’auto dell
vittima.
I giudici del merito hanno poi chiaramente individuato la regola cautelare ritenuta violata
dall’imputato, precisamente descritta, oltre che nel capo d’imputazione, nelle motivazioni rese
da ambedue i giudici del merito, attraverso l’indicazione delle norme di legge violate (artt. 162
del codice della strada e 357 del relativo regolamento di esecuzione, espressamente richiamati
dal primo giudice ed anche dal giudice del gravame, che ha ricordato “l’obbligo di collocazione
del triangolo costituente segnale di pericolo, invece omesso” dall’imputato). Analoghe
considerazioni valgono con riguardo al nesso di causa, chiaramente individuato dai giudici del
merito, in particolare dal primo giudice, che non hanno neanche omesso di valutare
(diversamente da quanto si sostiene nel ricorso) la condotta della vittima, ritenuta non esente da
colpa per la sua imprudente condotta di guida.

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