Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7945 del 11/02/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 7945 Anno 2013
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
VALENTE Patrizia, nata a Torino il 20 febbraio 1967,

avverso il decreto del Presidente del Tribunale di sorveglianza di Torino in data
27/04/2012.
Visti gli atti, il decreto impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Antonella Patrizia Mazzei;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore
generale, Giovanni D’Angelo, il quale ha chiesto l’annullamento senza rinvio del

decreto impugnato e la trasmissione degli atti per nuovo esame al Tribunale di
sorveglianza di Torino.
RITENUTO IN FATTO

1. Il Presidente del Tribunale di sorveglianza di Torino, con decreto del 27
aprile 2012, ha dichiarato inammissibile l’istanza di affidamento in prova al
servizio sociale proposta da Valente Patrizia con la motivazione che alla stessa
solo due mesi prima, il 14 febbraio 2012, era stato concesso il beneficio della
detenzione domiciliare ritenuto più adeguato sulla base delle risultanze in atti.

Data Udienza: 11/02/2013

2. Ricorre per cassazione la Valente tramite il suo difensore il quale
denuncia che il Presidente avrebbe errato nel richiamare la precedente
ammissione alla detenzione domiciliare perché pertinente ad altra condanna
(sentenza del 15/12/2008 definitiva il 22/11/2010), diversa da quella (sentenza
del 12/05/2010 irrevocabile il 14/12/2011) in relazione alla quale era stato

3. Il Procuratore generale presso questa Corte, nella requisitoria depositata
il 7 novembre 2012, ha chiesto raccoglimento del ricorso, poiché la diversità del
titolo da eseguire, non rilevata dal decidente, imponeva una decisione nel merito
dell’istanza di misura alternativa alla detenzione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.
Il Presidente del Tribunale di sorveglianza, dopo aver correttamente
richiamato nell’epigrafe del decreto impugnato la sentenza di condanna emessa
dal Tribunale di Torino il 12 maggio 2010 e divenuta irrevocabile il 14 dicembre
2011, ha dichiarato l’inammissibilità della domanda di affidamento in prova al
servizio sociale proposta dalla condannata, Valente Patrizia, con riguardo al
medesimo titolo, poiché solo due mesi prima, il 14 febbraio 2012, era stato
concesso alla stessa Valente il diverso beneficio della detenzione domiciliare
ritenuto più adeguato alle risultanze istruttorie.
La circostanza documentata dalla ricorrente circa l’attinenza della
precedente misura ad altra sentenza di condanna, emessa dal Tribunale di Torino
il 15 dicembre 2008, irrevocabile dal 22 novembre 2010, non inficia il decreto
Impugnato che risulta correttamente emesso, a norma dell’art. 666, comma 2,
cod. proc. pen., in relazione all’art. 678 dello stesso codice, secondo i richiami
normativi contenuti nel medesimo provvedimento.

Costituisce, infatti, mera riproposizione di una richiesta già rigettata, che
legittima il decreto presidenziale di inammissibilità ai sensi dell’art. 666, comma
2, cod. proc. pan., la domanda di ammissione ad un determinato beneficio
penitenziario, proposta dal condannato con riguardo a titolo di privazione della
libertà che sia sopravvenuto durante l’attuazione di diversa misura alternativa
alla detenzione, relativa ad altro titolo, cui lo stesso condannato sia stato
ammesso con precedente decisione del Tribunale di sorveglianza che,
contestualmente, abbia respinto il medesimo beneficio nuovamente richiesto.
2

richiesto il beneficio dell’affidamento in prova al servizio sociale.

In tali casi, al fine di consentire, da un lato, la prosecuzione della misura già
concessa, ove ne permangano i presupposti, evitando l’interruzione del percorso
rieducativo secondo le modalità già ritenute più appropriate alla specifica
situazione del condannato, e, dall’altro lato, di prevenire possibili incompatibilità
nell’esecuzione alternativa di pene recate da più titoli, il legislatore ha previsto,
nell’art. 51 bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, con successive modifiche, di
corso di attuazione, onerando il direttore dell’istituto penitenziario o il direttore
del centro di servizio sociale, secondo il tipo di misura applicata, di informare
immediatamente il magistrato di sorveglianza della sopravvenienza del nuovo
titolo di privazione della libertà, con l’obbligo dello stesso magistrato, tenuto
conto del cumulo delle pene e verificata la permanenza delle condizioni che
legittimano il beneficio già concesso, di disporre con decreto la prosecuzione
provvisoria della misura in corso o, in caso contrario, la sospensione di essa, e di
trasmettere quindi gli atti al tribunale di sorveglianza tenuto a decidere, nel
termine di venti giorni, la prosecuzione o la cessazione della medesima misura.
2. Ne discende, nel caso in esame, la legittimità della decisione presidenziale
di inammissibilità della domanda di affidamento in prova al servizio sociale con
riguardo a titolo di condanna sopravvenuto, motivata col richiamo di precedente
ordinanza del Tribunale di sorveglianza di ammissione dell’istante, per altra
condanna, al diverso beneficio della detenzione domiciliare in corso di
attuazione, poiché tale situazione impone l’applicazione del menzionato art. 51
bis Ord. Pen. e non giustifica, di per sé sola, la riproposizione della richiesta, già
respinta, della misura più ampia, secondo l’erronea denuncia della ricorrente.
Il ricorso deve essere, pertanto, respinto con condanna della Valente, ai
sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese
processual i.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, in Roma, il 11 febbraio 2013.

ordinamento penitenziario (Ord. Pen.), la prosecuzione d’ufficio della misura in

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