Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7912 del 25/01/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 7912 Anno 2016
Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Relatore: PEZZELLA VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
NASCE’ JAN MARCO N. IL 18/05/1969
avverso la sentenza n. 3893/2014 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 13/01/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 25/01/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. VINCENZO PEZZELLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. bee9cLo 1 syva2i,
che ha concluso per .r,,,,,..,n,L4,-.h.:,..,ede c>22s2_)2~ .

o, per la parte civile, l’Avv
Udiddifensor Avv. bre-e.QQ4pa S9

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Data Udienza: 25/01/2016

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Bologna, pronunciando nei confronti dell’odierno ricorrente NASCE’ JAN MARCO, con sentenza del 13.1.2015, confermava la sentenza del Tribunale di Ravenna, emessa in data 14.11.2013, con condanna al
pagamento delle ulteriori spese del grado.
Il Tribunale di Ravenna aveva dichiarato Nascè Jan Marco responsabile dei
seguenti reati:
a) del reato previsto e punito dall’art. dall’art. 186, comma 2, lett. c), d.lgs.

colica alla guida dell’autocarro DAF, targato BY584FD, con un tasso alcolemico
superiore a 1,5 grammi per litro e comunque certamente superiore a 0,8 grammi
per litro ovvero al limite stabilito per legge. Stato di ebbrezza risultante dalle
condizioni fisiche del medesimo “ALITO FORTEMENTE VINOSO, LINGUAGGIO
SCONNESSO, OCCHI LUCIDI, DIFFICOLTA’ DI COORDINAMENTO DEI MOVIMENTI, STATO CONFUSIONALE, EQUILIBRIO PRECARIO, ANDATURA BARCOLLANTE”
riscontrate dagli operanti di P.G. intervenuti e dalle complessive circostanze
dell’azione;
b) del reato previsto e punito dagli art. 186, comma 2° e 7°, d.lgs. 285/92
e successive modifiche perché, colto alla guida dell’autocarro DAF, targato
BY584FD, nelle condizioni fisiche descritte al capo che precede, legittimamente
richiesto dagli operanti di P.G., rifiutava di sottoporsi all’accertamento alcoolemico mediante etilometro;
Fatti commessi a Ravenna in data 11 giugno 2011
L’imputato veniva condannato alla pena di anni 1 e mesi 4 di arresto ed €
8.000,00 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali, con sospensione della patente di guida per il periodo di anni 2 e mesi 6.

2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo
del proprio difensore di fiducia, Nascè Jan Marco, deducendo, i motivi di seguito
enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto
dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.:
a. Mancata assunzione di prova decisiva, nullità ex art. 606, lett. d) cod.

proc. pen.
Il ricorrente riporta integralmente i motivi di appello, nei quali evidenziava
l’insanabile contrasto tra le dichiarazioni rese dal teste della Polizia Stradale e le
produzioni difensive rappresentate da certificazioni mediche e copia del disco
cronotachigrafo.
Dalle produzioni difensive sarebbe emersa la falsità di quanto asserito dalla
Polizia Stradale, per il cui accertamento, pochi giorni dopo la redazione del ver-

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285/92 e successive modifiche (CDS) perché veniva colto in stato di ebbrezza al-

baie di contestazione, veniva presentato un esposto alla Procura della Repubblica
di Ravenna nei confronti degli agenti della Polizia Stradale.
L’imputato formulava richiesta di rinnovazione dibattimentale volta
all’acquisizione dell’originale del disco cronotachigrafo e all’espletamento di perizia per accertare eventuali alterazioni sullo stesso o sulla copia portata in giudizio.
Dall’esame del disco cronotachigrafo, sarebbe stato possibile, rilevare la verità sugli accadimenti e gli spostamenti effettivi dell’automezzo che rimasto fer-

smentendo quanto riportato nel verbale redatto dalla Polizia Stradale e confermato durante il processo.
Nel corso del giudizio di merito sarebbe emersa la totale assenza di prove
certe ed incontrovertibili sullo stato di alterazione psicofisica dell’imputato, che,
unitamente al compendio probatorio difensivo attestante l’esistenza di malformazioni fisiche tali da indurre in errore gli agenti operanti, sullo stato di presunta
alterazione psicofisica, avrebbe dovuto condurre all’assoluzione dell’imputato ex
art. 530 2° comma cod. proc. pen.
I giudici di merito avrebbero ritenuto di non attribuire valenza agli elementi
di prova offerti dalla difesa senza offrire adeguata motivazione, ma limitandosi a
ritenere, infondatamente, l’avvenuta falsificazione della copia del disco cronotachigrafo, dalla cui lettura emergerebbe, invece, la non veridicità della relazioni di
P.G. che risulterebbero smentite unitamente alla deposizione del teste resa in dibattimento.
I giudici di merito avrebbero affermato la falsità del documento prodotto, in
maniera del tutto arbitraria senza alcun fondamento, unicamente sulla base delle
deposizioni testimoniali, che sarebbero risultate certamente false ove si fosse accertata la veridicità delle risultanze del disco.
La sentenza impugnata, con motivazione meramente apparente ed in violazione di legge, avrebbe negato l’acquisizione dell’originale del disco e
l’effettuazione della necessaria perizia, per accertare la verità e giungere
all’emissione di un giudizio non fondato su mere supposizioni.
La sentenza di appello avrebbe fondato il proprio convincimento unicamente
sulle dichiarazioni rese dall’agente che aveva eseguito gli accertamenti omettendo di compiere un accertamento della verità che poteva avvenire soltanto con
l’acquisizione dell’originale del disco cronotachigrafo.
L’esame del disco rappresenterebbe un dato oggettivo di grande rilevanza in
quanto su tale supporto avviene la registrazione di ogni movimento
dell’automezzo.

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mo, avrebbe compiuto, alle ore 2,00, un percorso brevissimo e a velocità ridotta,

In ogni caso tale disco non potrebbe mai venire falsificato o alterato, pertanto, solo dall’originale sarebbe stato possibile accertare se effettivamente fossero
state apportate delle falsificazioni sulla copia.
I fatti sarebbero stati ribaditi e provati, nella loro reale consistenza anche in
sede di interrogatorio.
I giudici di merito avrebbero ritenuto l’evidente falsificazione del disco senza
predisporre la necessaria perizia di accertamento.
Tale assunto sarebbe del tutto disancorato da elementi di valutazione tecni-

La ritenuta falsità risulterebbe del tutto incomprensibile in assenza di un accertamento tecnico volto a verificarla.
La sentenza impugnata avrebbe poi, in maniera illogica e acritica, ritenuto
inutili le ulteriori prove attestanti la zoppia dell’imputato, da cui emergerebbe
che gli elementi ritenuti sintomatici di un’assunzione alcolica, sarebbero stati in
realtà derivanti da problematiche fisiche incidenti sulla deambulazione.
La documentazione medica esibita avrebbe dimostrato che l’andatura barcollante sarebbe derivata da irrimediabili problemi fisici dell’imputato.
Tutti gli elementi forniti dalla difesa avrebbero offerto una ricostruzione alternativa della vicenda.
La sentenza, pertanto, sarebbe irrimediabilmente nulla per mancata assunzione di prova decisiva; tale omissione sarebbe stata motivata apparentemente e
illogicamente, in evidente violazione delle norme sull’acquisizione e valutazione
della prova ex art. 195 e ss. cod. proc. pen.
b. Mancanza e manifesta illogicità della motivazione, nullità ex art. 606, lett.
e) cod. proc. pen.; inosservanza ed erronea applicazione delle legge penale,
nullità ex art. 606, lett. b) cod. proc. pen.
La motivazione della sentenza impugnata sarebbe affetta da gravi errori e
carenze metodologiche, violando l’obbligo di esaminare tutte le risultanze processuali.
Le argomentazioni svolte non motiverebbero sul contrasto insanabile esistente tra le dichiarazioni rese in sede dibattimentale dal teste della Polizia Stradale e le risultanze emergenti dalla copia del disco cronotachigrafo.
La pronuncia sarebbe caratterizzata da interpretazioni personali contrastanti
con le risultanze processuali.
La corte di appello, avrebbe dovuto dimostrare la correttezza e logicità delle
argomentazioni della sentenza di primo grado confermata spiegando i motivi delle scelte operate e della prevalenza accordata a elementi di prova diversi o diversamente valutati, alla luce di nuovi elementi probatori.

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ca.

Tale vaglio critico sarebbe completamente assente. La corte di appello
avrebbe ribaltato il meccanismo logico, facendo seguire le conclusioni alla premessa, tentando di ricercare i motivi sui quali fondare la condanna.
La responsabilità dell’imputato sarebbe stata affermata su di una serie di
ipotesi, prescindendo dall’accertamento peritale sull’alterazione del cronotachig rafo .
Sarebbe stata riconosciuta l’evidente falsificazione del disco senza disporre
la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale per effettuare una perizia per

La sentenza affermerebbe l’irrilevanza del mezzo istruttorio in quanto la penale responsabilità risulterebbe ugualmente provata. Tale affermazione apodittica e sbrigativa non assolverebbe l’obbligo di motivazione.
Il ricorrente ritiene del tutto oscuro il percorso logico argomentativo che
avrebbe condotto all’affermazione della penale responsabilità.
La motivazione sarebbe fondata su mere congetture piuttosto che sulla considerazione delle risultanze processuali, con conseguente valorizzazione di impressioni personali o immaginazioni del decidente.

c. Manifesta illogicità della sentenza impugnata ex art. 606, lett. e) cod.
proc. pen.; inosservanza ed erronea applicazione delle legge penale ex art. 606,
lett. b) cod. proc. pen.
Il ricorrente lamenta il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.
Il diniego sarebbe fondato sui precedenti dell’imputato e sul comportamento
processuale.
In entrambi i casi il ragionamento seguito sarebbe carente e degno di censura.
Il sommario riferimento ai precedenti non soddisferebbe l’esigenza motivazionale. Sarebbe stata necessaria l’indicazione specifica degli elementi di valutazione in modo da consentire il controllo di legittimità del corretto esercizio del
potere discrezionale, quantomeno menzionando le circostanze idonee a legittimare o meno la concessione del beneficio.
I precedenti dell’imputati, in realtà non sarebbero ostativi alla concessione
delle attenuanti generiche, pertanto il giudice avrebbe dovuto spiegare le ragioni
dell’esercizio del proprio potere discrezionale.
Per quanto riguarda la valutazione del comportamento processuale
dell’imputato sarebbe incomprensibile il motivo per cui l’essersi difeso, sostenendo la propria versione dei fatti, rappresenterebbe un elemento negativo ai fini
della valutazione della personalità dell’imputato.
Sul punto vi sarebbe un’evidente contraddizione ed insufficienza di motivazione.

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escludere la contraffazione.

d. Manifesta illogicità della sentenza impugnata ex art. 606, lett. e) cod.
proc. pen.; inosservanza ed erronea applicazione delle legge penale ex art. 606,
lett. b) cod. proc. pen.
La sentenza impugnata, pronunciando sulla richiesta di unificazione sotto il
vincolo della continuazione dei reati contestati, avrebbe ritenuto le condotte contestate “non unificabili sotto il vincolo della contestazione”.
Sul punto sarebbe evidente l’omessa motivazione e il ragionamento seguito

e. Mancanza o manifesta illogicità della motivazione annullamento ex art.
606, lett. e) cod. proc. pen.; inosservanza ed erronea applicazione delle legge
penale ex art. 606, lett. b) cod. proc. pen.
Ritiene il ricorrente, in relazione, alla comminata sanzione della sospensione
della patente di guida, che la stessa non sarebbe stata adeguatamente motivata,
nonostante il suo eccessivo rigore.
Non sarebbe stato osservato l’obbligo di indicare le ragioni per cui l’irrogata
sanzione sarebbe stata determinata nei massimi previsti dalla legge.

Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata, con tutti i provvedimenti di rito.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Tutti i motivi sopra indicati sono manifestamente infondati e, pertanto, il
proposto ricorso va dichiarato inammissibile.

2. Il ricorrente, non senza evocare in larga misura censure in fatto non proponibili in questa sede, si è nella sostanza limitato a riprodurre le stesse questioni già devolute in appello e da quei giudici puntualmente esaminate e disattese
con motivazione del tutto coerente e adeguata che il ricorrente non ha in alcun
modo sottoposto ad autonoma e argomentata confutazione.
E’ ormai pacifica acquisizione della giurisprudenza di questa Suprema Corte
come debba essere ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato su
motivi che riproducono le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal
giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza
di specificità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione
tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a
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sarebbe illogico ed inconsistente.

norma dell’art. 591 comma 1, lett. c) cod. proc. pen., alla inammissibilità della
impugnazione (in tal senso sez. 2, n. 29108 del 15.7.2011, Cannavacciuolo non
mass.; conf. sez. 5, n. 28011 del 15.2.2013, Sammarco, rv. 255568; sez. 4, n.
18826 del 9.2.2012, Pezzo, rv. 253849; sez. 2, n. 19951 del 15.5.2008, Lo Piccolo, rv. 240109; sez. 4, n. 34270 del 3.7.2007, Scicchitano, rv. 236945; sez.
1, n. 39598 del 30.9.2004, Burzotta, rv. 230634; sez. 4, n. 15497 del
22.2.2002, Palma, rv. 221693).
Ancora di recente, questa Corte di legittimità ha ribadito come sia inammis-

motivatamente respinti in secondo grado, sia per l’insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle
doglianze che, così prospettate, solo apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determinato (sez. 3, n. 44882 del 18.7.2014, Cariolo e altri, rv.
260608).

3. In particolare, quanto ai motivi di ricorso sub a. e sub b., se ne palesa la
manifesta infondatezza in quanto la sentenza impugnata motiva logicamente ed
esaustivamente sul diniego di rinnovazione dibattimentale, rilevando
l’insussistenza dei presupposti per provvedervi.
Il ricorrente lamenta che la Corte d’Appello gli avrebbero negato ingiustificatamente l’assunzione della prova decisiva, a suo dire costituita dall’esame
dell’originale del cronotachigrafo e da una eventuale perizia sullo stesso, il cui
esito -si sostiene- avrebbe corroborato la tesi dell’imputato secondo cui egli aveva spostato solo di pochi metri l’autoarticolato in quanto si era accorto che
l’aveva parcheggiato sul ciglio della strada, per riposare, in modo che intralciava
il traffico veicolare.
Ebbene, emerge in maniera palmare che tale prova non sarebbe stata assolutamente decisiva.
In primo luogo, perché i giudici del merito danno atto in motivazione di come l’autoarticolato avesse percorso una distanza ragguardevole sotto gli occhi
degli agenti della Polstrada e di numerosi altri automobilisti in transito.
In particolare, come dà atto il giudice di primo grado, dalla testimonianza
dell’Ass. Capo della Polstrada Lontani, era emerso che verso le 2.15 dell’H giugno 2011 transitando con i colleghi sulla SS 16 Adriatica in direzione sud nei
pressi di Mirabilandia, egli ebbe ad incrociare un autotreno, che manifestava una
condotta stradale a dir poco anomala. In particolare, il mezzo procedeva zigzagando ed era seguito da autovetture che, in segno di allerta, lampeggiavano ai
veicoli che percorrevano la strada nell’opposto senso di marcia.

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sibile il ricorso per cassazione fondato sugli stessi motivi proposti con l’appello e

Gli operanti della Stradale, a quel punto, effettuavano una inversione, dirigendosi in direzione Ravenna, e si ponevano all’inseguimento del camion.
Il conducente del mezzo pesante, nel frattempo, raggiungeva la località Fosso Ghiaia, percorreva la rotonda presente sulla Statale, urtando un marciapiede,
e. procedendo ancora a zigzag, tornava indietro, riprendendo la direzione per
Cervia, sempre tallonato dalla pattuglia.
Qualche centinaio di metri dopo, gli operanti della Poistrada fermavano il
mezzo e identificavano il conducente nell’odierno ricorrente Nascé .lan Marco.

cune delle vetture che seguivano il camion, i cui conducenti evidenziavano ai
verbalizzanti che il mezzo pesante stava percorrendo la statale in quelle condizioni già da Cervia.
Ebbene, già questo appare rendere le risultanze del cronotachigrafo assai
poco rilevanti.
Come correttamente si evidenzia nella sentenza impugnata, infatti, non vi è
alcun elemento da cui possa evincersi – e nemmeno lo stesso ricorrente l’ha
neanche solo enunciato, limitandosi ad una generica denuncia dei verbalizzanti un valido e plausibile motivo per cui degli agenti della polizia che stavano effettuando un servizio per loro assolutamente routinario possano avere verbalizzato
circostanze del tutto false.

4. In secondo luogo la prova richiesta non era decisiva perché, anche a voler dare credito, alla tesi sostenuta dall’imputato – e così non è- il reato sarebbe
stato commesso ugualmente, in quanto, secondo la giurisprudenza pacifica di
questa Corte di legittimità non rileva quanta strada si sia percorsa ponendosi alla
guida in stato di ebbrezza.
In proposito, infatti, è stato ritenuto da questa Coret di legittimità rientrare nella nozione di guida la condotta, ad esempio, di colui che è stato trovato
all’interno del veicolo (nella specie, in stato di alterazione, nell’atto di dormire
con le mani e la testa poste sul volante) quando sia accertato che egli avesse, in
precedenza, deliberatamente movimentato il mezzo in area pubblica o quantomeno destinata al pubblico (così sez. 7, ord. n. 10476 del 20.1.2010 in un caso
in cui la movimentazione è stata desunta dalla posizione dell’autovettura, rinvenuta con motore e luci accesi, in zona della città diversa da quella di residenza
del conducente).
Questa Corte di legittimità, peraltro, ha più volte affermato come addirittura
non rilevi che il veicolo fosse fermo al momento dell’effettuazione del controllo,
giacché la “fermata” costituisce una fase della circolazione (cfr., ex multis, sez.
4, n. 45514 del 7.3.2013, Pin, rv. 257695; sez. 4, n. 37631 del 25.9.2007).

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Nella circostanza, come ricordato dall’Ass. Capo Lontani, si fermavano anche al-

Dunque, la prova di quanta strada il Nascè, palesemente ubriaco, avesse
percorso alla guida dell’autoarticolato, non appare assolutamente decisiva ai fini
della valutabilità in questa sede.
Ciò in quanto, in tema di ricorso per cassazione, non sussiste il vizio di mancata ammissione di prova decisiva quando si tratti di prova che debba essere valutata unitamente agli altri elementi di prova processualmente acquisiti, non per
eliderne l’efficacia probatoria, ma per effettuare un confronto dialettico che in
ipotesi potrebbe condurre a diverse conclusioni argomentative (sez. 2, n. 2827

Il ricorso per cassazione che deduca il travisamento (e non soltanto l’erronea interpretazione) di una prova decisiva, ovvero l’omessa valutazione di circostanze decisive risultanti da atti specificamente indicati, impone di verificare l’eventuale esistenza di una palese e non controvertibile difformità tra i risultati
obiettivamente derivanti dall’assunzione della prova e quelli che il giudice di merito ne abbia inopinatamente tratto, ovvero di verificare l’esistenza della decisiva
difformità, fermo restando il divieto di operare una diversa ricostruzione del fatto, quando si tratti di elementi privi di significato indiscutibilmente univoco (sez.
4, n. 14732 del 1.3.2011, Molinario, rv. 250133; conf. Sez. 5 n. 9338 del
12.12.2012 dep. Il 27.2.2013, Maggio, rv. 255087; sez. 6 n. 18491 del
24.2.2010, Nuzzo Piscitelli ed altri, rv. 246916).
Questa Corte di legittimità ha reiteratamente affermato come sia prova decisiva, la cui mancata assunzione è deducibile come motivo di ricorso per cassazione, solo quella prova che, non assunta o non valutata, vizia la sentenza intaccandone la struttura portante (sez. 3, n. 27581 del 15.6.2010, M., rv. 248105;
conf. Sez. 6 n. 14916 del 25.3.2010, Brustenghi e altro, rv. 246667).
E’ stato anche precisato che per “prova decisiva” sia da intendere unicamente quella che, non incidendo soltanto su aspetti secondari della motivazione
(quali, ad esempio, quelli attinenti alla valutazione di testimonianze non costituenti fondamento della decisione) risulti determinante per un esito diverso del
processo, nel senso che essa, confrontata con le argomentazioni contenute nella
motivazione, si riveli tale da dimostrare che, ove fosse stata esperita, avrebbe
sicuramente determinato una diversa pronuncia (sez. 2, n. 16354 del 28.4.2006,
Maio, rv. 234752).
Del tutto infondata, dunque, è la censura di mancata acquisizione di una
prova decisiva, la cui mancata assunzione può costituire motivo di ricorso per
cassazione, solo ove, confrontata con le argomentazioni addotte in motivazione a
sostegno della decisione, risulti «determinante» per un esito diverso del processo, e non anche quella che possa incidere solamente su aspetti secondari della
motivazione ovvero sulla valutazione di affermazioni testimoniali da sole non

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del 22.12.2005 dep. 24.1.2006, Russo, rv. 233328).

considerate fondanti della decisione prescelta (sez. 2, n. 21884 del 20.3.2013,
Cabras, rv. 255817; conf. sez. 6 n. 18747 del 2.4.2008).

5. Va aggiunto che non appare esservi contraddizione laddove, da un lato, il
giudice di primo grado dà conto del perché abbia ritenuto evidente la falsificazione del cronotachigrafo (“l’esame del tracciato del cronotachigrafo, riportato nel
disco prodotto dalla difesa, depone contro la tesi difensiva, atteso che incomprensibilmente la marcia risulta interrotta alle 21,00 e non più ripresa. Il segno”

to dal cronotachigrafo, ma appare ictu oculi un’aggiunta posticcia, in quanto
chiaramente più leggero, anomalo per lo strumento, coinvolgente un tratto di
due-tre minuti di viaggio con accelerazione lentissima fino a una velocità massima di 40 Km/h e a un lentissimo e progressivo rallentamento dei mezzo. In sostanza un andamento considerabile non solo incerto, ma addirittura totalmente
irrealistico. L’esame di quel piccolo segno, confrontato con le altre tracce lasciate
sullo stesso disco dal cronotachigrafo, rendono evidente la falsificazione del documento”) e dall’altro la Corte territoriale aggiunge la considerazione anche di un
suo eventuale cattivo funzionamento.
L’asserita inutilità dell’acquisizione dell’originale cronotachigrafo viene motivata, facendo assoluto buon governo dei principi più volte affermati da questa
Corte di legittimità in materia di rinnovazione in grado di appello, ricostruendo il
percorso logico che ha dato luogo al convincimento di colpevolezza fondato
sull’emergenze probatorie e sull’assoluta inverosimiglianza della ricostruzione
operata dall’imputato.
Peraltro, già il giudice di primo grado aveva evidenziato come la falsità della
ricostruzione proposta dall’imputato derivasse molto facilmente anche dalla banale conoscenza dei luoghi, verificabile da una normale carta stradale, atteso che
il Ristorante La Campaza si trova a nord del centro abitato di Fosso Ghiaia e del
tratto di 55.16 interessato dai fatti, per cui il prevenuto, provenendo da Cervia e
viaggiando in direzione Ravenna, “intercettato” dalla Polizia a sud di Fosso
Ghiaia, non poteva essere reduce da una cena in quel locale.

6. Manifestamente infondato è anche il motivo sub c. relativo alla mancata
concessione delle circostanze attenuanti generiche.
La Corte territoriale ha ritenuto di confermare la statuizione del giudice di
primo grado valorizzando negativamente per l’imputato la gravità del fatto, che
mise seriamente a repentaglio la sicurezza stradale, a fronte del comportamento
post factum dell’imputato e della sua personalità fortemente incline alla trasgressione, come comprovato dai numerosi precedenti penali di cui è gravato, preva-

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riportato sul disco (non a caso prodotto in copia) non è certamente stato traccia-

lentemente per gravi reati contro il patrimonio, ma anche per il reato di falsità in
scrittura privata.
La doglianza proposta sul punto si palesa, peraltro, generica in quanto il ricorrente non indica l’elemento in ipotesi non valutato o mal valutato, mentre la
corte territoriale ha valorizzato, a fondamento del diniego, gli elementi sopra ricordati.
Va rilevato, in proposito che ai fini dell’assolvimento dell’obbligo della motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, come

siderazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma sia sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi
o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione. (così questa sez. 3, n. 23055 del 23.4.2013, Banic e altro, rv. 256172,
fattispecie in cui la Corte ha ritenuto giustificato il diniego delle attenuanti generiche motivato con esclusivo riferimento agli specifici e reiterati precedenti
dell’imputato, nonché al suo negativo comportamento processuale).
I giudici di merito fanno buon governo anche della giurisprudenza di questa
Corte in materia di dosimetria della pena, laddove la Corte territoriale convalida
l’opzione del giudice di prime cure che aveva ritenuto che il fatto dovesse essere
valutato oggettivamente e soggettivamente in tutta la sua portata negativa e in
tutto il suo concreto disvalore, evidenziando come Nascè Jan Marco fosse stato
colto in elevato stato di ebbrezza alla guida di un autotreno con una stazza imponente (oltre 11 tonnellate a vuoto), avesse condotto il mezzo pesante con andatura altamente pericolosa, zigzagando sulla SS.16 nel traffico sempre elevato,
in piena notte (anche se la specifica aggravante non era stata contestata in imputazione), fino a colpire un marciapiede, prima di fermarsi.
Esiti disastrosi – aveva condivisibilmente rilevato il giudice di primo gradoerano stati evitati solo grazie a una fortunata concomitanza di circostanze favorevoli (prima fra tutti, l’intervento della Polizia Stradale).
Al contrario di quanto difensivamente dedotto in giudizio, la tipologia di
mezzo condotto e la circostanza che il prevenuto fosse un autotrasportatore, non
un semplice conducente di auto, sono stati logicamente ritenuti costituire elementi di maggior gravità della condotta, in quanto in grado di aumentare esponenzialmente i rischi e la responsabilità, in una fattispecie chiaramente plasmata
dal legislatore quale reato di pericolo.

7. La sentenza appare anche logicamente e congruamente motivata in relazione al diniego della continuazione (motivo di ricorso sub d.).

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più volte ribadito da questa Corte, non è necessario che il giudice prenda in con-

Già il giudice di primo grado aveva rilevato in proposito come la continuazione, possa essere ravvisata fra contravvenzioni solo se l’elemento soggettivo
ad esse comune sia il dolo e non la colpa, atteso che la richiesta unicità del disegno criminoso è di natura intellettiva, e consiste nella ideazione contemporanea
di più azioni antigiuridiche programmate nelle loro linee essenziali e come nel caso in esame apparisse evidente che il reato di guida in stato di ebbrezza sia stato
commesso per colpa originata da imprudenza, senza alcuna volontarietà e senza
alcun ulteriore “progetto”, mentre in modo assolutamente doloso risultava so-

tazione, con condotta finalizzata a frapporre ostacoli all’accertamento delle proprie condizioni alla guida. E sul punto della diversa e successiva determinazione
dolosa rispetto al reato sub b), dipendente da un fattore esterno non dipendente
da lui (il controllo di polizia) e comunque non prevedibile nel momento in cui si
pose alla guida ubriaco, insiste anche la Corte territoriale nel provvedimento impugnato.

8. In ultimo, va rilevato che appare manifestamente infondato il vizio motivazionale e/o errore di diritto dedotti sub e. in relazione alla irrogazione della
sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente.
Quanto a quest’ultima, va condiviso l’orientamento di questa Corte di legittimità secondo cui, pur rilevando i parametri previsti dall’art. 133 cod. pen.,
nell’irrogare la stessa assume carattere preminente la finalità retributiva connessa alla gravità della violazione (così questa sez. 4, n. 26111 del 16.5.2012, Viano, rv. 253597 che, in applicazione di tale principio, ha ritenuto immune da censure la sentenza impugnata con la quale, nonostante il riconoscimento delle attenuanti generiche, è stata applicata la sospensione della patente di guida per
una durata superiore al minimo edittale).
La Corte territoriale motiva logicamente e congruamente sul punto, specificando che, oltre che per le ragioni per cui ha negato le circostanze attenuanti
generiche, la sanzione amministrativa irrogata non è riducibile considerato
l’obbligo giuridico, oltre che morale, che grava su un autotrasportatore professionale di non porsi alla guida dopo avere assunto bevande alcoliche.

9. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen,
non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della
sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo

12

prattutto essere stato commesso il reato contestato al successivo capo di impu-

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1000,00 in favore della cassa delle ammende..

Così deciso in Roma il 25 gennaio 2016

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